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mentepolitica

Commemorare i Borbone

Carlo Spagnolo

L’invenzione della storia regionale in una Italia che smarrisce il filo della democrazia

La mozione del consiglio regionale della Puglia per l’istituzione di una "Giornata della memoria per le vittime meridionali dell’Unità d’Italia" è soltanto l’ultima tappa della complessiva riscrittura delle memorie pubbliche a cui stiamo assistendo in tutta Europa dal 1991.  Pierre Nora, in Come si manipola la memoria (2016) nota che in Francia, nel secolo dal 1880 al 1980  erano state istituite appena sei commemorazioni; dal 1990 al 2005 altre sei, con una accelerazione impressionante degli interventi politici e legislativi sul passato nel sec. XXI. Due sono i pilastri di questa revisione, il riconoscimento delle vittime, emerso attorno alla centralità dell’Olocausto, e la condanna dei totalitarismi. Insieme alla scoperta delle rimozioni e degli oblii precedenti, e dei limiti delle narrazioni dei vincitori, emergono manipolazioni di breve respiro mentre il passato diventa oggetto dei media e non più dominio degli storici di professione. Alla storia si chiede giustizia invece che spiegazione, il passato si trasforma in una prateria di ingiustizie, con un effetto di sradicamento del rapporto tra nuove memorie ed esperienze nazionali.

È comprensibile che la fine della guerra fredda, con l’allargamento dell’Unione Europea a 28 paesi e la creazione di un nuovo fronte di perdenti della globalizzazione, abbia riaperto il dibattito sulle memorie storiche degli stati nazionali, in Spagna, in Belgio, in Francia, nel Regno Unito e altrove. In Italia la Lega lombarda ha aperto le danze negli anni Novanta e nel 2011 – l’anno delle celebrazioni del centocinquantesimo dell’unità - la scure di Tremonti si era abbattuta sulle festività del 25 aprile, del 1 maggio e del 2 giugno, con l’intenzione di sopprimerle. Man mano si abbandona la sacralità della narrazione patriottica e antifascista, mentre con la sussidiarietà voluta dal Trattato di Maastricht e la riforma del titolo V della costituzione si avverte l’esigenza di memorie regionali, che cercano ancoraggio ad unità amministrative mai prima esistite in autonomia.  Fragili forze politiche, in cerca di legittimazione storica, reinventano le radici dirette dei loro territori cercandole fuori dalla screditata democrazia dei partiti. Magari in una bolla papale del 1569, come ha fatto il 7 marzo scorso il Consiglio regionale della Toscana. Un bel paradosso, affidare al papato l’emancipazione politica di una regione italiana nota per aver partorito Machiavelli e Guicciardini.

Non sorprende, in questo quadro, che maturi una positiva sensibilità verso i vinti del Mezzogiorno, una attenzione alle storie locali e alle loro differenze, alle “guerre civili” che hanno accompagnato alcuni terribili passaggi della storia italiana. Tuttavia sconcerta la decisione quasi unanime del Consiglio regionale pugliese di celebrare il 13 febbraio le “vittime meridionali dell’unità” perché assunta senza una seria istruttoria e un dibattito pubblico, quasi che storici, mondo della cultura e cittadini non debbano interferire su queste materie. Per raggiungere un accordo trasversale tra le forze politiche, nell’illusione di “spoliticizzare” le vittime e creare una unificata memoria meridionale si sono sovrapposte narrazioni incompatibili.

La scelta del 13 febbraio 1861 è infelice perché commemora, con la presa di Gaeta, la caduta della monarchia borbonica improvvisamente elevata a vittima. Scompare così ogni responsabilità di Ferdinando II e Francesco II nell’isolamento internazionale del Regno di Napoli e nel crollo di consenso su cui i Mille costruirono il loro successo. Se carnefici sono i piemontesi e Cavour, complice diventa l’impresa garibaldina. Si condanna l’unica “rivoluzione meridionale” della nostra storia, che vide protagonisti migliaia di giovani volontari pieni di speranze per un’Italia migliore. Non si offendono, il 13 febbraio, quelle speranze, i caduti garibaldini, i caduti di Palermo e Catania, quelli della rivolta di Bronte, e i caduti militari piemontesi? E nemmeno si riconosce la complessità della successiva vicenda dei “briganti”, la differenza tra i soldati filoborbonici capitanati da Ruffo, i reduci garibaldini disciolti, i renitenti alla leva, i ribelli o semplicemente le bande di malviventi che caddero dopo l’unità sotto la repressione della legge Pica. Si celebra invece la data desiderata da un neoborbonismo nostalgico e si identifica nella defunta monarchia sabauda (o nello stato italiano?) il capro espiatorio dell’odierno declino meridionale.

Lo confermano le motivazioni della delibera regionale che collegano le vittime dell’unità alla fragorosa scoperta di un “Sud (borbonico) evoluto rispetto alle altre realtà del XIX secolo”.  Di un Sud vittima dell’unificazione e così moderno da superare la Lombardia e il Piemonte e gareggiare con Francia, Impero asburgico, Prussia e Inghilterra narrano alcuni libri di successo che poco hanno a che vedere con la storiografia che pure ha trattato di queste vicende senza riscuotere attenzione dei media. I sogni non si negano a nessuno e la storia non è in bianco e nero, ma la questione cambia se si impongono perentorie interpretazioni del passato nei testi di legge. A maggior ragione se dovrebbero servire da guida per celebrazioni e dibattiti “nelle scuole e nella società civile.”

Vogliamo sperare in una rapida correzione di rotta e in un dibattito franco perché risulta che identiche proposte giacciano nei consigli regionali di Abruzzo, Molise e Campania. La strada aperta in Puglia rende breve il percorso verso una autoliquidazione della tradizione liberale e democratica dello Stato nazionale, l’unica che – specialmente dal secondo dopoguerra agli anni Ottanta – molto ha fatto con la riforma agraria, l’intervento straordinario e l’istruzione pubblica per mettere in moto il Mezzogiorno e portarlo ad una crescita dei redditi e degli investimenti senza precedenti nella storia del paese. Nonostante alcuni limiti di quelle iniziative oggi si sente la mancanza di una analoga progettualità, ma davvero ogni colpa delle difficoltà odierne del Mezzogiorno sta nell’unità dello stato?

“Vittime” per oltre centocinquant’anni; e di chi, se non di noi stessi? Un assist migliore ai pregiudizi leghisti sul familismo e sul piagnisteo atavico dei meridionali non si poteva immaginare. Della reinvenzione della storia non meriterebbe parlare se non riguardasse il nostro vivere civile, il modo in cui ci rapportiamo all’ Unione Europea, e il nostro presente. Virgilio vedeva il mito fondatore della migliore Roma in Enea che porta sulle spalle Anchise: un migrante dell’Anatolia che fonda altrove una città multietnica e un impero, il presente che si fa carico del passato in vista del futuro. L’etica della responsabilità è tanto più necessaria quando all’orizzonte compare l’etica esclusivista della appartenenza etnico-territoriale.


* Docente di storia contemporanea, Università di Bari

Comments

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Girolamo Naria Bland
Thursday, 17 August 2017 20:25
Buongiorno Prof, Spagnolo , mi chiedo come mai suscita scalpore la figura di Ruffo sulla questione die finanziamenti ai Briganti del Meridione , quando sui successivi eventi storici come l'accordo Savojardo con la Camorra per essere aiutati ad un più facile ingresso su Napoli, ma ancora più assurdi mi sembra come nessuno parli di un accrodo Americano e quindi si presume anche di coloro i quali divennero i padri della Costituzione con la Mafia siciliana per agevolare l'ingresso Anglo - Americano sulle spiagge di Cassibile (SR) . Come vede Professore i ricorsi storici premono su altre verità, più recenti quindi a Noi più vicini, eppure nessuno storico degno di tale appellativo, si premura nel raccontare quello che veramente sia successo......Oggi alla fine cosa raccogliamo dagli eventi? Che i Savoja strinsero patti con la camorra e il Neo Governo Italiano è stato aiutato dalla Mafia ......che alla fine continuano a servire per screditare le eccellenze del Sud
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Gennaro De Crescenzo
Thursday, 17 August 2017 17:42
Gentile prof. Spagnolo, in premessa: se "non entra nel merito dei commenti" ora, quando potrebbe/vorrebbe mai tornarci? Così conferma solo i dubbi che ormai in tanti hanno sugli accademici e cioè che non gli convenga entrare nel merito rifugiandosi in generiche e astratte teorie.Entriamo nel merito: 1) Non era meglio dichiarare che quel passaggio del suo articolo (quei "soldati filosabaudi capitanati dal Ruffo" riferiti al brigantaggio post-unitario) non era molto "felice" invece di cercare strane giustificazioni? Se lei, infatti, si fosse riferito alla "famiglia Ruffo che finanziava e coordinava [!] i briganti", avrebbe scritto "finanziata DAI Ruffo" e non "capitanata" per giunta "DAL Ruffo" (in famiglia quello famoso che "capitanava" era Fabrizio, il Cardinale del 1799 e non altri!). Trattasi di questione logico-grammaticale e non storiografica.
2) I fucilati di Bronte non erano "borbonici"? E chi ha scritto il contrario? Dovrebbero essere annoverate, però, tra le vittime meridionali dell'unità d'Italia in quanto fucilate dai padri della patria italiana (Bixio/Garibaldi) e non prima e non da altri. PS È il Macry che lei cita a definire "la parte peggiore della società siciliana" quella che aderì al "partito" garibaldino...
3) Nessuno parla di ragioni o torti ma di verità e giustizia dopo 150 anni perchè per 150 anni è stata ricordata e celebrata solo la parte dei "vincitori" giudicata "dalla parte della ragione" (e allora le/vi stava bene che si dividesse il mondo in buoni e cattivi?). 4) Alla teoria del "crollo interno del Regno non credeva neanche Croce che attribuiva ad un "trauma esterno" (leggasi "invasione") quel crollo.
5) A lei risulta una "subalternità delle masse" in epoca borbonica? A noi risulta che quelle masse con i Borbone sopravvivevano nella loro patria, non erano costrette ad emigrare e non venivano massacrate come durante l'unificazione. 6) Nessuno vuole "celebrare i Borbone" ma solo far conoscere a tutti come è avvenuta e a vantaggio di chi l'unificazione e nessuno vuole dividere l'Italia. L'obiettivo è proprio il contrario: unirla nella verità per assicurare quello che in 150 anni (per le colpe di classi dirigenti complici e dei loro "formatori") non abbiamo assicurato ai nostri giovani perché da 150 anni hanno la metà dei diritti, del lavoro, dei servizi e delle speranze di quelli del resto dell'Italia e dell'Europa. E questo non mi sembra né "di sinistra" e neanche di destra o di centro... Semplicemente non mi sembra giusto. Tutto qui. Cortesi saluti. Prof. Gennaro De Crescenzo.
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Carlo Spagnolo
Monday, 14 August 2017 16:23
Non entro nel merito dei commenti. Segnalo soltanto due o tre cose: 1. i Ruffo contribuirono al finanziamento delle bande dei "briganti" dopo la caduta della monarchia borbonica, con l'idea di restaurarla. Il principe Ruffo fu tra i coordinatori a Parigi delle operazioni militari nel 1861-63, mentre il defunto card. ruffo che aveva capitanato la lotta antigiacobina venne preso a modello della "resistenza" legittimista.
2. I caduti di Bronte erano in rivolta non contro i garibaldini ma contro il regime feudale retto sino allora dal Regno di Napoli e dalla aristocrazia siciliana, e furono repressi da Bixio. Sono cose note e non merita ricamarci come fossero delle scoperte di oggi. Segnalo ad es. un libro di P. Macry, Unità a Mezzogiorno, 2012, sull'importanza della vera e propria rivolta siciliana nel crollo del regno di Napoli.
3. Nessuno nega il carattere sanguinoso della repressione
specie dopo la legge Pica. La guerra irregolare per bande e i crimini commessi (come dimenticare che Crocco era un criminale?) resero efferata la repressione piemontese, che si macchiò a sua volta di gravi crimini contro i civili.Tuttavia come non vedere che si mescolavano radicati conflitti sociali (di classe) e un conflitto politico, in cui le ragioni e il torto non stavano da una parte sola?

Qui la questione è perché si voglia commemorare i Borbone, e mettere il Mezzogiorno feudale tra le vittime, invece di riflettere sul crollo interno del regno di Napoli, e sulle contraddizioni dell'unificazione. Si perdono così di vista le opportunità (magari sprecate) di emancipazione dei meridionali offerte dal crollo del regime feudale e assolutista che i neoborbonici oggi vorrebbero difendere. Difendere la subalternità delle masse non sembra un orizzonte di sinistra.
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antonio alferi
Friday, 04 August 2017 05:30
Per essere precisi non e' stata una guerra per l'unita',ma un una volgare aggressione ad uno stato indipendente un'annessione.Se fosse stata,come lei scrive,il coronamento del sogno unitario quel maledetto savoia di Vittorio Emanuele secondo si sarebbe denominato primo.Passando per Bronte e il migliaio di meridionali decapitati dallo pseudo eroe dei due mondi,a proposito chiedete in Uruguay o in Peru chi era il signor Garibaldi,per arrivare allo smantellamento dei nuclei industriali come Pietrarsa,10.000 occupati fra operai dei cantieri ed indotto quando la piu' grande fabbrica del nord,la breda,ne aveva appena 400,alle ruberie di soldi veri e non carta straccia sabauda,alle deportazioni dei lealisti e gente comune in quel di Fenestrelle a morire di fame e di freddo,pensi a Casalduni e alle stragi compiute dalla soldataglia piemontese...Ma cosa scrive,come ha maturato queste convinzioni sig.Spagnolo??!!Un 'ultima chiosa nella collezione di canzoni napoletane,di roberto Murolo,c'e' santa Lucia lontana del 1888,bene quella e' la prima canzone che parla di un fenomeno allora sconosciuto nel meridione l'emigrazionecosa abituale per i poveri proletari del nord.Con poca stima Antonio Alferi.
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Gennaro De Crescenzo
Thursday, 03 August 2017 15:15
MA ABBIAMO CAPITO BENE? E POI PROTESTANO PURE CONTRO I GIORNI DELLA MEMORIA… IN ANTEPRIMA LA (NUOVA) BIOGRAFIA DI RUFFO! Abbiamo letto un articolo di un famoso docente titolare di cattedra di storia nelle Puglie (uno di quelli che si stanno strenuamente battendo -nonostante la larga maggioranza che lo ha già democraticamente votato- contro il “giorno della memoria”). Vi sottoponiamo un passo dell’articolo e vi chiediamo una mano: abbiamo capito bene? Non è chiara per noi la forma o veramente il prof in questione inserisce “nella complessità della successiva [successiva al 1860] vicenda dei briganti” addirittura “i soldati filoborbonici capitanati da Ruffo” [morto 33 anni prima del 1860 e -se fosse vera la tesi- durante l'impresa avrebbe vantato oltre 116 anni]? Davvero non ricorda che quelli di Ruffo (nel 1799!) non erano "soldati filoborbonici" ma volontari antifrancesi organizzati da Ruffo dopo i massacri subiti in circa 5 mesi (oltre 60.000 vittime)? Davvero, dopo 150 anni di celebrazioni, intende celebrare ancora e solo i “caduti militari piemontesi” o quelli “garibaldini”? Davvero trascura il particolare che i “caduti di Bronte” non inciamparono e neanche caddero sotto il fuoco dei Borbone ma sotto quello (vergognoso) di Garibaldi&Bixio? Davvero pensa che la Legge Pica [la vergognosa legge anche retroattiva che legalizzava lo sterminio dei meridionali] servì per eliminare “ribelli o bande di malviventi”? Nessun “neoborbonismo nostalgico” (stia tranquillo) ma (e forse per questo tanti prof sono poco tranquilli) solo l’esigenza di raccontare la verità storica dopo 150 anni di cancellazioni, bugie o mistificazioni della cultura “ufficiale” con un percorso preciso: formare nuove classi dirigenti (e nuovi prof universitari) capaci di assicurare “par condicio” ai giovani del Sud rispetto a quelli del Nord: quella che classi dirigenti e prof non hanno assicurato in 150 anni e che concede ai nostri giovani (forse i prof impegnati a organizzare petizioni online contro i giorni della memoria non se ne sono accorti) la metà dei diritti, del lavoro, delle occasioni e delle speranze di quelli del resto dell’Italia e dell’Europa senza alcuna discontinuità dal 1860 ad oggi (v. i recenti e drammatici dati Svimez e Istat e v. figli, parenti e amici partiti o in partenza in questi anni). Si tratta “solo” di Memoria, Orgoglio e poi Riscatto… GDC
IN ANTEPRIMA, SULLA BASE DELLE NOTIZIE FORNITE DA QUESTO ARTICOLO, LA (NUOVA) BIOGRAFIA DEL CARDINALE FABRIZIO RUFFO DI CALABRIA. Il Ruffo, nato a San Lucido (Cosenza) nel 1744, ebbe diversi incarichi ecclesiastici ma fu famoso per la spedizione che lo portò (con un esercito di decine di migliaia di volontari) a riconquistare il Regno di Napoli invaso dai francesi che, con la complicità di pochi giacobini locali, avevano massacrato in meno di cinque mesi oltre 60.000 meridionali. Il Ruffo morì nel 1827 ma RESUSCITO’ NEL 1860 PER METTERSI ALLA GUIDA DEI SOLDATI FILOBORBONICI ANTISABAUDI. Qualche fonte (da verificare) attesta la sua presenza anche nelle trincee italiane durante la prima guerra mondiale e alla guida di alcune pattuglie aeree nel secondo conflitto. P.S. E poi dici che uno approva i giorni della memoria e legge Pino Aprile o i revisionisti o i neoborbonici…
P.S. STRALCIO DELL’ARTICOLO IN QUESTIONE. Non si offendono, il 13 febbraio, quelle speranze, i caduti garibaldini, i caduti di Palermo e Catania, quelli della rivolta di Bronte, e i caduti militari piemontesi? E nemmeno si riconosce la complessità della successiva vicenda dei “briganti”, la differenza tra i soldati filoborbonici capitanati da Ruffo, i reduci garibaldini disciolti, i renitenti alla leva, i ribelli o semplicemente le bande di malviventi che caddero dopo l’unità sotto la repressione della legge Pica. Si celebra invece la data desiderata da un neoborbonismo nostalgico e si identifica nella defunta monarchia sabauda (o nello stato italiano?) il capro espiatorio dell’odierno declino meridionale.
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Maria Franchini
Thursday, 03 August 2017 10:46
libero il Sig. Spagnolo di ripetere la pappardella che gli hanno insegnato dalle elementari ad oggi. libro di tenersi un cervello lavato. gli faccio anche notare che la ricerca storica non è appannaggio assoluto dei laureati in storia, una qualsiasi persona di buona volontà può spulciare archivi (dimenticati dagli "storici" che consultano solo libri di testo "ufficiali". Vorrei anche che mi spiegasse perché i Piemontesi fecero sprofondare il Sud nella miseria più nera, mentre con i Borbone,) protezionisti forse ma se il popolo se li voleva tenere, erano fatti suoi), libero il Sig. Spagnolo di tenersi le proprie idee, però lasci in pace chi vuole conoscere l'altra storia, quella dei vinti, che dal 1860 in poi sono costretti ad emigrare spinti dalla miseria. Si vada a leggere cosa pensava lo stesso Garbaldi dei suoi mille (gente della peggiore risma). e ci spieghi come mai non è stata trovata nessuna traccia della nave di Ippolito Nievo che annotava nei suoi libri contabili tutte le ruberie di Garibaldi & Co. Come mai non si è trovato mai nessuno pezzettino di questa nave? Andiamo Sig Spagnolo (scusi non me la sento di chiamarla professore), se ne faccia una ragione e, se proprio ha buone ragioni ad opporsi, lo faccia in un dibattito pubblico,
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Sergio Silvestri
Tuesday, 01 August 2017 22:32
Scandaloso quello che scrive una serie di inesattezze storiche, una confusione su date e nomi che neanche uno studente delle medie commetterebbe, il filo della democrazia credo che l'abbia clamorosamente perso lei, mettendo una firma e specificando di essere un docente di Storia, se fossi in lei cercherei almeno di inquadrare i periodi storici. Prima di scrivere, si documenti, per quando concerne le difficoltà del mezzogiorno, persone che scrivono tali cose non fanno altro che peggiorarla. Cordialmente, dott. Sergio Silvestri.
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