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linterferenza

Armi USA all’Arabia Saudita, benzina sul fuoco del Medio Oriente

Michele G. Basso

“Se l’emancipazione della classi operaie esige il loro concorso fraterno, come possono compiere questa missione quando la politica estera non persegue che disegni criminali e, sfruttando i pregiudizi nazionali, non fa che sprecare il sangue e i tesori dei popoli in guerre di rapina?” Così scriveva Marx nell’Indirizzo inaugurale dell’Associazione Internazionale degli operai, raccomandava di seguire attivamente la politica estera e di concentrare gli sforzi contro la Russia zarista, “…questa potenza barbarica, la cui testa è a San Pietroburgo e le cui mani sono in tutti i gabinetti ministeriali d’Europa…”.

Oggi la potenza più pericolosa ha la testa a Washington e le mani nei gabinetti ministeriali di ogni continente, e sfrutta, non solo i pregiudizi nazionali, ma anche quelli religiosi.I servizi segreti dei suoi satelliti, Italia in testa, rispondono prima a Washington e solo dopo ai governi locali. Se questa potenza non verrà sconfitta, politicamente o nelle sue guerre per procura, la ripresa del movimento operaio rivoluzionario non sarà possibile, perché trascinerà l’umanità in una guerra mondiale dove metterà in forse persino la sopravvivenza della vita sulla terra. Quando noi omettiamo di denunciare le presunte guerre contro il terrorismo e non diciamo che a Mosul (1), come a Hiroshima con l’atomica, e come anni fa a Falluja, il fosforo bianco distrugge la salute delle generazioni future, se non denunciamo questa criminalità allo stato puro, non ha senso il nostro richiamo a Marx, al socialismo, alla società futura. Il nemico è in casa nostra, non è solo il militarismo italiano, ma quell’immenso apparato di guerra che si chiama Nato.

L’obiezione è quella di sempre: lottando contro l’imperialismo USA, non si favoriscono gli imperialismi rivali? Così rispondevano i socialpatrioti alla parola d’ordine del disfattismo rivoluzionario di Lenin, e neppure Trotsky comprese a fondo tale posizione. “Se noi presupponiamo una catastrofica disfatta russa, la guerra può portare a un più rapido scoppio della rivoluzione, ma a costo di una sua interna debolezza …La sconfitta della Russia necessariamente presuppone decisive vittorie di Germania e Austria in altri campi di battaglia… una rivoluzione russa, anche se temporaneamente vittoriosa, sarebbe un insuccesso storico, non occorrono ulteriori prove… I socialdemocratici non potrebbero, e non possono ora, combinare i loro scopi con alcuna delle possibilità storiche di questa guerra, cioè sia con la vittoria della Triplice Alleanza, sia con la vittoria dell’Intesa…” (2) L’Ottobre rosso dimostrò che Lenin aveva ragione.

Russia, Cina, Iran non sono pregiudizialmente nemici degli USA. Putin aveva messo a disposizione degli Stati Uniti un corridoio, attraverso il quale potessero inviare rifornimenti in Afghanistan (alla faccia dell’antimperialismo!!). Molte imprese americane hanno capitali in Cina, e, a sua volta, Pechino detiene grandi riserve in dollari e titoli USA. L’Iran ha parzialmente sacrificato la sua industria nucleare, pur di trovare un’intesa con Obama. Ma la tendenza verso un enorme mercato euroasiatico, che verrà completato se si realizzano le vie della seta, spinge l’America ad opporsi con tutte le forze, ricorrendo a sanzioni, colpi di stato, guerre, per salvaguardare la propria centralità. Questo scontro, che si estende a tutto il mondo, è particolarmente caldo in Medio Oriente.

Qualcuno poteva pensare – e molti giornalisti cosiddetti alternativi lo scrissero – che di fronte alla Clinton, guerrafondaia per vocazione , valesse la pena di appoggiare Trump: “E’ un imprenditore, penserà a fare affari, non guerre”, dissero. Ma la radice della guerra è da ricercare proprio negli affari. Trump e il re dell’Arabia Saudita Salman “hanno firmato un accordo in base al quale Riad comprerà armi e sistemi di difesa dagli Usa per 110 miliardi di dollari. L’obiettivo però è ancora più ambizioso, ed è quello di arrivare alla cifra record di 350 miliardi di dollari in dieci anni. La firma è avvenuta nel corso di una imponente cerimonia nel palazzo reale di Riad.”(Huffington Post). Una massa simile di denaro modifica la rotta politica di un grande paese come gli USA, allo stesso modo in cui l’avvicinarsi di un corpo celeste gigantesco modifica l’orbita di un pianeta. Sarebbe riduttivo parlare di corruzione. I media, i politici, l’opinione pubblica, come i galletti di latta segnavento delle case di campagna, si sono subito orientati contro l’Iran. Eppure molti non sanno neppure esattamente dove si trovi, o lo confondono con l’Iraq. Nessuno parli di scelta consapevole, si pensi piuttosto alla limatura di ferro che, in presenza di una calamita si orienta secondo le linee di forza di un campo magnetico. Una cifra così colossale trasforma un affare in un’alleanza politica e militare; vuol dire che Trump appoggerà Riad contro i Fratelli Musulmani, e ciò spiega la messa al bando del Qatar, che con la Turchia è il finanziatore di questa setta, e le azioni terroristiche contro l’Iran, di cui Teheran accusa Cia e Arabia Saudita. Si ricordi che Obama e i Clinton, invece, erano favorevoli ai Fratelli Musulmani, anche se la loro politica è stata sconfitta: Morsi in Egitto è stato deposto dai militari, Al-Sarraj a Tripoli non controlla neppure la città, ed Egitto e Turchia si sono avvicinati alla Russia. Se Trump riesce a sopravvivere all’offensiva giudiziaria nel suo paese, e agli sbrigativi metodi extragiudiziari usati in America per eliminare gli avversari politici, la Libia sarà conquistata dal generale Haftar, e allora forse le ONG addette al ricupero dei profughi salveranno l’intero governo Al- Sarraj, fuggito su un gommone. Gli eroici capi dei Fratelli Musulmani stanno tagliando la corda: “In seguito alla rottura delle relazioni diplomatiche tra Arabia Saudita e Qatar, i leader dei Fratelli Mussulmani e le loro organizzazioni armate (Al-Qaeda, Daesh, ecc.) stanno lasciando Tripoli per ricongiungersi in Turchia.” (I Fratelli Mussulmani lasciano Tripoli, Rete Voltaire, 8 giugno 2017) Sono brutte notizie per il capitalismo italiano, che ha fortissimi legami col Qatar e appoggia il governo di Tripoli.

Un giornalista solitamente ben informato, Thierry Meyssan (anche se recentemente ha assurdamente descritto Trump come antimperialista: “Donald Trump dissout l’organisation de l’impérialisme états-unien”) parla della frattura che si è manifestata nel Bilderberg: ” mentre Washington ha rinnovato la sua alleanza con l’Arabia Saudita e l’ha convinta a rompere con la Fratellanza in cambio di 110 miliardi di dollari di armamenti, Londra sta spingendo per un accordo tra l’Iran, il Qatar, la Turchia e i Fratelli Musulmani. Se si dovesse realizzare questo progetto, avremmo sperimentato l’abbandono del conflitto sunniti/sciiti e la creazione di una «mezzaluna dell’Islam politico» che va da Teheran, a Doha, Ankara, Idlib, Beirut e Gaza. Questa nuova distribuzione consentirebbe al Regno Unito di mantenere la sua influenza nella regione.

L’unica cosa su cui sembrano concordare gli alleati è la necessità di abbandonare il principio di uno Stato jihadista…L’MI6 e la CIA hanno preso un grande rischio nell’invitare un non-atlantista alla riunione di Bilderberg 2017. L’ambasciatore cinese, Cui Tiankai, che doveva parlare solo nel quarto giorno del seminario, ha dunque potuto valutare le posizioni di Ogni membro della NATO fin dal primo giorno.”(3) Come si vede, i presunti antimperialisti cinesi non perdono occasioni per trattare con i loro “acerrimi nemici” imperialisti.

Resta da dimostrare, poi, che l’Iran voglia aderire a un’alleanza con la Fratellanza. Se quel che riferisce Thierry è vero, l’Inghilterra dovrebbe trovarsi in forti contrasti con USA, Arabia Saudita, Egitto e Israele.

Il governo USA pensa di aver portato a casa un gran risultato, che assicuri all’America un lungo periodo di dominio in Medio Oriente, con la collaborazione dei Saud e di Israele. Ma non sono più i tempi di Roosevelt, quando l’America poteva assicurare la protezione alla monarchia beduina in cambio di petrolio. Gli Usa hanno ora a disposizione quello del Golfo del Messico e stanno cercando di impadronirsi, con la preparazione di un colpo di stato, di quello venezuelano (4), con l’Arabia S. non sono più complementari, ma concorrenti. Lo stato saudita, inoltre, è sempre più un anacronismo. Una stretta sorveglianza USA sull’esercito locale ha reso impossibili in passato rivoluzioni di tipo nasseriano. Ma le esigenze del capitale richiedono nuove riforme, quali l’emancipazione delle donne e la concessione della cittadinanza a masse di lavoratori immigrati, indispensabili all’economia saudita. L’enorme spesa militare, che dovrebbe dare all’Arabia Saudita l’egemonia nell’area, probabilmente si rivelerà un boomerang, perché metterà in crisi le finanze statali, e potrebbe avere conseguenze rivoluzionarie.

Una riforma fallita, una congiura di palazzo, una frattura all’interno della classe dominante potrebbero essere il primo accenno di una frana gigantesca. Nelle monarchia assolute le rivoluzioni cominciano sempre molto in alto, spesso con scopi meschini, ma, una volta messa in moto, la macchina è difficile da fermare. Potrebbero essere proprio gli avversari di Trump in America a creare problemi ai Saud, per colpire indirettamente il loro nemico interno. La crescente divisione tra capitalisti in USA, Europa, Medio Oriente, potrebbe essere una grande occasione per il Movimento operaio rivoluzionario, a patto che i lavoratori scelgano una linea di indipendenza di classe, e non si lascino trascinare ad appoggiare l’uno o l’altro dei fronti della borghesia.


Note
1)Iraq: l’uso del fosforo bianco nella zona di Mosul mette in grave pericolo i civili
29 ottobre 2016,Amnesty International.
2)Tony Cliff, “All power to the Soviets, Lenin, 1914 -1917”, pag. 28.
3) Thierry Meyssan,”Scontri al Bilderberg 2017, Megachii, 7 -6 -2017.
4)Speciale difesa: gli Usa avviano esercitazioni militari non lontano dalle coste del Venezuela, Caracas, 08 giu 15:00 – (Agenzia Nova). Profonda indignazione in tutto il Venezuela per la morte di Orlando Figuera, bruciato vivo dai “pacifici manifestanti” di opposizione, Attilio Folliero, Caracas 04/06/2017

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