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sinistra

Media Occidentali e pensiero critico: il caso Maduro

di Davide Restano

Pier Paolo Pasolini allorché intendeva riferirsi alla televisione non utilizzava mai il termine Mass-Media bensì Medium di massa. Giustificava tale scelta sottolineando il rapporto asimmetrico e quindi antidemocratico tra mezzo televisivo e telespettatore, poiché a quest’ultimo è di fatto preclusa ogni possibilità di replicare al messaggio veicolato. Chi ascolta finisce dunque intrappolato in un circuito comunicativo “verticale” ove il ruolo dell’ascoltatore diviene meramente passivo e subalterno.

Pier Paolo Pasolini ci aveva visto lungo perché nell’anno 2017, data in cui si dispone di un apparato mediatico decisamente potenziato rispetto a quello degli anni settanta, tale problematica diviene attuale e dà un’ idea di quanto capillarmente oggigiorno i mezzi di informazione siano grado di diffondere e promuovere il loro punto di vista su ciò che accade nel mondo.

In questo senso il caso Venezuelano risulta decisamente indicativo. I Tg raccontano quello che succede nelle varie città del paese riportando sempre la stessa narrazione dei fatti, a partire dalla vittoria delle opposizioni alle legislative del 2015, la conseguente richiesta di dimissioni rivolta a Maduro ed il rifiuto da parte del presidente di lasciare la guida del paese. Poi le inaudite violenze compiute dalle forze di polizia contro i “manifestanti” e la terribile guerra civile. Se la storia finisse qui il Venezuela sarebbe effettivamente nel caos a causa di un aspirante dittatore, tanto per cambiare, socialista.

Se Pasolini non ci avesse visto giusto invece le cose andrebbero diversamente. Il telespettatore “attivo” e parigrado rispetto a chi lo informa sarebbe nelle condizioni di porre domande e di chiedere chiarimenti su alcune omissioni piuttosto significative.

Caro mezzo televisivo, domanderebbe, perché non specifichi che il Venezuela è una repubblica presidenziale in cui l’attuale presidente è stato eletto nel 2013 direttamente dal popolo?

Questa domanda cambierebbe le carte in tavola e sconfesserebbe la narrazione dominante secondo la quale Maduro è un tiranno e il Venezuela un’ immensa camera delle torture a cielo aperto. Strano dittatore quello che entra in carica perché eletto dal popolo essendo pronto a rimettere il suo incarico nel 2019 in caso di sconfitta alle prossime presidenziali. Perché, è il caso di chiarirlo, in una repubblica presidenziale dovrebbero essere le elezioni presidenziali a cambiare il presidente non le legislative. Le forze di opposizione questo non lo hanno capito subito così appena dopo aver vinto le elezioni parlamentari hanno riversato nelle strade tutta una serie di “persone” decise a “contestare” il presidente. Arriva poi, un po’ troppo poi, la decisione di indire un referendum revocatorio di fatto irrealizzabile proprio perché tale decisione sopraggiunge oltre i tempi massimi previsti dalla legge e, secondo gli organismi di controllo, con alcune irregolarità nella raccolta delle firme. Ad oggi non si hanno elementi concreti per dubitare di tale responso.

Resta il fatto che quella venezuelana è ormai per gran parte dell’opinione pubblica una spietata dittatura, soprattutto agli occhi di noi italiani che di dittatori ce ne intendiamo. A suo tempo il duce, a differenza di Maduro, non ebbe mai a dover riconoscere la conquista democratica del parlamento da parte di chi gli fu avversario, come ha invece prontamente fatto il presidente venezuelano dopo le elezioni del 2015. Il duce il parlamento lo cancellò dalla storia fascistizzando il senato e trasformando la camera dei deputati nella camera dei fasci e delle corporazioni, creando il famigerato listone ovvero un’unica votabile lista elettorale composta da quattrocento deputati tutti scelti dal Gran Consiglio. Altro che riconoscere la vittoria degli oppositori politici, quanto a dittature caro Maduro hai ancora molto da imparare.

Non parliamo poi della libertà di dissenso, una dittatura che si rispetti sin da subito procede a sciogliere i partiti avversi al regime e poi a reprimere la libertà di stampa. Al contrario in Venezuela la maggior parte dei canali televisivi privati è in mano alle forze di opposizione.

Le abbiamo mai sentite fare queste puntualizzazioni dai media Occidentali? No e mai le sentiremo. Al massimo ci piomberà addosso il solito ritornello secondo il quale i venezuelani oggi sono poveri a causa del socialismo che imbavaglia la libera iniziativa del ceto imprenditoriale e liberale

Facile difendere Maduro e lo Chavismo quando si vive in un paese capitalista, magari sorseggiando un Mojito per le vie di Rimini o Riccione”.

Chi non ha sentito risuonare simili cantilene? Comunque a tali rimbrotti si può facilmente controbattere che mica serve andare fino in Venezuela per vedere gente che muore di fame, si può anche rimanere in Europa e guardare cosa succede in Grecia dove non il socialismo ma l’ultra-liberismo economico ha trasformato la splendida terra di Pericle in una filiale europea del terzo mondo, con tanto di sistema sanitario allo sfascio e mortalità infantile alle stelle. Il tutto senza alcun bisogno di una speculazione internazionale sul bene primario del paese come è accaduto al governo venezuelano, che nel corso del 2015 vedeva il prezzo del petrolio scendere fino al punto di non poter più contare su di esso per dare lavoro e pane alla propria gente.

Ciò lo si potrebbe dire se Pasolini non avesse avuto ragione, ma siccome, ahinoi, di ragione ne ha avuta da vendere, di notizie o di analisi incomplete e fuorvianti ce ne arriveranno, purtroppo, ancora tante. E noi abitanti del mondo “libero” dovremo rassegnarci ad ascoltare il Tg che ci dice cosa dobbiamo pensare di quello che accade nel mondo, manco a dirlo passivamente, senza poter nemmeno fare domande. A dire il vero ci è ancora consentito tenere spenta la Tv, per ora.

Comments

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Mario Galati
Sunday, 13 August 2017 20:03
La vera tragedia del Venezuela è che Maduro, molto probabilmente, non dispone di forze sufficienti per imporre misure dittatoriali e spazzare via la feccia delinquenzial-borghese che sta tentando di imporre la sua dittatura, con il sostegno e la regia del burattinaio imperialista americano.
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