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Considerazioni sul progetto sionista

Collettivo Palestina Rossa

In Palestina, dopo settimane di arresti, pestaggi, torture e uccisioni di giovani, uomini e donne palestinesi, oggi 24 luglio 2017, Netanyahu ‘ha fatto un passo indietro’ togliendo i metal detector dall’ingresso della moschea di  al-Aqsa.

Centinaia di palestinesi sono stati sequestrati a Gerusalemme: i rapporti mensili documentano gli arresti di massa che hanno colpito la popolazione. I cittadini di Gerusalemme hanno subito i continui attacchi dei coloni atti a demolire le loro residenze e a costringere le loro famiglie  a subire la confisca delle terre.

Va sottolineato che la reazione palestinese e araba è stata forte e determinata in tantissime nazioni. Ma una riflessione è necessaria, soprattutto perché la maggior parte dei media si limita a raccontare gli avvenimenti senza un'analisi più approfondita, che cerchi di collegare la narrazione dei fatti quotidiani alla strategia del progetto sionista.

È interessante e illuminante notare come la stragrande maggioranza dei cronisti si accodi alla narrazione sionista, senza la benché minima curiosità di leggere e ripercorrere le strade della memoria, per ritrovare somiglianze col passato e scoprire che la strategia dei sionisti è muoversi a 360 gradi, alleandosi con ‘comunisti’, fascisti, centro o altro… ma sempre privilegiando il proprio storico interesse: la cancellazione del popolo palestinese e la costruzione della ‘Grande Israele’.

Occorre poi sottolineare come non ci siano differenze sostanziali tra governi sionisti di destra, centro o ‘sinistra’: hanno tutti lo stesso progetto. Questo dev'essere sempre chiaro quando si parla di sionismo e Palestina.

L'analista arabo ed editorialista del quotidiano Al Dustour, Uraib al Rintawi, in un'intervista rilasciata all'agenzia stampa Nena News dice: “Il fatto che Netanyahu descriva come temporanee le misure varate è un altro campanello d'allarme perché tutto ciò che per Israele ha un carattere transitorio nei Territori palestinesi occupati poi si rivela permanente”. E ancora: “Non si tratta di un tentativo, ma di un piano a mio avviso molto concreto e in atto. La storia insegna come l'applicazione di presunte misure di sicurezza da parte di Israele si sia poi rivelata il percorso per realizzare progetti politici”.

Il progetto sionista non data 2017, ma risale a prima del 1896, quindi i ‘nostri’ cronisti avrebbero potuto e dovuto informarsi, ma per pigrizia (diciamo così) o malafede (più verosimilmente) hanno accettato la narrazione sionista che da sempre segue le proprie convenienze.

Le mire espansionistiche dei sionisti sui territori palestinesi sono assolutamente chiare ed evidenti: ogni pezzo di terra rubata rappresenta un avanzamento del loro progetto e lo dicono da sempre.

David Ben Gurion, nel 1937, affermava: “Noi dobbiamo espellere gli arabi e prenderci i loro posti”.

Sempre lui: “I villaggi ebraici sono stati costruiti al posto dei villaggi arabi. Voi non conoscete neanche i nomi di questi villaggi arabi e io non vi biasimo perché i libri di geografia non esistono più. Non soltanto non esistono i libri, ma neanche i villaggi arabi ci sono più. Nahlal è sorto al posto di Mahlul; il kibbutz di Gvat al posto di Jibta; il kibbutz Sarid al posto di Huneifis e Kefar Yehushua al posto di Tal al-Shuman. Non c'è un solo posto costruito in questo paese che non avesse prima una popolazione araba”.

E così il criminale di guerra Ariel Sharon, nel 1998, in qualità di Ministro degli Esteri, affermava: “Tutti devono muoversi, correre e prendere quante più cime di colline [palestinesi] possibile in modo da allargare gli insediamenti [ebraici] perché tutto quello che prenderemo ora sarà nostro... Tutto quello che non prenderemo andrà a loro”. Loro sono i palestinesi.

Come si può non riconoscere in queste parole tutto il disprezzo, il cinismo e la viltà dei sionisti verso i legittimi padroni di quelle terre?

Quindi cosa è avvenuto a Gerusalemme? Nei fatti, una spinta in avanti della politica espansionistica sionista, non un tentativo, bensì l'accelerazione di un progetto preciso; una spinta per verificare la risposta interna e internazionale.

Se è vero, come affermato all'inizio, la risposta palestinese alla nuova ondata di repressione a Gerusalemme è stata forte e determinata, sarebbe tuttavia un errore pensare che abbiamo vinto solo perché oggi i sionisti sono stati ‘costretti’ a togliere i metal detector ad al-Aqsa (mentre scriviamo, giunge la notizia che hanno deciso di eliminare tutte le misure prese nelle scorse settimane).

Nei fatti, hanno vinto ancora una volta loro perché hanno spinto, saggiato le reazioni, studiato le contromisure da adottare. L'occupazione continua.

Post scriptum: se oggi traiamo un bilancio di ciò che è accaduto nelle ultime settimane, dobbiamo registrare decine di morti palestinesi, centinaia di arresti, centinaia di feriti, case distrutte. Questa è una vittoria? O il manifestarsi dell'occupazione così come avviene da più di 70 anni? I sionisti hanno aggiunto un tassello alla costruzione della Grande Israele, la Palestina è ancor più sotto occupazione. Se i palestinesi non ritrovano una loro strategia di lotta contro l’occupazione, se non si liberano dalla maggior parte dei loro dirigenti sempre ormai più corrotti, si entrerà in un baratro da cui sarà molto difficile, se non impossibile, risalire.

Con la Palestina fino alla vittoria!

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