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Contro Erdogan si candiderà una donna?

Purché sia fedele all’UE e alla NATO!

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan da quando ha rotto con l’islamista Fethullah Gülen non piace più molto all’Occidente: ha intensificato le relazioni con la Russia e la Cina, ha fatto limitare l’uso del dollaro nelle transazioni commerciali internazionali, reprime le ONG filo-americane come Amnesty International, impedisce la balcanizzazione degli stati nazionali bombardando i militanti separatisti curdi di PKK/YPG armati da Washington, spedisce in esilio gli alti ufficiali dell’esercito collusi con la NATO, non cede alle richieste europee su Cipro, ecc. Insomma sembra che l’imperialismo atlantico abbia perso il controllo sul proprio burattino.

L’Occidente ha dunque deciso che Erdogan deve essere sostituito. E forse l’UE e gli USA potrebbero aver già stabilito la loro “alternativa”. Per ora nessuna candidatura è certa, ma alcune testate giornalistiche di quelle che contano hanno già deciso al posto dei turchi in perfetto stile coloniale.

L’alternativa a Erdogan, stando al “Time” del 14 luglio scorso, è donna, si chiama Meral Aksener, ed è già stata ministro degli interni per il l’ex-DYP, un partito liberale filo-occidentale al governo negli anni ’90 in piena foga privatizzatrice. Poi, quando il vento cambiava, si è trasformata in “nazionalista” assumendo addirittura incarichi nel MHP, il partito che fu espressione dei “Lupi Grigi”, da cui però è stata recentemente allontanata.

Oggi Aksener si è rifatta una propria verginità mettendosi a disposizione di una  possibile coalizione che dovrebbe essere promossa dal più presentabile CHP, il partito socialdemocratico ed europeista guidato da Kemal Kiliçdaroglu. Quest’ultimo già mesi fa aveva in effetti dichiarato saggio  puntare su una donna, senza però fare nomi.

Stando al sempre ben informato quotidiano laico “Aydinlik”, la Aksener sarebbe affiliata alla setta gülenista. Fethullah Gülen sarebbe stato definito dalla stessa come “un amico di Dio”, suscitando polemiche nel Paese.

Il “Time”, dal canto suo, l’ha già ribattezzata la “Lady di ferro” turca. Insomma sembrerebbe nulla di buono per la sinistra e il movimento operaio.

L’obiettivo di Meral Aksener, qualora si decidesse effettivamente di candidarla, dovrebbe essere quello di ristabilire le buone relazioni di Ankara con l’UE e la NATO compromesse da Erdogan, frenare l’avanzata della Turchia nel campo geopolitico eurasiatico, quindi peggiorare i rapporti con Russia, Iran e Cina e concedere forme di autonomia all’etnia curda, così come richiesto da Washington e già applicato in Irak.

Immaginiamo già la retorica che sentiremo presto sui media europei: Lei, donna, liberal, democratica, tollerante e (apparentemente) laica che si oppone a Lui, dittatore machista, islamico, conservatore e filo-russo.

Il cleavage fra i due invece sarà verosimilmente un altro: non riguarderà il genere, non riguarderà la democrazia e persino la laicità sarà messa in secondo piano. A scontrarsi saranno i fautori del sistema liberale atlantico da un lato, e i fautori del multipolarismo che guardano verso l’Eurasia dall’altro.

Se questo sarà davvero il quadro a cui la Turchia andrà incontro, a vincere purtroppo potrebbe nuovamente essere Erdogan, poiché la classe operaia, i contadini poveri e forse anche le minoranze etniche martoriate dagli attentati terroristici del sud-est del paese, potrebbero preferire il Sultano, che ha dimostrato, anche se opportunisticamente, una retorica “patriottica” e più attenzione – per assurdo – anche al “sociale” (usando forme di carità religiosa) rispetto alla nuova paladina di questa strana socialdemocrazia europeista che recupera neo-liberisti come una calamita.

Sembra, insomma, che alle élite occidentali le lezioni di Trump e della Brexit non abbiano insegnato molto…

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