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mondocane

Venezuela: uomini e topi. E papi

di Fulvio Grimaldi

Basta sapere chi c’è dietro la cosiddetta opposizione venezuelana per sapere chi va sostenuto, costi quel che costi. Dietro e con i golpisti del 2016-17, gli stessi del 2002 (Capriles, Lopez, Ledezma) che obliterarono presidenza, parlamento e tutte le istituzioni e instaurarono una dittatura sotto la guida di Bush, del suo consigliere Kissinger (quello dell’operazione nazista Condor), del segretario di Stato Colin Powell (quello delle armi di distruzione di massa di Saddam, a proposito di fake news), ci sta lo Stato Profondo Usa, cioè quel carcinoma planeticida composto da servizi segreti, armieri, banchieri e imprenditori apicali come i maltusiani Rothschild, Warburg, Goldman Sachs, Rockefeller, Bill Gates, tutta la lobby talmudista.

A dirci dello stato del mondo basta vedere come agli ordini e al servizio della suddetta consorteria si siano congiunti in unico blocco di cemento, da appendere al collo del popolo venezuelano, sinistre radicali, sinistre moderate, destre moderate, destre radicali, i grandi media e la manovalanza tipo “manifesto”, violenti e nonviolenti, lobby ebraica, cristiani integralisti e cattolici detti progressisti (un controsenso). In testa a tutti, svettante di bianco, il nonviolento par excellence, il caudillo del Vaticano con tutti i suoi cacicchi locali. Dismessa la maschera del “mediatore”, si è trovato con naturalezza dalla parte dei suoi: “Non riconosco la Costituente di Maduro!” ha tuonato. Segue scomunica? I suoi sono quelli stessi con i quali ha serenamente convissuto e collaborato quando torturavano e ammazzavano gli oppositori, ne passavano i figli ai carnefici e, al largo delle coste argentine, facevano volare dagli aerei migliaia di chavisti ante litteram. Dalla Siria al Venezuela, dai divorziati, pur sempre peccatori, al diavolo, pur sempre tra noi: è l’infallibilità del pontefice.

Intanto, dalla pioggia di merda fake news piovutaci addosso da questi facilitatori di imprese kissingeriane, estraiamo e buttiamo subito quel pacco di melma dei presunti brogli nelle votazioni per la Costituente. Il risultato certificato dalla Commissione Nazionale Elettorale di 8.089.320 è stato certificato dopiamente dalla scheda e dal controllo delle impronte digitali di ogni elettore. I documenti sono a disposizione dell’opposizione e di qualunque verificatore. Cosa mai verificatasi per la farsa del plebiscito del MUD del 16 luglio: elettori senza documenti, voti ripetuti a volontà dagli stessi votanti, tutti i registri bruciati una volta conclusa la buffonata. Verifiche impossibili.

I Black Bloc delle manifestazioni europee, additati dai benpensanti al ludibrio e all’ostracismo, anatemizzati come violenti fascistoidi, bastonati e carcerati dalle forze dell’ordine democratico (che, così provocate, possono magari anche trascendere, come a Genova), rispetto a quanto s’è visto in piazza in Venezuela a partire dal 2014, sono angeli del mutuo soccorso. Qui una vetrina infranta è vandalismo, un cassonetto di traverso un attentato all’ordine costituito. Lì, fili di ferro attraverso la strada per tagliare teste di poliziotti, assalti all’arma bianca, alla bottiglia incendiaria, alla rivoltella, agenti incendiati, sedi chaviste, negozi, edifici istituzionali dati alle fiamme, cecchini infilati tra i dimostranti (come li avevo visti al tempo del golpe del 2002). Si tratta di democratica protesta di popolo contro la dittatura. E chi difende l’ordine legittimo con idranti e pallottole di gomma, di quella dittatura è il custode.

Sono i classici due pesi e due misure cui siamo abituati dai primordi della lotta di classe. E anche da prima, quando bruciare pagani era buono e fare martiri cristiani era cattivo. Ma non è questo il punto. Il punto è che ogni schierarsi con la manovalanza sanguinaria che l’oligarchia sconfitta 18 anni fa spedisce in piazza (si parla di 15mila teppisti bene addestrati) equivale a far fare all’umanità tutta un passo indietro. Che poi equivale a un passo avanti verso l’abisso. E questo dovrebbe essere pacifico. Il punto è anche che una mattanza orrenda come quella del Messico dei 130mila ammazzati sotto gli ultimi due presidenti, delle 30mila sparizioni forzate, del giornalista ammazzato al giorno, degli innumerevoli femminicidi, del narcostato che, con la supervisione anche armata Usa, finge la guerra alla droga per massacrare contadini, lavoratori, studenti e sterminare oppositori, non solleva un ciglio. E neppure l’Honduras, che dopo il golpe di Obama e Hllary, è diventato il nuovo hub della droga per i mercati Usa e il mattatoio dei difensori del popolo e dei suoi diritti, come la grandissima Berta Caceres. E neppure la Colombia. Dove dall’inizio dell’anno sono stati uccisi 46 leader di movimenti sociali, mentre tra il 2012 e il 2017 ne sono stati eliminati 678. Sono specialisti dello sguardo orbo le sedicenti sinistre. Il PC argentino ha preferito stare con Videla piuttosto che con Peron.

 

Colpetto al cerchio, mazzata alla botte

Ma il punto vero è ancora un altro ed è l’immonda complicità dei cerchiobottisti in malafede e l’ottusità di quelli che, in buonafede, vanno lì a misurare col bilancino torti e ragioni. Tanto sono democratici i capi della sedizione venezuelana, Ledezma, Capriles e Lopez, da essere stati tra i promotori del colpo di Stato contro Chavez nel 2002 e dei successivi pochi giorni di dittatura vera. Sono gli stessi che per i loro pogrom di oggi godono del sostegno dei presidenti dei paesi neocolonizzati dagli Usa: Macri, Temer, Santos e Pena Nieto. E basterebbe per prendere posizione.

Il nemico principale di una sinistra che si ponga a difesa delle masse da riscattare o da difendere sono le destre reazionarie e l’imperialismo. Schiacciarli è la priorità assoluta. Allende sbagliò su diversi piani, ma come non stare dalla sua parte contro Pinochet? Quando si intravvede un golpe è essenziale individuare i responsabili della crisi: coloro che provocano un disastro non sono gli stessi che non sanno risolverlo. Vale per l’economia. Gli errori compiuti da Maduro e che Geraldina Colotti dovrebbe illustrarci con maggiore severità, sono numerosi e gravi. Ma i colpevoli della situazione attuale sono gli oligarchi teleguidati dagli Usa, del cui mostruoso tasso di criminalità sarebbe cecità dubitare. Non si devono confondere responsabilità di diversa natura.

Errori hanno riguardato gli andirivieni incerti su valuta, cambio e circolazione monetaria, su ricerca di consenso negli ambienti strutturalmente ostili (grande distribuzione, proprietà terriera, finanza), l’inaccettabile debito esterno causato in gran parte dal mancato sviluppo manifatturiero e agricolo e dalla dipendenza dal petrolio, gli insufficienti controlli sui prezzi e contrabbando e su chi li manipolava e gestiva, su chi non tagliava gli artigli a coloro che, utilizzando i non nazionalizzati circuiti privati, imboscavano e creavano penurie artificiali. La crescita di una cosiddetta bolibourgeoisie all’ombra di Chavez e Maduro ha prodotto inefficienze e corruzione, connivenza con miliardari travestiti da chavisti.

Ma il collasso della produzione, l’inflazione che ha comportato (insieme alla caduta del prezzo del petrolio) il taglio a interventi sociali, i limiti alla redistribuzione della ricchezza, insomma una frenata al più grandioso processo di emancipazione mai visto in America Latina dopo i primi anni della rivoluzione cubana, sono opera dell’oligarchia spodestata. Opera finalizzata a rovesciare Maduro, bloccare il processo bolivariano, recidere i legami, già insufficientemente curati, tra masse e istituzioni.Tornare al prima di Chavez. Cioè a quella diseguaglianza spaventosa, quella totale soppressione di diritti sociali e democratici, la miserabile dipendenza dal padrone yankee, che ha caratterizzato l’America Latina quando gli Usa ne avevano fatto il cortile di casa e che ora si è riaffermata in Honduras, Argentina, Brasile, Cile.

Nel bene e nel male che sta facendo, tipo riuscire a mobilitare la stragrande maggioranza del popolo, invisibile ai media occidentali; tipo non smantellare la burocrazia che ha soffocato la marcia verso il socialismo, Maduro non cede. Non è Tsipras. Non è Raul. Il chavismo non si arrende. Non è Syriza. La Costituente è una sacrosanta risposta al golpismo: fa emergere quello che vuole il popolo. Costituisce un’espressione democratica rispetto a un parlamento delegittimato, non solo dal golpismo endemico, quando dall’aver rifiutato di annullare l‘elezione di deputati segnata da crimini. Che le “sinistre”, se conservano un briciolo di onestà intellettuale e di integrità morale (non parlo del “manifesto”), piuttosto che con un Maduro, aggredito da tutti i fronti e da tutto il peggio del mondo, come Gheddafi, come Saddam, come Assad, come Milosevic, se la prendano con gli stronzissimi ricchi del Venezuela (infestati di predatori italiani), con i razzisti anti-indigeni e anti-proletari di Plaza Altamira, con la Cia e sue dependances, Amnesty International e Ong varie.

O vogliono Kiev a Caracas? 

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