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lordinenuovo

Crisi Covid19: un crollo senza precedenti. La beffa delle prescrizioni dell'FMI

di Redazione

Il nuovo rapporto del FMI (il Fondo Monetario Internazionale) prevede un crollo del PIL mondiale del 4,9% (6% per l’Ocse) per l’anno 2020, un enorme aumento rispetto al 3% stimato ad aprile[1], con stime di ripresa anch’esse più lente, ridotte del 6,5% rispetto alle previsioni di gennaio. Nei primi mesi dell’anno l’intero commercio mondiale è diminuito del 12%, cifre mai toccate nemmeno nel pieno della crisi del 2008.

Negli Stati Uniti, la contrazione sarà dell’8%, con una ripresa del 4,5% nell’anno successivo. Tuttavia, una nuova ondata di casi (ben 37.000 in 24 ore) giunta subito dopo l’uscita di questo report, rischia di aggravare ulteriormente questa statistica, aggiungendo benzina al fuoco di un paese che appare sempre più al collasso.

Non se la cavano meglio i paesi dei BRICS. In India vi sarà la prima contrazione in quarant’anni, un calo di ben il 4,5% del Pil, in Brasile invece, complice la gestione scriteriata e classista dell’emergenza da parte del governo Bolsonaro, la contrazione raggiungerà addirittura il 9,1%. La Russia invece perderà il 6,6%. Attualmente solo la Cina pare essere l’unico paese al mondo in grado di mantenere il proprio tasso di crescita positivo, attestandosi comunque all’1% (comunque il valore più basso dagli anni ’70 ad oggi) e nel futuro l’Ocse prevede anche per loro una contrazione.

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teleborsa

Cina, l'Impero impossibile

di Guido Salerno Aletta

Non basta essere la fabbrica del mondo e magari costruire tante armi

C'è un sano e comprensibile orgoglio nella volontà di riscatto della Cina, dopo secoli di dominazioni straniere e di guerre coloniali perse.

La Lunga Marcia vittoriosa di Mao Tse-tung, resa possibile da una inedita alleanza di classe tra contadini e piccola borghesia urbana, industriale e commerciale, unita contro gli invasori esterni e gli oppressori interni, ha dato vita con Deng Xiaoping ad una dinamica produttiva irrefrenabile, accelerata con l'ingresso nel WTO che a partire dal 2001 ha abbattuto le tariffe e la gran parte delle quote che limitavano l'export cinese.

Il comunismo è stato rielaborato: non si tratta di abolire la proprietà privata del capitale produttivo, quanto assicurare la coerenza dei rapporti di produzione con gli obiettivi del Partito; non è il plusvalore accumulato con il profitto a dover essere combattuto, ma il suo uso egoistico e non rivolto a fini sociali. E' stata superata così non solo una organizzazione della direzione aziendale che vede presenti solo i rappresentanti dei capitalisti, con le assemblee dei Soci e degli Obbligazionisti, quanto la stessa cogestione, una modalità duale che prevede un livello di partecipazione dei lavoratori alla "direzione della azienda".

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istitutoitalstudifil

Homo homini contagium

di Monica Ferrando

Non aspettar mio dir più, né mio cenno:
libero, dritto e sano è tuo arbitrio
e fallo fora non fare a suo senno:
perch’io te sopra te corono e mitrio.
Dante 

The attempt to make man absolutely at home in this world 
ended in man’s becoming absolutely homeless.
Leo Strauss

Τι μοι συν δουλοισιν;  
cosa ho io a che fare con i servi?
Piero Gobetti  
 

Homo homini contagium. Non vi è molta differenza dall’homo homini lupus.

Qui l’essere umano ammette di essersi ricondotto all’inimicizia e alla paura verso l’altro uomo a causa della natura ferina da cui ambisce separarsi ma di cui non sa venire a capo, con danno incalcolabile non solo alla natura sua propria, ma a quella degli animali, di cui usurpa la forma regolativa.

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contropiano2

Questa è una catastrofe. L’ha capito pure il Fmi

di Dante Barontini

Forse mai, nei documenti ufficiali delle più grandi istituzioni economiche mondiali, era apparsa la parola “catastrofe”. Neanche in occasione delle numerose guerra che hanno costellato gli ultimi 70 anni.

L’esordio della catastrofe arriva con le previsioni del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) relative all’anno in corso e quello successivo. E mai come stavolta le “stime” sono aleatorie, visto che alla normale incertezza sul futuro si deve per forza sommare l’evoluzione della pandemia a livello mondiale. Sia per quanto riguarda la forsennata crescita dei contagi negli ultimi giorni (in Italia si ha una percezione falsata “nazionalisticamente”, visto che qui sono invece in calo), sia – soprattutto – per la temuta seconda ondata autunnale.

Di fatto, scorrendo il rapporto Fmi, è salata ogni immaginaria linea di demarcazione tra “fatti economici” ed eventi sociali. Il che sconcerta e disorienta tutti gli economisti liberisti, abituati a trattare i loro schemini numerici come se fossero le Tavole della Legge.

E in effetti Gita Gopinath, capo economista dell’istituto di Washington, è apparsa davvero incerta persino nel provare a ripetere le consuete giaculatorie sul debito pubblico, il ruolo dello Stato, ecc.

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kriticaeconomica

Il Mes e il complesso di inferiorità italiano

di Lorenzo Di Russo

In questi giorni i salotti televisivi italiani pullulano di intellettuali che tessono le lodi del MES, descrivendolo come una grande opportunità per il nostro paese e adducendo a supporto di questa tesi l’eventualità di un modesto risparmio (alcune centinaia di milioni di euro l’anno), dovuto ai più bassi interessi passivi sul debito rispetto agli ordinari titoli italiani.

In questo discorso apparentemente lineare i più dimenticano di citare un elemento fondamentale, ovvero che, come sottolineato da alcuni, il privilegio creditizio del prestatore MES (stabilito dai trattati) porrebbe in essere una pericolosa dinamica di “juniorizzazione” dei nostri titoli di debito nazionali, polverizzando sostanzialmente il suddetto risparmio. Difatti se il debito che contraiamo con il MES è sovraordinato rispetto agli altri, cioè gode di priorità di risarcimento in una eventuale situazione di crisi, è ragionevole pensare che chi sottoscriverà i nostri titoli di debito (ad esempio i Btp) potrebbe chiedere un tasso d’interesse maggiorato a “indennizzo” della sua posizione meno favorevole.

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sbilanciamoci

Cancellare parte del debito pubblico non costa niente

di Vincenzo Comito

Il debito pubblico per ora non sembra rappresentare un problema in Europa e negli Usa ma si sta gonfiando, per effetto della pandemia, a livelli mai visti prima. Due economisti, Grauwe e Griebine, lanciano l’idea di trasformare quello incamerato dalla Bce in una rendita perpetua a interesse zero

 

La crisi e il debito

Negli ultimi giorni si tende a registrare, almeno in Europa, qualche segno di ripresa dell’economia, insieme ad un calo notevole dei casi di coronavirus, mentre l’ottimismo sembra contagiare, certi giorni, le Borse del nostro continente, oltre che quelle statunitensi.

Ma anche se l’economia migliorasse relativamente presto, soprattutto in alcuni settori, alcuni strascichi della pandemia peseranno probabilmente a lungo su molti paesi. I livelli di disoccupazione potrebbero scendere solo molto lentamente e comunque una ripresa piena dei mercati richiederà parecchio tempo.   

Per far fronte ai problemi suscitati dalla pandemia, gran parte degli Stati è dovuta ricorrere e sta ancora ricorrendo ad un forte aumento dell’indebitamento pubblico. Il suo livello sta assumendo proporzioni, soprattutto in casi come quello italiano, certamente preoccupanti, visto che già prima della pandemia non mancavano gli allarmi.

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blackblog

Covid-19: il 21° secolo comincia ora

di Jérôme Baschet

Gli storici sono soliti affermare che il XX secolo globale abbia avuto inizio nel 1914, con il ciclo delle guerre mondiali. È probabile che un domani, il XXI secolo verrà considerato iniziato nel 2020, con l'ingresso sulla scena del SARS-CoV-2. Sebbene il futuro sia ancora abbastanza aperto, la serie di eventi scatenata dalla propagazione del coronavirus ci pone davanti, in maniera accelerata, una specie di prova delle catastrofi che in questo mondo convulso continueranno ad intensificarsi, e che sarà segnato, tra gli altri processi, da un riscaldamento globale la cui traiettoria attuale punta già ad un aumento fra i tre e i quattro gradi. Ciò che si delinea davanti ai nostri occhi, è uno stretto intreccio costituito da molteplici fattori di crisi, che un elemento casuale, tanto imprevisto quanto ampiamente annunciato, è in grado di attivare e scatenare. Il collasso e la disorganizzazione della natura, il caos climatico, l'accelerata decomposizione sociale, la perdita di credibilità da parte dei governanti e dei sistemi politici, la smisurata espansione del debito e la fragilità finanziaria, l'incapacità di mantenere un sufficiente livello di crescita (per limitarci a menzionare solo questo) sono dinamiche che si alimentano e si rafforzano a vicenda, creando un'estrema vulnerabilità, che non sarebbe tale se il sistema globale del mondo non si trovasse in una permanente situazione di crisi strutturale. D'ora in avanti, ogni apparente stabilità sarà solo la maschera di una crescente instabilità.

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sinistra

Facciamo chiarezza

di Giulio Save

Nonostante numerosi e affidabili modelli previsionali avessero anticipato la ragionevole possibilità del diffondersi, prima o poi, di un virus che all’alto potere letale avrebbe unito un’elevatissima capacità di contagio, una sorta di Big One nel campo della scienza medica epidemiologica, il suo arrivo ci ha trovato scoperti e del tutto impreparati alla difesa.

Le immagini crudeli della catastrofe sanitaria, economica, sociale, umana che sta provocando il Covid-19, mostrano la necessità di cambiare radicalmente, e presto, il sistema che l’ha resa possibile. Di cogliere questa disgraziata opportunità per ripensare e cominciare finalmente a costruire la nuova società di cui questa tragedia ha insegnato ad apprezzare la lontana figura.

Intanto, questo spaventoso abisso di sofferenze ha messo in evidenza l’importanza primaria, essenziale, assoluta, che ciascuno di noi ha per gli altri. E, reciprocamente, che gli altri hanno per noi.

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coniarerivolta

I numeri parlano chiaro: la disoccupazione diminuisce, cioè aumenta

di coniarerivolta

Cosa sta succedendo nell’economia e nel mercato del lavoro italiano durante la crisi, l’ennesima, innescata dal Covid-19? Cosa possiamo attenderci dai prossimi mesi? Il peggio è passato o la recessione deve ancora pienamente manifestarsi? La consueta nota mensile dell’ISTAT sul mercato del lavoro ha certificato, a inizio giugno, gli effetti drammatici che il lockdown ha già avuto sull’economia italiana. Riteniamo importante fare un po’ di chiarezza su questi dati e provare a immaginare cosa potrà accadere nei prossimi mesi, anche alla luce delle misure finora messe in campo dal Governo.

Guardando ai disoccupati e al tasso di disoccupazione si rischierebbe infatti di cadere in un grossolano errore. Abbiamo letto sui giornali che il tasso di disoccupazione di aprile (6,3%) si è ridotto del 3,9% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (10,2%) e dell’1,7% rispetto a marzo (quando si attestava all’8%): insomma, tra marzo e aprile i disoccupati sarebbero diminuiti di ben 484 mila unità. Parrebbe, dunque, che la disoccupazione sia diminuita, ma questo cozza frontalmente con la logica della crisi e con quanto osserviamo tutti nella quotidianità. Come si spiegano questi dati e cosa possono permetterci di concludere? Facciamo un po’ di chiarezza su numeri e concetti.

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micromega

Il Covid-19 usato per attaccare il lavoro. In difesa del Decreto dignità

di Alessandro Somma

La prima esperienza di governo del Movimento cinque stelle è stata preceduta da promesse impegnative in materia di lavoro. Volevano rovesciare l’impostazione di fondo del Jobs Act, la riforma renziana con cui si sono tolte importanti tutele dei lavoratori, prima fra tutte l’obbligo di reintegrare il lavoratore colpito da licenziamento illegittimo (art. 18 Statuto dei lavoratori). All’atto pratico la montagna ha però partorito il topolino. E ora anche questo è in pericolo: con il pretesto della crisi economica provocata dall’emergenza sanitaria ci si è subito attrezzati a farlo fuori.

Il bersaglio è il cosiddetto Decreto dignità[1], un provvedimento che voleva affrontare la punta avanzata dello sfruttamento: la condizione dei lavoratori dell’economia delle piattaforme (i rider ma non solo). Questi sono controllati e sfruttati con tecnologie sofisticate, ma i loro controllori e sfruttatori li fanno apparire come lavoratori autonomi, privati quindi delle protezioni previste per i lavoratori subordinati. Questo risultato si ottiene facendo leva sulla possibilità per i lavoratori di rifiutare la chiamata, ma è evidente che si tratta di un escamotage.

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ilsimplicissimus

La fattoria dei virus

di ilsimplicissimus

Che la realtà superi la fantasia è una frase talmente fatta che a volte rischia di essere vera così come talvolta capita che i complottismi più ovvi e automatici si rivelino più fondati di quanto non appaia. Quando il premio Nobel Luc Montagner disse che il coronavirus era stato fabbricato nel laboratorio internazionale di Wuhan nel tentativo di realizzare una sorta di vaccino con l’Aids è stato subito preso a male parole da chi, non si comprende bene a quale titolo, si faceva interprete della scienza. Probabilmente o lo dicevano per partito preso o mentivano: non sappiamo infatti se il coronavirus della pandemia narrativa sia artificiale, ma sappiamo che almeno un coronavirus è stato creato in quel laboratorio: la sua “realizzazione” è stata infatti descritta nel 2015 in un articolo su NatureMedicine, una rivista di grande prestigio edito dalla Springer che è uno degli editori monopolisti dell’informazione scientifica. Nulla di segreto, però chi non è uno specialista come lo scrivente deve penare per trovare la documentazione. Ma alla fine eccola per chi vuole andare a fondo in queste cose e vedere come già da anni si facesse questo bricolage virale ufficialmente con il pretesto di studiare il potenziale pandemico di virus di origine animale o almeno così dicono i due direttori della ricerca, Ralph S. Baric e Shi Zheng Li.

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huffpost

Caro Nicola, qualche domanda sul Mes

di Stefano Fassina

Si stringe la morsa intorno al Presidente del Consiglio per l’accesso al “Mes sanitario”. Dopo il diplomatico invito della Cancelliera Merkel qualche giorno fa, arriva oggi il perentorio ‘avvertimento’ dal Segretario Nazionale del Partito Democratico: è pronto un favoloso piano di 10 punti per la rigenerazione e lo sviluppo del nostro Servizio Sanitario Nazionale, possibile, a gratis, da “risorse mai viste prima”, ma bloccato dai capricci ideologici del M5S. Nella narrazione dominante, da una parte ci sono gli anti-europeisti, gli “ancorati al passato” come scrive Nicola Zingaretti, finanche gli utili idioti accodati a Salvini e alla Meloni; dall’altra, ovviamente con il Pd, i progressisti, gli europeisti illuminati, gli uomini e le donne aperti a cogliere le “opportunità e le cose possibili da fare per il bene comune”.

Caro Nicola, sarebbe utile discutere nel merito, anche su Mes. Sarebbe utile provare a farlo attraverso le risposte ad alcune semplici domande.

Prima: perché nessun altro Stato accorre a ritirare il ‘regalo’ offerto dal Mes? Eppure, un significativo risparmio di spese per interessi lo maturerebbero anche Grecia, Portogallo, Spagna, Francia solo per menzionare gli Stati che avrebbero maggior convenienza.

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tempofertile

Mondragone, il buco della serratura

di Alessandro Visalli

43 positivi su 727 tamponi effettuati a tappeto su una piccolissima enclave di immigrati bulgari, in parte stagionali arrivati per la campagna di raccolta, nella cittadina di Mondragone nella difficile provincia di Caserta, in Campania. Mondragone è una cittadina di ventinovemila residenti, di cui tremilacinquecento di cittadinanza non italiana, in un’area di cinquantacinque chilometri quadrati in un territorio ad altissima vocazione agricola e particolarmente impegnata nella filiera di trasformazione bufalina. Uno dei centri della mozzarella campana.

Il comune è posto tra Castel Volturno e Cellole, vicino a luoghi di altissima concentrazione di immigrati come Cancello e Arnone e Villa Literno. Dodici anni fa, il 18 settembre 2008, nel vicino Castel Volturno una missione di morte del clan dei casalesi, diretta contro un pregiudicato locale, coinvolse sei cittadini di origine africana originari del Ghana, del Togo e della Liberia. A quanto risulta dalla indagine non coinvolti nella mafia nigeriana, attiva nell’area.

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brancaccio

La lotta alla "casta"? Solo un alibi per l'austerity

di Emiliano Brancaccio

Molti in questi giorni mi hanno chiesto un parere sul referendum del 20 e 21 settembre sul taglio dei parlamentari. Ecco la mia valutazione, la stessa di sempre

Sostenuta dai potentati mediatici e finanziari, la propaganda anti-casta di questi anni è stata soltanto una delle forme fenomeniche della reazione anti-statuale. In essa non c’è nessuna rivoluzione giacobina, nessun furore rosso. Solo bieca vandea liberista.

Meno di un euro, nemmeno un caffè all’anno. E’ questo il risparmio che ogni cittadino italiano potrà attendersi dal taglio dei parlamentari che sarà oggetto di referendum confermativo il 20 e 21 settembre prossimi.

Iniziata una dozzina di anni fa come puritana ribellione verso un ceto politico ingordo di privilegi, la lotta alla casta giunge così al suo infimo epilogo. In origine la crociata poteva rivendicare risparmi un po’ più consistenti, come ad esempio la stretta di 700 milioni sulle famigerate auto blu.

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comidad

La santa alleanza tra militarismo e finanza

di comidad

Global Progress, un centro studi con sede a Washington, legato a sua volta ad una fondazione dagli oscuri finanziamenti, ha pubblicato un “paper”, un documento, su quei leader “progressisti” che costituirebbero un’alternativa all’offensiva cosiddetta “populista”. Tra questi “leader”, o presunti tali, c’è Emmanuel Macron ma anche personaggi già decotti come Matteo Renzi. L’etichetta che viene usata per accomunarli è quella di “insurgents”, cioè ribelli, in base allo schema narrativo occidentalista che ci rappresenta il potere vigente, rigidamente oligarchico con una mobilità sociale verso l’alto azzerata, come se fosse invece “dinamico” e sempre in bilico.

Il messaggio ambiguo lanciato da Global Progress consiste infatti nel suggerire che debba svilupparsi una “resistenza” dei progressisti contro l’avanzata di un fantasmatico nemico interno, cioè il populismo. Allo stesso modo in cui rimane vaga nel documento la nozione di populismo, rimangono del tutto incerte e fumose le linee di quel “progressismo” che dovrebbe contrastare i presunti populisti, cioè personaggi minacciosi come Matteo Salvini, che il suo governo se lo è fatto cadere da solo.

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linterferenza

Tronti vede con chiarezza la luna ma poi torna a guardare il dito

di Fabrizio Marchi

Ho letto questa intervista https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/18110-mario-tronti-politica-finita-con-caduta-del-muro.html dell’amico Umberto De Giovannangeli a Mario Tronti, indubbiamente uno dei filosofi politici italiani più lucidi e interessanti degli ultimi cinquant’anni (di totale assenza di pensiero critico di una certa levatura).

E tuttavia Mario Tronti, che conosco personalmente e che leggo da decenni, non finirà mai di stupirmi per la lucidità delle sue analisi da una parte ma anche per la sua schizofrenia politica (Tronti è un senatore del PD) dall’altra che, per quanto mi riguarda, è un mistero destinato a restare insoluto (né la sua posizione può essere spiegata con il mero opportunismo dal momento che stiamo parlando di un uomo di 89 anni, comunque lucidissimo, e non di un giovane rampante in carriera…).

La gran parte dell’intervista, centrata sull’analisi dell’attuale fase storica e sulla deriva di una “sinistra” ormai da tempo approdata (e organica) all’ideologia neoliberale è sicuramente ampiamente condivisibile, per quanto mi riguarda.

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contropiano2

Hanno riaperto “il ministero della verità”. Ed è europeo…

di Dante Barontini

Non c’è limite alla vergogna degli sfruttatori, lo sappiamo. Ogni loro nuova mossa non riesce nemmeno più a sorprenderci, e proprio questo è il rischio: quello di rimanere, come tutti, “mitridatizzati”. Abituati ai loro veleni, in dose crescente, senza più una reazione.

Siamo anche abituati ai loro ossimori (“guerra umanitaria” resta al momento insuperato), alle parole appiccicate a fatti che significano l’opposto. Ma ogni tanto è indispensabile indicare la nudità del re, perché almeno una parte dell’opinione pubblica – i nostri lettori – siano avvertiti che un passo oltre è stato fatto.

Parliamo di informazione mainstream, allora. E’ noto che la Rete, le nuove tecnologie e piattaforme, hanno incrinato il monopolio assoluto dei grandi media del potere. Tv, quotidiani e riviste su carta stampata, ecc, sono macchine industriali che richiedono investimenti impossibili per qualsiasi forza alternativa. Ciò che dirazzava, in questo settore, è stato da tempo cancellato o “ammorbidito” fino all’irrilevanza (la triste sorte de il manifesto sta lì a dimostrarlo).

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piccolenote

Bolton: Trump voleva fare la pace con l'Iran

di Piccole Note

Nel suo libro di memorie, nato per affondare Trump, John Bolton racconta il forcing forsennato per evitare un’intesa tra il presidente Usa e l’Iran. Era l’agosto del 2019, vigilia del G-7 di Biarritz e in quell’estate Macron si propose come “mediatore” tra Iran e Stati Uniti.

A riferire le rivelazioni di Bolton è Haaretz, che racconta come Macron avesse organizzato un vertice tra Trump e il ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif ai margini del G7 di Biarritz.

 

L’ostracismo di Bolton e Pompeo

L’allora Consigliere per la Sicurezza nazionale Usa, in combinato disposto con il Segretario di Stato Mike Pompeo, tentarono in tutti i modi di “convincere Trump a respingere qualsiasi proposta” in tal senso.

Ma furono spiazzati dalla mossa di Macron, che invitò Zarif a Biarritz, “aprendo le porte a un possibile incontro” tra i due. Macron, ricorda Bolton, aveva convinto Trump ad abbandonare la strategia della massima pressione adottata fino a quel momento nei confronti di Teheran, e, all’opposto, l’avrebbe persuaso ad aprire “una ‘linea di credito’ internazionale verso l’Iran, che avrebbe alleggerito in parte la grave pressione economica” causata dal ripristino delle sanzioni da parte dell’America.

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perunaltracitta

La Corte dei Conti europea boccia il TAV

Duro colpo per l’ideologia delle grandi opere

di Tiziano Cardosi

È di qualche giorno fa la relazione della Corte dei Conti dell’Unione Europea che rileva ciò che i movimenti contro le grandi opere inutili dichiarano da decenni: i conti non tornano, quasi tutte le infrastrutture internazionali visionate – tra cui la linea Torino Lione, ma anche la ben più impegnativa nuova linea del Brennero – non garantivano i ritorni economici promessi. Non solo, anche i millantati vantaggi ecologici di queste ferrovie richiedevano parecchi decenni per avere un bilancio positivo nella riduzione della CO2, sempre, beninteso, che le previsioni di traffico ostentate dai costruttori fossero corrette.

Qualcosa non ha funzionato nel così rigido sistema di controllo dell’informazione gestito dai media in mano ai costruttori. Deve essere stata una bella doccia fredda per un personaggio come l’architetto Mario Virano che, il giorno precedente all’uscita della relazione della Corte europea, se ne era uscito sull’Huffigton Post con una intervista in cui ripeteva il mantra confindustriale della burocrazia che blocca i progetti più dei no tav! Una pugnalata alla schiena del direttore di Telt (la società che dovrebbe realizzare la TO-Lione) quella relazione fatta di grafici e numerini che sfatavano le immense promesse delle grandi infrastrutture dall’utilità sempre smentita dai fatti. 

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riccardopaccosifb

Il più grande errore nella storia politica degli ultimi 500 anni

Un errore che non dovrà ripetersi mai più

di Riccardo Paccosi

La prima ipotesi riguardo a quello che sta accadendo, la si potrebbe riassumere nel seguente modo: c'è un vaccino da vendere, ci sono in gioco centinaia di miliardi, ma persistono problemi sia politici che di elevata diffidenza presso l'opinione pubblica.

Dunque, per sbloccare questo stallo politico, l'OMS decide di scatenare il panico, d'innescare una spirale di paura nei confronti di un'eventuale seconda ondata e, così, di andare contro il parere espresso solo due settimane prima da diversi virologi nazionali (Accademia dei Lincei, San Raffaele di Milano).

Su questo, l'OMS può avvalersi del supporto incondizionato dei media mainstream: questi ultimi, infatti, fin dall'inizio dell'emergenza si sono massimamente impegnati per alimentare tensione, paura e, soprattutto, clima di caccia all'untore.

Se quest'ipotesi fosse vera, però, quello che sta accadendo sarebbe nulla più che uno starnazzare di oche al quale non è detto debba seguire qualcosa di rilevante sul piano concreto.

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kriticaeconomica

Perché siamo soli: sinistra e coscienza nazionale

di Mimmo Porcaro

Qualche giorno fa mi è stato chiesto se, viste le recenti “aperture” franco-tedesche nei confronti dell’Italia, abbia ancora senso parlare di una presunta solitudine degli italiani, come ho fatto nel mio ultimo lavoro I senza patria [i]. Ho risposto decisamente di sì.

Non soltanto perché le pretese aperture (vedremo, a saldo, il poco che ne resterà) non modificano la mission dell’Unione europea, che è quella di favorire la centralizzazione dei capitali nelle zone forti del continente, una mission facilitata dal Covid che ha fatto crescere a dismisura il nostro debito e diminuire in proporzione il nostro potere negoziale. Ma anche perché a questa continuità sostanziale si accompagna un mutamento formale non irrilevante (si passa dall’austerità assoluta alla spesa selettiva e pro-tempore, dal divieto di mutualizzazione a forme pur velatissime di condivisione o di “generosità”) che se consente all’Italia di non affogare, la espone però, quasi disarmata, ad un classico ricatto comunitario: più l’Unione sembrerà meno arcigna e “unita”, più chiederà in cambio.

E più avremo bisogno di capire, quindi, quello che non vogliamo capire: che l’Unione non è votata al superamento della nazione ma alla costruzione di patti tra nazioni a vantaggio di quelle più forti. E che perciò dobbiamo scalare l’ostacolo costituito dai decenni (o forse secoli) di storia che ci impediscono di definire con certezza un interesse nazionale: non per imporlo agli altri, ma per meglio orientarci nelle mediazioni.

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ilsimplicissimus

Primitivi contemporanei

di ilsimplicissimus

Immaginatevi un uomo primitivo rapito dal suo tempo mentre sta scheggiando la sua ossidiana e portato a dirigere un centro di neurochirurgia: non avrebbe la minima idea di dove si trova e di che cosa stia facendo. Potrebbe sembrare l’ennesima distopia, ma è esattamente la situazione in cui ci troviamo: abbiamo infatti un troglodita, che per semplicità chiameremo Bill Gates, che pensa di avere il pieno controllo del suo ambiente e non ha la minima consapevolezza di non sapere. Ora potrebbe sembrare che la “primitivizzazione” di un personaggio che viene ritenuto un vate dell’ informatica possa essere fuori luogo, eppure è esattamente in linea col personaggio ormai convinto di poter essere ancora una volta l’inventore del fuoco: egli non si rende conto di quanto scarse e approssimative siano le nostre conoscenze biologiche, di quanto non sappiamo e pensa di poter agire senza conseguenze, come se si trattasse di compilare un programma, solo che tale programma è la genetica umana. La conoscenza è essenzialmente la consapevolezza dei limiti della stessa: le fasi di modernità corrispondono proprio alla capacità di interrogarsi sui limiti, mentre le fasi primitive sono quelle nelle quali si pensa di aver il completo controllo su tutto.

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contropiano2

Il “patto libico” tra governi e scafisti: petrolio contro migranti

di Redazione Contropiano

La questione dei barconi carichi di migranti disperati provenienti dalla Libia è da qualche anno uno dei cavalli di battaglia della destra fascioleghista.

La quale, naturalmente, mette in primissimo piano – con la fattiva collaborazione dei media mainstream – sono un aspetto del problema: i senzaterra che scendono da quelle barche. Oppure quel lato ancor più secondario rappresentato dalle navi delle Ong umanitaria che, ormai pochissime, fanno qualche salvataggio per essere poi bloccate per settimane o mesi nei porti di attracco.

Questa inchiesta di Nello Scavo, giornalista de L’Avvenire – quotidiano dei vescovi italiani, non certo il tempio dell’antagonismo politico – illumina un altro po’ l’intreccio immondo che lega scafisti-schiavisti libici, contrabbandieri di petrolio, mafie di varia nazionalità e governi europei. In primo luogo quello italiano, visto che il capo riconosciuto degli scafisti e della “marina militare” libica (è la stessa persona, non ve l’avevano detto?) è stato ricevuto – “con discrezione”, ma anche con tanto di foto ufficiali – in sedi controllate dai militari e dal ministero dell’interno, in territorio italiano (il Cara di Mineo, per esempio).

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teleborsa

Pensieri nani, recessione senza fine

di Guido Salerno Aletta

Lo smart working è una trappola per topi. Servono capitale umano ed infrastrutture collettive

Basta stare con il naso per aria, a cercare una ispirazione sul da farsi. Non è dalle audizioni degli Stati Generali di Villa Pamphili che si troverà il bandolo della matassa.

Non è così che si nobilita l'Italia: si trasforma la Storia in cartapesta.

Bisogna guardare indietro, per capire il futuro dell'Italia.

Il nostro destino non è quello di trasformarsi definitivamente in una Disneyland mediterranea, in una Florida per pensionati tedeschi e scandinavi.

Queste sono le idee nane che hanno già ridotto Venezia, Firenze e Roma in una sorta di luna-park per turisti senza meta. Che passano da un museo all'altro senza coscienza della Storia e da un bar all'altro in cerca di stordimento.

Stiamo svendendo secoli di Storia, bellezze impareggiabili per quattro spicci: scenari buoni solo per vendere panini, pizzette e bibite gassate.

Al contrario, la vocazione dell'Italia è nella produzione flessibile, nell'adattamento continuo, nella capacità di tenere insieme cultura, arte e tecnica.

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volerelaluna

Le statue controverse: in piazza o nei musei?

di Tomaso Montanari

Da storico dell’arte trovo appassionante il dibattito che divampa intorno alle statue civiche.

Il punto non è la riscrittura della storia: e le provocazioni che in queste ore chiamano in causa libri o film non hanno alcun senso. Perché il vero oggetto di contesa è lo spazio pubblico come luogo in cui una comunità civile costruisce se stessa attraverso una lettura (spesso attraverso l’invenzione) del passato, e indica una via verso il futuro. È commovente che questo accada dopo decenni di privatizzazioni selvagge che tendono a far letteralmente sparire, in tutto il mondo, il concetto stesso di spazio pubblico. Se partiamo da qui, si dovrà convenire che tenere (letteralmente) su un piedistallo nella piazza (centro della polis e dunque luogo politico per eccellenza) un personaggio, significa indicarlo come modello di virtù civili. È l’equivalente civile della santificazione: «guardatelo, prendetelo a esempio, fate come lui».

Naturalmente questo messaggio arriva quando c’è un nesso ancora vivo tra il personaggio e la comunità che lo celebra. I monumenti antichi, medioevali e dell’età moderna sono fuori da questo discorso.

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tysm

«I can’t breathe»: la morte di George Floyd e l’impassibilità di Wall Street

di Christian Marazzi

“È alle Borse del mondo che si decide l’etica della società”, così scrive Joseph Roth nel suo romanzo Destra sinistra, pubblicato un mese prima del crollo di Wall Street. Il 1928, l’anno che precedette il grande crash, fu particolarmente effervescente, con aumenti altalenanti ma spettacolari degli indici azionari. Guardando a quel che succede alle borse del mondo in questi mesi di crisi pandemica, è difficile non fare paragoni con quel che accadde allora. Dal tonfo di marzo, le borse hanno recuperato qualcosa come 17 mila miliardi di dollari, con l’indice S&P 500 a circa il 10% dai massimi di febbraio. E questo nel pieno di una crisi occupazionale senza precedenti e del rischio reale di una catena di fallimenti.

Quel che colpisce ancora di più è che nel corso della settimana che ha seguito l’assassinio pubblico di George Floyd, che ha visto lo scoppio di vere e proprie sommosse civili contro la violenza razzista della polizia, Wall Street non ha fatto una grinza, anzi! I produttori di armi Smith&Wesson e Ruger hanno guadagnato nel corso della settimana rispettivamente il 20 e il 10%, e alla notizia di lunedì scorso di un tagliodell’occupazione di 2,6 milioni di americani, l’indice borsistico (S&P 500) è aumentato dell’1.2%.

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Le conseguenze economiche del Covid-19: che ne sarà della globalizzazione?

di Brian Cepparulo

La pandemia da Coronavirus ha avuto effetti drammatici sul sistema economico, scatenando una crisi economica senza precedenti, prima sul lato dell’offerta (a cause della chiusura della attività nelle are poste in lockdown) che poi rapidamente si è trasformata in crisi di domanda (a causa del crollo del reddito, dei posti di lavoro e l’elevata incertezza del futuro).

Fra le vittime della crisi vi è anche una illustre: la globalizzazione. Infatti, in recessione le esportazioni sono generalmente fra i primi indicatori a crollare, e stando alle previsioni del WTO nel 2020 il commercio mondiale potrebbe diminuire tra il 13% e il 32% (WTO 2020). Sul piano dei flussi di capitali si sono verificate ingenti fughe, in modo particolare dai paesi emergenti. Inoltre, molti stati hanno adottato politiche di contrasto al virus quali la chiusura delle frontiere e il bando d’ingresso per gli stranieri. In pochi mesi la libera circolazione di merci (e servizi), dei capitali e delle persone è stata, per diversi motivi, sospesa o limitata.

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L'oggi guarda a ieri per pensare il domani

di Pierluigi Fagan

Nell’articolo scritto da V. Putin sulla IIWW e pubblicato da una rivista americana oggetto di un precedente post, c’è un invito a costituire una convenzione di storici che riesaminino la storia anche in base a molti nuovi documenti desegretati dal Cremlino che invita le cancellerie occidentali a fare altrettanto, supponendo che forse nei cassetti ci siano ancora cose da tirar fuori. Ma al di là della revisione documentale, Putin sostiene che la causa della IIWW fu nella cattiva pace della IWW e questa è ormai idea ampiamente diffusa presso gli storici. Molti ormai, parlano di una Guerra dei trent’anni (format ben conosciuto nella storia europea) tra 1915 e 1945 con una lunga pausa interna. Del resto, la stessa Guerra dei Trent’anni e quella dei Cent’anni, ebbero lunghe pause interne. Queste “durate” si leggono quando si prende una certa distanza dagli eventi che a livello granulare mostrano significati di un certo tipo mentre quando li si osservano da più lontano, ne prendono un altro. E’ un po’ la differenza che c’è tra grana grossa e grana fine, quella che fa di una macedonia incoerente di pixel, una immagine, come da esempio allegato.

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codicerosso

Marketing, rivolte e democrazia in America

Se Apple, Nike, Adidas e IBM sono dalla parte dei manifestanti

di nique la police

Il rapporto tra marketing e politica è sempre stato visto come quello tra due soci di cui il primo conosce le tecniche di sviluppo aziendali mentre il secondo è più interessato ad acquisirle che a promuoverle. In parte questo luogo comune è vero in parte le cose funzionano in altro modo. In questo scenario, ciò che oggi assume indubbio interesse è il fatto che la politica non ha una propria autonoma strategia di comunicazione, e di sviluppo di un linguaggio, e ha naturalizzato l’adattamento delle proprie esigenze a stili, strategie e piattaforme di comunicazione sviluppati dal marketing. È un fenomeno curioso, dagli esiti culturali più strani: da una parte il linguaggio del marketing, quando usato dalla politica, si politicizza dall’altra, nel momento in cui il linguaggio della politica è adatto a esigenze di marketing, tende a depoliticizzarsi. In generale si tratta del prodotto culturale comune a operatori di mercato e cordate politiche ovvero soggetti che tendono a utilizzare i flussi di comunicazione della società in modi differenti. Nell’ultima decade questo prodotto fa parte, a pieno titolo, della data-driven economy in diverse forme (dalla produzione di dati alla circolazione di merci oltre che, naturalmente, di consenso).

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manifesto

La Nato al timone della politica estera italiana

di Manlio Dinucci

I ministri della Difesa della Nato (per l’Italia Lorenzo Guerini, Pd), riuniti in videoconferenza il 17/18 giugno, hanno preso una serie di «decisioni per rafforzare la deterrenza dell’Alleanza».

Nessuno però in Italia ne parla, né sui media (social compresi) né nel mondo politico, dove su tutto questo regna un assoluto silenzio multipartisan.

Eppure tali decisioni, dettate fondamentalmente da Washington e sottoscritte per l’Italia dal ministro Guerini, tracciano le linee guida non solo della nostra politica militare, ma anche di quella estera.

Anzitutto – annuncia il segretario generale Jens Stoltenberg – «la Nato si sta preparando a una possibile seconda ondata del Covid-19», contro cui ha già mobilitato in Europa oltre mezzo milione di soldati.

Stoltenberg non chiarisce come la Nato possa prevedere una possibile seconda pandemia del virus con un nuovo lockdown.

Su un punto però è chiaro: ciò «non significa che altre sfide siano scomparse». La maggiore – sottolineano i ministri della Difesa – proviene dal «comportamento destabilizzante e pericoloso della Russia», in particolare dalla sua «irresponsabile retorica nucleare, mirante a intimidire e minacciare gli Alleati Nato».