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idiavoli

I privilegi infiniti dell'aristocrazia britannica

di I Diavoli

Come i nobili hanno preservato il loro potere in una società rigidamente divisa in classi e in una terra - il Regno Unito - che si regge ancora sulla proprietà privata del Medioevo. Oltre un terzo del territorio è di proprietà di milleduecento appartenenti all’aristocrazia feudale. Meno dello 0,1% della popolazione

Quando, pochi giorni fa, la Duchessa di Cambridge ha annunciato di aspettare un terzo figlio, che andrà a fare compagnia al Principe George e alla Principessa Charlotte, il portavoce della casa reale britannica ha comunicato che “la Regina e i membri di entrambe le famiglie sono molto lieti della notizia”.

Siamo lieti anche noi. A differenza delle sue concittadine prive di titoli nobiliari, la Duchessa non dovrà infatti compilare l’umiliante questionario di otto pagine, comunemente detto “valutazione dello stupro”, per dimostrare che il terzo figlio è frutto di una violenza subita. E potere così accedere agli aiuti di stato per l’infanzia.

Da luglio di quest’anno, nel Regno Unito è infatti entrata in vigore la riforma proposta due anni fa dall’ex Cancelliere conservatore George Osborne, per cui gli aiuti economici alle famiglie in difficoltà si fermano dopo il secondo figlio. A meno che non si tratti di un parto multiplo, di un’adozione. O di una gravidanza avvenuta in seguito a uno stupro. Che va però dimostrata dalla donna.

La Duchessa di Cambridge non dovrà sottoporsi a questa terribile umiliazione. Perché il figlio è voluto e – soprattutto – perché non ne ha necessità economica: la casa reale ha visto quest’anno aumentare del 6% gli introiti che i cittadini le versano, arrivando a 82,2 milioni di sterline. Tale aumento è dato anche dai doverosi e necessari lavori di ammodernamento e ristrutturazione intrapresi nelle proprietà di Elisabetta II.

Quattrocento anni dopo il tentativo di Guy Fawkes di mettere fine al dominio della corona, in Gran Bretagna è ancora in voga la prassi che se la famiglia reale deve cambiare le piastrelle del bagno, o comprare un nuovo frigorifero, pagano i cittadini.

Ma quello che a Buckingham Palace arriva dal ministero del Tesoro attraverso il Sovereign Grant Fund non è l’unica fonte di entrate della Zia Betty e dei suoi famigliari, che possiedono più o meno l’intera zona di Mayfair, pieno West End londinese, e più in generale, insieme agli altri membri dell’aristocrazia feudale britannica, più di metà dell’intera isola.

Quella britannica è ancora oggi una società rigidamente divisa in classi sociali. E la corona ne è un semplice sintomo, un’escrescenza purulenta sul tessuto malato. La patologia che inarrestabile divora il suo corpo sociale dall’interno è la proprietà privata trasmessa – esentasse – per via ereditaria.

Se fino al 1872 dodici dei tredici maggiori proprietari terrieri erano aristocratici, l’altro la Chiesa, oggi i maggiori possidenti sono compagnie pubbliche o private – dal Tesoro alla Forestale, dalla Difesa a vari fondi, compreso quello della famiglia reale. Resta che i trentaseimila membri della Country Land and Business Association, lo 0,6% percento dell’intera popolazione, detengono più della metà del territorio rurale.

L’aristocrazia è una classe sociale che fin dal medioevo si è impossessata delle terre attraverso la violenza e la corruzione – come scrive The Guardian – e ha giustificato il tutto dapprima come una necessità modernizzatrice del paese, poi, attraverso l’ostentazione di opulenti castelli e fortezze e roccaforti, come se i privilegi fossero dovuti a una necessaria gerarchia sociale data in natura.Questa gerarchia si mantiene rigida anche oggi. Il Regno Unito si regge ancora sulla proprietà privata del Medioevo. Oltre un terzo del territorio del paese, è proprietà di milleduecento appartenenti all’aristocrazia feudale. Meno dello 0,1% della popolazione.

Il Duca di Buccleuch & Queensberry, la Baronessa Willoughby de’Eresby, il Fondo Fiduciario del Ducato di Atholl, il Duca di Cornovaglia (comunemente conosciuto come Prince Charles, erede al trono di Elisabetta II), quello di Westminster e quello di Northumberland. Sono loro i grandi proprietari terrieri d’oltremanica secondo la più esauriente e completa inchiesta pubblicata pochi anni fa da Country Life. Posseggono pianure, fiumi, laghi e colline. Castelli, riserve di caccia e borghi medievali.

Di proprietà degli aristocratici sono intere isole. Nelle loro mani, e questo è il punto, sono le città.

Restando a Londra, se Mayfair è della famiglia reale, la zona di Holland Park – quella del rogo di classe della Grenfell Tower – è di proprietà di Charlotte Townshend, unica altra persona oltre alla Regina in tutta l’isola a poter possedere cigni selvatici. Il Visconte di Rothermere detiene la zona di Wimbledon e quello di Portman la centralissima Baker Street, dove Sir Arthur Conan Doyle aveva immaginato lo studio di Sherlock Holmes. Mentre la Baronessa Howard de Walden preferisce Chelsea.

Chi volesse comprare una casa a Londra, o nel resto del Regno, si accorgerebbe presto che non sta acquistando la proprietà della casa, ma attraverso il leasehold sta affittando per un certo numero di anni – 125 di solito, rinnovabili a condizioni eque e giuste – la porzione di terreno su cui la casa è costruita. Questa porzione di terreno non è ovviamente del Comune o dello Stato, ma è di proprietà di un qualche aristocratico – dello 0,1% della popolazione britannica – il quale ogni anno riscuote dallo “proprietario temporaneo” la ground rent. La tassa di affitto del terreno. L’obolo medievale.

Lo stesso Comune, o Stato, quando decide di costruire alloggi per l’edilizia popolare, è costretto anche lui a pagare la ground rent al nobile di turno. Il quale nel frattempo si è evoluto e ha trasferito le proprietà dei suoi terreni nei paradisi fiscali, o in complicate e irraggiungibili holding finanziarie. Giusto per pagare meno tasse, visto che ereditare un titolo nobiliare è fin dai tempi dei principi e dei cavalieri erranti un lavoro faticoso, ma esentasse.

Esclusi i pochi fortunati che trovano qualcosa in freehold – a sottolineare che stanno acquistando anche il terreno su cui sorge la casa e saranno loro a decidere delle eventuali spese da sostenere – coloro che cercheranno di prendere casa a Londra verseranno quindi ogni anno la decima al Duca di Westminster, padrone di quasi tutta la capitale del Regno.

Primus inter pares della lista di aristocratici di cui sopra, con un patrimonio vicino ai dieci miliardi di sterline, da un anno l’onomastico di Duca di Westminster è passato a Hugh Grosvenor, un bel ragazzo di 26 anni, che lo scorso anno alla morte del padre è riuscito a non pagare una sterlina di tasse al momento di ereditare titolo e patrimonio.

Stessa situazione in cui si troverà il terzo figlio del Duca e della Duchessa di Cambridge, la cui nascita è stata annunciata pochi giorni fa, quando comincerà il faticosissimo lavoro di successione a Buckingham Palace.

Perché una società rigidamente divisa in classi come quella britannica, per resistere come tale ha bisogno di una mitologia fondativa, costantemente alimentata da libri, film e canzoni. Ma anche e soprattutto delle leggi illiberali di uno Stato che permette ai padroni di continuare a essere tali.

La Soumission immaginata da Michel Houellebecq non è poi così lontana nel tempo e nello spazio. E non va cercata al termine di viaggi esotici nel Regno oscurantista dell’Arabia Saudita. La si trova altrettanto facilmente nei silenzi e nei coni d’ombra della fragorosa e scintillante Swinging London.

Dio salvi la Regina.

Comments

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DANILO FABBRONI
Wednesday, 11 October 2017 17:11
Tale fu la rivoluzione di questo portato della tecnica navale che la stessa potentissima Spagna «[…] fu costretta a noleggiare navi olandesi per salvaguardare i suoi traffici d’oltremare», op. cit., p. 39. Ma al di là di definire l’importanza della talassocrazia, Schmitt ci fa riflettere su un altro nodo gordiano che al pari del primo, riveste nell’odierno (purtroppo) grandissimo peso specifico nell’Impero, nel Reich, Globalista attuale. Questo punto è il Terrorismo Sintetico, ovverossia, per dirla con le brillanti parole di Federico Dezzani: “dove finisce la Finanza inizia il Terrorismo”. Infatti Schmitt va ad illustrare quella che fu la continuazione della Guerra e della Politica con altri mezzi e cioè la Pirateria, il vero ed autentico proto-terrorismo di tutti i tempi. La Pirateria, giustamente rileva Schmitt, non è certo un’invenzione britannica ma lo è invece la Pirateria insita nella raison d’état, sorta di ‘eteronomia statale’, cosa che fu varata in esclusiva mondiale dagli inglesi. Inutile qui squadernare i molteplici esempi dell’impiego di questa feccia del mare al servizio degli interessi della Corona britannica: rimandiamo ad una disamina del lettore del testo citato. Qui basti osservare che tali “pezzenti del mare”, così come definiti da Schmitt, furono poi assurti al rango di reali, di ‘Sir’, dalla stessa corte reale inglese – op. cit. pp. 42, 43 - a segno inequivocabile di riconoscenza verso di loro. Che la feccia, la schiumarola del mare, il gangsterismo, sia poi legalmente sancito ci fa ricordare, di nuovo, quanto attuale possa essere l’esegesi schmittiana di quella tranche di storia passata: i banksters attuali sono la coazione a ripetere di quei passati avvenimenti. Ma non solo. Giova ripeterlo: lo scatenamento dei vari Francis Drake o Sir Henry Morgan, solo per citarne alcuni di questi manigoldi del mare, in atti di pirateria contro – da notare con particolare attenzione - obiettivi civili, quindi non militari, non è nient’altro che l’anticipazione fattiva del Terrorismo così en vogue ai giorni nostri. Schmitt già a cavallo degli anni Quaranta parlava testualmente di un ‘capitalismo di rapina’ quando una nondimeno validissima Naomi Klein era di là da venire al mondo, colla sua Shock Economy. Una nota sulla tecnica quanto mai subdola, mendace, della pirateria inglese: quest’ultima si avvaleva di fuochi fatui accesi sulle coste presso i veri fari marittimi onde ingannare i naviganti nel passaggio del Canale della Manica i quali vedendo da lontano queste luminarie ‘artificali’, scambiandole per fari, procedevano ad aggiustare la loro rotta di conseguenza andando invece a schiantarsi sulle rocce. Da lì seguiva il saccheggio e l’esecuzione di quanti a bordo.
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