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socialismo2017

La Costituzione e tutti gli uomini di Mussolini

Recensione di Ugo Boghetta

Bisognerebbe ringraziare Renzi per aver promosso il referendum sulla Costituzione per due motivi. Il primo perchè ha perso. Il secondo per aver riportato la Costituzione all’attenzione di massa in un momento cruciale. Purtroppo non esiste un vero soggetto politico che abbia veramente a cuore l’attuazione della Carta nella sua forma radicale: il modello economico sociale. Ed il risultato del 4 dicembre rischia di disperdersi.

Per altro verso, a sinistra, senza ben conoscere testo e contesto, molti ritengono la Carta troppo blanda, troppo riformista. La Carta non ci avrebbe difeso, come se una Costituzione si inverasse da sola senza lotta. Ciò è tanto più vero per una Carta talmente avanzata che furono compiuti atti pesanti per cercare di minarla fin da subito. Alcuni di questi atti, fatti, soggetti sono raccontati nel bel libro di Conti: “Tutti gli uomini di Mussolini”.

Di cosa parla il libro?

Si narra di un certo numero di personaggi di alto livello del regime fascista e monarchico: massimi dirigenti dell’OVRA, la famigerata polizia fascista, generali, repubblichini. Alcuni di questi si erano già negativamente distinti nelle guerre coloniali, altri in quella di Spagna. Tutti compirono atti efferati nella seconda guerra mondiale, in particolare sui fronti jugoslavo, greco ed albanese. Alcuni si erano poi resi responsabili, dopo l’8 settembre, dello squagliamento dell’esercito, ed in particolare, della presa di Roma senza colpo ferire da parte dei nazisti.

Costoro erano finiti nell’elenco internazionale dei criminali di guerra ed in quanto tali dovevano essere processati. A Liberazione avvenuta, poi, si sarebbe dovuto avviare un processo di epurazione di coloro che avevano ricoperto ruoli delicati.

Per altro, costoro, progressivamente collegati ad organismi angloamericani, non avevano affatto smobilitato dopo gli eventi posteriori all’8 settembre e all’aprile ’45. Al contrario, si erano costituite strutture atte alla guerra civile con armi depositate addirittura presso le caserme dei carabinieri! Il filo nero che li univa era e sarà la lotta ai social-comunisti. In buona sostanza continuavano l’opera per cui era nato il fascismo: impedire qualsiasi cambiamento sociale proteggendo le grandi proprietà capitaliste. Non a caso dietro a costoro ci fu anche il famigerato Valletta della Fiat. Nel libro si afferma che le forze anticomuniste organizzate consistevano in 160.000 ex fascisti di cui 50.000 armati, 110.000 legati ad associazioni militarizzate, 20000 della X Mas e squadre d’azione Mussolini, 5000 dell’esercito nazionale anticomunista.

Questo era il clima a cavallo del referendum in cui gli italiani con una risicata maggioranza (ricordiamocelo) scelsero la Repubblica.

La caduta del breve governo Parri (giugno-novembre ’45) sanzionò la crisi del vento del Nord e la nascita del governo De Gasperi che avviò il centrismo. Quel centrismo che propugnò il passaggio dall’antifascismo all’anticomunismo. A questa politica aderirono i soggetti in questione abbandonando le velleità della guerra civile. E per questo progetto furono assoldati dalla DC.

Alcuni di questi si sganciarono nuovamente quando, un quindicennio dopo, fu varato il centrosinistra che pose fine al centrismo. Sono infatti attivi nei passaggi cruciali successivi: il cosiddetto golpe bianco di Edgardo Sogno (’74) (uno dei personaggi del libro), la strategia della tensione, la P2. Ciò a rimarcare che fasci erano e fasci erano restati.

Come si accennava sopra, il contesto era quello della rottura del fronte antifascista sul piano internazionale ed interno. Il tanto decantato Piano Marshall, ad esempio, finanziava la ripresa dell’Italia ma anche l’attività anticomunista. L’Italia era considerata un trampolino della guerra all’URSS. Del resto ancora oggi abbiamo piu basi USA che Nato.

Avevamo perso la guerra e da allora siamo una colonia.

In questo quadro, l’epurazione dei gerarchi fascisti e monarchici non solo non si fece, ma accadde il contrario. I prefetti insediati durante il processo di Liberazione, ad esempio, furono rimossi (’46). Partì una contro-epurazione in grande stile nella PA e nell’esercito. Furono ripristinate le schedature politiche del ventennio.

L’anima nera di questa operazione fu ovviamente il Ministro degli Interni Scelba. Man mano, Scelba usò ed inserì questi criminali di guerra nelle piu delicate postazioni dello Stato: polizia ed esercito. Scelba, secondo Baget Bozzo, fu l’uomo di rottura fra lo Stato e la Resistenza.

Parallelamente alla dichiarata, ma mai attuata epurazione, c’era il tema della pacificazione. L’Italia era distrutta, il popolo non era certo abituato alla democrazia. I partiti di massa si stavano ricostruendo. E’ in questo quadro che si colloca l’amnistia di Togliatti. Amnistia che non fu mai digerita dal partito. Le aministie, poi, furono molteplici, tese ad estendere quella iniziale.

Il quadro era certamente quello di un paese occupato, di un paese che era stato diviso per un certo periodo fra Nord ancora occupato da tedeschi e fascisti e centro-sud liberato dagli alleati. Situazione che deteminò un forte contrasto fra i partigiani e le rispettive strutture romane. Cosicchè, nei passaggi cruciali, si concretizzò una forte critica da parte dei partigiani: la resistenza tradita.

I lavori della Costituente, dunque, si tenevano in un periodo di grandi difficoltà e, a volte, nell’incomprensione da parte delle forze antifasciste del quadro che si andava delineando e che non portava certo alla rottura ed alla discontinuità con lo Stato regio-fascista.

Eppure, in tale contesto interno ed internazionale, e qui sta il miracolo, nell’Assemblea Costituente, una maggioranza democratica, antifascista, antiliberista riuscì ad approvare la Carta che tutti conosciamo.

La divergenza era totale. Mentre la Costituzione dava piena legittimità ai diritti sociali, civili, politici, al conflitto sociale, il governo De Gasperi riteneva il conflitto un problema di ordine pubblico da gestire con metodi militari. Questo, infatti, era ritenuto la palese manifestazione della volontà di comunisti e dei socialisti di sovverire il sistema. Erano “nemici interni”.

Da Portella della Ginestra in avanti, una mano pesante si abbattè sulle lotte.

Pietro Secchia, in un intervento alla Camera del 1951, presentò una statistica relativa agli incidenti fra manifestanti e forze dell’ordine. Dal 1948 al ’50 (i primi due anni della Costituzione) ci furono fra i manifestanti: 62 morti, 3123 feriti, 91433 arrestati, 19313 condannati.

Ma la restaurazione non si fermò qui. A livello economico fu nominato ministro dell’economia Einaudi, affiliato alla banda iperliberista di Mont Pellerin di Von Hayek. Del resto la Dc di De Gaspari non scherzava con il suo “ decalogo liberale”. Altre scelte furono ancora ugualmente pesanti. Rimase il famigerato Codice Rocco del ventennio. E furono sospese le elezioni della Corte Costituzionale e del CSM!!

In questo periodo, si giunse anche al punto di tentare di legalizzare parte di quelle strutture fasciste e monarchiche di cui si è parlato in precedenza travestendole da protezione civile. Questa intenzione non andò a buon fine per l’opposizione di Carabinieri ed Esercito che non tolleravano doppioni a proprio discapito. Ovviamente queste strutture non scomparvero e di qualcuna c’e stata traccia. Vedi Gladio. Ovviamente queste strutture facevano riferimento diretto agli americani. Anzi, il progetto di cui sopra era un progetto americano di livello europeo.

Da subito, dunque, la Carta fu congelata e si cominciò a praticare quello stato di eccezione che sarebbe stata la caratteristica quasi continua della Repubblica fino ai giorni nostri. Allora la chiamavano: “democrazia protetta”!!

Questa situazione continuò anche dopo la sconfitta di De Gasperi (’53) successiva alla legge truffa. Scelba divenne addirittura primo ministro (’54). Seguì Tambroni. Come già ricordato, solo il primo centrosinistra pose temporanemente fine al centro-fascismo democristiano.

In Germania accadde qualcosa di simile. Nella recensione (Venerdi di Repubblica) del libro antimilitarista: “il disertore” di Siegfried Lenz, scritto in Germania nell’immediato dopoguerra, Tonia Mastrobuoni scrive: … “I sopravvissuti dell’ideologia della morte si annidavano nello Stato e nell’industria, nonostante la sbandierata denazificazione ... hanno convinto di essere indispensabili per rimettere in moto la Germania. Continuarono per anni ad avvelenare il paese. Riconquistarono le cattedre, le scuole, le istituzioni che avevano mortificato”. Questi giudizi sono relativi al fatto che il libro non fu stampato nel ’52 poichè colui che lo giudicò non pubblicabile era un ex SS riciclato nell’editoria. Il libro è stato stampato (con successo) 65 anni dopo!!

Questa ricostruzione, dice l’autore citando Pavone, non deve trarre in inganno: continuismo non è immobilismo. Bisogna tenere conto dei grandi cambiamenti apportati e del contesto: Italia distrutta, guerra fredda, rottura del CLN. Ma è anche vero, afferma, che Parri, Nenni Togliatti, nei rispettivi ruoli, mancarono l’obiettivo della discontinuità.

Questa mancata rottura, tuttavia, ha reso impossibile la costruzione di un ethos costituzionale di massa condiviso. Anzi, per anni c’è stata un retorica della Costituzionale sganciata dai suoi contenuti. Non a caso emerse come un faro la Presidenza Pertini. Per altro verso, allora come ora (anche dopo il 4 dicembre), il riferimento alla Costituzione è più sulla parte formale che sostanziale. Quando, al contrario, la caratteristica della Carta è proprio la centralità del lavoro come base della cittadinanza e della democrazia, l’obbligo per lo Stato di rimuovere gli ostacoli che impediscono i diritti fondamentali. Altro che profitto, mercato, finanza!!

Oggi come allora, il nemico principale non è il fascismo ma il liberismo e le sue forme politiche: i vari centrismi. Qui si annidano le varie forme di destra. Non a caso i Renzi, e altri prima di lui (Berlusconi, ad esempio) hanno sempre operato per il congelamento costituzionale.

E se allora il centrismo sciolse in negativo i nodi capitale-lavoro, laici-cattolici, nord-sud, oggi il liberismo sta imponendo una rottura ancor più radicale e unilaterale. Per questo la Carta dà fastidio. Infatti è sempre lì a ricordare che c’e un modello, una società, una vita alternativa possibile.

Per questo il popolo italiano ha ancora dinnanzi un compito storico: attuare la Costituzione, costruire un paese ed una storia diversa. Ogni tanto la storia va ripresa dove si è interrotta. Quella data è il primo gennaio del ’48.

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