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la citta futura

Catalogna e indipendentismo dei ricchi: vero o falso?

di Paolo Rizzi

Alcuni dati di fatto per non parlare in maniera astratta dell'indipendentismo catalano

L'indipendentismo catalano è un fenomeno reazionario? Alcuni compagni ne sono convinti, considerandolo un progetto egemonizzato dalla borghesia catalana, indirizzato a creare una “Piccola Patria”, che creerà un'ondata di indipendentismo in giro per l'Europa orientata a separare le regioni ricche.

Non sarà questo articolo a risolvere il dibattito se l'indipendentismo catalano sia progressivo o reazionario, vanno però messi dei punti fermi, per non continuare a discutere usando dei luoghi comuni.

La Catalogna è la regione più ricca della Spagna: VERO! La Catalogna è la regione spagnola più ricca in termini di PIL assoluto.

I catalani sono i più ricchi della Spagna: FALSO! In termini di PIL pro capite, la Catalogna è “solo” la quarta regione, dietro al Paese Basco, la Navarra e la capitale Madrid. Certo, rimane più ricca della media del paese, molto più ricca delle regioni più arretrate come l'Andalusia e l'Extremadura.

La disoccupazione in Catalogna è più bassa di quella (altissima) media spagnola, ma rimane nel 2017 attorno a un notevole 17%.

Poco meno del 20% della popolazione catalana è a rischio povertà, un dato appena inferiore alla media spagnola del 22%.

La Catalogna è oggettivamente una regione ricca. I media e anche alcuni compagni la dipingono però come una specie di Lussemburgo sul Mediterraneo, un'immagine esagerata e che nasconde le forte differenze tra le classi in Catalogna.

La borghesia catalana sostiene l'indipendenza: (in parte) FALSO! La Foment del Traball Nacional – l'associazione dei padroni catalani – ha condannato il referendum e il processo che ha portato al voto. Secondo la confindustria catalana, il voto per del parlamento catalano per istituire il referendum ha violato le leggi basandosi su una inesistente sovranità del popolo catalano.

È invece vero che una buona parte della piccola borghesia – base tradizionale del partito liberale-conservatore catalano, che ora ha assunto il nome di Partido Democratico Europeo Catalano (PDEC) – ha abbracciato la causa indipendentista, come testimoniato anche dall'adesione dei bottegai allo sciopero generale.

La Catalogna aveva già tutta l'autonomia che ha richiesto, ora vuole la completa autonomia fiscale: FALSO E VERO! È vero che una parte importante del processo di indipendenza è la questione fiscale. È falso che lo Statuto di Autonomia approvato nel 2006 fosse tutta l'indipendenza. Dopo l'annullamento di alcuni articoli e l'interpretazione restrittiva di altri da parte del Tribunale Costituzionale (invocato in questi giorni come se fosse una specie di autorità tecnica-neutrale), manca del tutto il riconoscimento della Catalogna come una nazione e la preferenza per la lingua catalana. Certo, sono state concesse molte forme di autonomie come quella della polizia (anche se si è visto il giorno del referendum che questa autonomia può essere sospesa, a differenza di quanto accade, per esempio, nei Länder tedeschi), ma dire che tutte le questioni culturali sono state risolte e ora rimangono solo quelle fiscali, è sbagliato.

D'altra parte uno dei punti rigettati, ormai da un decennio, dal Tribunale Costituzionale è stata proprio la fine della solidarietà fiscale della Catalogna verso le altre regioni spagnole. È banalmente ovvio che la creazione di uno stato catalano autonomo non prevederebbe obblighi fiscali verso lo stato spagnolo.

L'indipendentismo nasce solo dopo la crisi economica: FALSO! In Catalogna governa una “grande coalizione” tra il tradizionale partito socialdemocratico Sinistra Repubblicana Catalana (ECR) e la nuova incarnazione dei liberali-conservatori del PDEC. ECR è indipendentista da decenni, riporta nel suo Statuto l'obiettivo dell'indipendenza per tutti i paesi catalani, quindi, l'attuale Catalogna, la regione Valenciana e le Isole Baleari. Si può discutere quanto durante la sua storia ECR sia stata realmente impegnata nella lotta indipendentista, ma non è vero che il tema indipendentista sia nato dopo la crisi. Il governo catalano ha ora il sostegno esterno di Candidatura d'Unità Popolare (CUP) – che si autodefinisce anticapitalista e nazionalista. Per quanto la CUP abbia acquistato una rilevanza politica di primo piano solo nelle ultime tornate elettorale, sono sempre esistite varie formazioni di sinistra più o meno anticapitalista e indipendentiste.

Ironicamente, chi dice che l'indipendentismo è affare degli ultimi 10 anni, è fin troppo generoso con il PDEC, che si è effettivamente convertito all'indipendentismo nell'ultimo paio d'anni, in larga parte per rifarsi una verginità dopo gli scandali e l'attuazione dell'austerità da parte della precedente amministrazione di Artur Mas.

Questi pochi punti non risolvono il rebus catalano, una volta assunti questi dati non è scontato essere a favore o contrari all'indipendenza, non è scontato affibbiare colpe e accreditare meriti. Potrebbe essere però un po' più semplice discutere della realtà.

Comments

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Mario Galati
Sunday, 22 October 2017 16:05
Stiamo parlando di cose diverse. Mi sembra che tu stia parlando del regno cristiano di Dio. Io credevo che stessimo discutendo di socialismo.
Forse è meglio se interrompiamo la discussione, perché non ci porterà da nessuna parte.
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Enrico Galavotti
Saturday, 21 October 2017 17:53
Cioè vuoi dire che di fronte alla spietatezza del capitalismo il socialismo deve usare il pugno di ferro? Ovvero che pur di realizzare un giusto obiettivo politico, il comunista può anche rinunciare alla propria umanità? Quindi p.es. uno come Gesù Cristo non sarebbe dovuto entrare a Gerusalemme in groppa a un asino, cercando sino all'ultimo un consenso democratico, ma avrebbe dovuto imporsi occupando la città con un esercito alle spalle? Capisci che il socialismo non può essere realizzato senza la democrazia? E che se anche venisse distrutto militarmente dal capitalismo, deve comunque salvaguardare i valori umani e democratici, cioè restare coerente con se stesso? Se non accetti queste condizioni preliminari, come fai poi a stabilire delle differenze sostanziali tra fascismo e comunismo?
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Mario Galati
Saturday, 21 October 2017 16:01
E, soprattutto, non ho dimenticato la lezione della Comune di Parigi.
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Mario Galati
Saturday, 21 October 2017 15:49
Guarda che "il fine giustifica i mezzi" è una massima di Machiavelli e non ha il significato soggettivistico e immorale con cui l'hanno adottata i gesuiti e con cui è entrata nel senso comune. Anche Tommaso Campanella aveva criticato per questo "il tristo Machiavelli", ma si sbagliava (o ciò era comprensibile sulla base del suo impianto teorico, che pur non rifuggiva dal realismo).
In ogni caso, ti lascio il monopolio della morale ideale imperativa e mi accontento di un pezzettino di morale storica.
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Enrico Galavotti
Saturday, 21 October 2017 08:22
Il fine giustifica i mezzi non è un principio machiavellico ma gesuitico. Come l'altro: Perinde ac cadaver, che sotto lo stalinismo fu applicato alla lettera. I nostri piani purtroppo non sono paralleli ma opposti, nel senso che uno esclude l'altro. E il tuo mi fa paura. Ti avrei capito di più se tu m'avessi detto che in Spagna si sta consumando una lotta tra una borghesia molto avanzata e una mezza parassitaria (la Spagna è stata salvata dalla fame quando è entrata nella UE), ma in tal caso ti avrei ribattuto che i problemi del capitalismo si risolvono meglio a livello locale che nazionale, a meno che non s'imponga la necessità di una rivoluzione, cosa che però può decidere solo un popolo affamato.
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Mario Galati
Friday, 20 October 2017 20:54
Si, certo. Non ho nessuna difficoltà a definirmi "machiavellico", ma non gesuitico. Quanto all'etica, mi attengo alla definizione gramsciana, hegelo-marxiana, storicista.
Mi sembra che continuiamo a discutere su piani paralleli, che non si incontrano mai.
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Enrico Galavotti
Friday, 20 October 2017 10:34
Da come parli sembra che per te la realizzazione del socialismo debba potersi fare a prescindere da qualunque considerazione etica. Cos'è dunque lo Stato? Un principe machiavellico? Un dio da adorare? Domani Rajoy, in nome della ragion di stato (cioè dell'art 155 della Costituzione), manderà i carri armati a Barcellona, e tu plaudirai il gesto solo perché l'unità nazionale non si tocca? Ma Rajoy appartiene a una destra reazionaria e tu ti dichiari comunista: dove sta la differenza? Lo vuoi capire che l'Europa dei popoli è infinitamente superiore a quella degli Stati, e che anzi dovremmo favorire le identità regionali e locali che rivendicano maggiore autonomia e indipendenza prima che il globalismo non le faccia definitivamente a pezzi... Ti pare che gli Stati nazionali sappiano opporsi al globalismo delle multinazionali? A me pare che svolgano la parte dei lacchè.
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Mario Galati
Thursday, 19 October 2017 20:56
Piccolo borghesi..., non Di piccolo borghese...
Soliti problemi di display dello smartphone.
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Mario Galati
Thursday, 19 October 2017 20:51
Di piccolo borghese mi sembrano l' anarchismo, il primitivismo, il moralismo e l'utopismo astratto e astorico. Non per nulla tutto ciò coincide con l'ostilità borghese nei confronti di ogni esperienza concreta e storica di emancipazione. Le anime belle si collocano sempre al di fuori della sporcizia della storia, in una dimensione eterea e gratificante per l'autocoscienza positiva di sé. Immaginano le lotte degli schiavi come esperienze angelicate. E se scoprono che si tratta di vera lotta, con tanto di violenza, di esseri umani, niente affatto angeli, si ritraggono con orrore e condanna. E con abiura.
Riguardo a Gorbaciov, ammessa e non concessa la sua volontà di riformare e mantenere il socialismo, l'aver agito in modo così irresponsabile, senza valutarne le conseguenze, significa sottrarsi all'etica della responsabilità. Un comportamento da anime belle, appunto. Che sono le più dannose e immorali per la causa che pretendono di difendere.
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Enrico Galavotti
Thursday, 19 October 2017 17:46
Il socialismo di stato è una contraddizione in termini. L'aveva già intuito Marx nel Manifesto. È un socialismo piccolo-borghese, gestito da una casta di intellettuali e di burocrati, funzionari di partito e dello Stato (estorcono plusvalore di stato). Gorbaciov fece benissimo ad abbatterlo, anche se non poteva prevedere la svolta reazionaria del traditore Eltsin. Qualunque Stato voglia “gestire” la società è uno Stato dittatoriale, privo totalmente di diritto. Tutti i processi giudiziari fatti sotto lo stalinismo furono illegali. Vyšinskij fu semplicemente un infame. La destalinizzazione fatta da Krusciov ebbe solo il difetto di non essere coerente sino in fondo. Il fatto che il socialismo amministrato dall'alto sia un'assurdità in piena regola lo vedi oggi sulla base dell'esempio cinese: uno Stato comunista, comandato da un partito comunista autocrate, gestisce una società capitalista. Una mostruosità del genere per fortuna i russi se la sono risparmiata. È vero che hanno optato per un capitalismo di stato, ma almeno non dicono di aver fatto questa scelta in nome del socialismo. Il vero socialismo democratico non potrà essere molto diverso, fatte salve le inevitabili differenze storiche, dal comunismo primitivo (che Marx ed Engels purtroppo scroprirono solo alla fine della loro vita, quando si misero a studiare l'etno-antropologia e la Comune russa). E la spinta verso questo obiettivo ci verrà data probabilmente dai disastri ambientali e dalle guerre atomiche.
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Mario Galati
Thursday, 19 October 2017 16:56
Scusa. Il testamento di Lenin c'entra poco. La riabilitazione da parte di Gorbaciov, invece, dovrebbe creare sospetto, proprio perché inserita nel suo percorso di liquidazione.
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Mario Galati
Thursday, 19 October 2017 16:44
Tu citi un documento di Wikipedia, su una dichiarazione a memoria della moglie di Bucharin, e con riferimento al cosiddetto "testamento" di Lenin. Come obiettività delle fonti non ci siamo. Su ognuno di questi elementi c'è da ridire. Ripeto ciò che ho detto sullo scritto di Humbert-Drotz, dei primi anni settanta, se non erro. Leggi cosa dice di Bucharin, con il quale condivideva l'opposizione a Stalin.
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Enrico Galavotti
Wednesday, 18 October 2017 17:46
Tratto da Wikipedia:
Poco prima del suo arresto, Bucharin fece imparare a memoria il suo testamento alla sua giovane moglie, Anna M. Larina. “Lascio questa vita. Piego la testa, benché non sotto la scure del proletariato, che sarebbe spietata, ma pura, incontaminata. Sono certo e sicuro della mia impotenza, davanti alla macchina infernale, che si serve di sistemi medievali, e maneggia un potere immane - la macchina che fabbrica calunnie sistematiche e funziona con perfetta automatica sicurezza. Se ho fatto degli errori nei metodi usati per l'edificazione del socialismo, che i posteri non mi giudichino più severamente di quanto non abbia fatto Lenin. Noi eravamo i primi a dirigerci verso il comune obiettivo, e la strada non era ancora battuta. Erano altri tempi, era un'altra morale”. Bucharin è stato riabilitato ufficialmente dallo Stato sovietico sotto Michail Gorbačëv nel 1988.
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Mario Galati
Wednesday, 18 October 2017 17:30
Ma ti sei chiesto chi ha deciso di trasferire le infrastrutture produttive in Siberia, in vista della guerra? Non sarà stato quel "deficiente" di Stalin?
Se fosse stato per Bucharin e la sua difesa della proprietà contadina, oltre che per i suoi complotti, i sovietici sarebbero divenuti schiavi dei nazisti.
E poi, citare Gorbaciov come ripristinatore di socialismo è come darsi la zappa sui piedi. Liquidare non corrisponde a ripristinare.
Comunque, non ci sono solo i testi della Novosti e della Teti sulla storia sovietica. Ci sono testi e studi diversi e anche più recenti, sulla base di nuove fonti.
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Enrico Galavotti
Wednesday, 18 October 2017 11:59
Guarda che fino alla caduta dell'Urss io leggevo testi provenienti dalla Novosti e dalla Progress, e per capire bene le cose sul piano storico mi sono comprato l'Enciclopedia delle Scienze dell'Urss stampata da Teti. Quindi so di cosa parlo. E se ti dico che la Russia ha vinto i nazisti per merito non di Stalin, bensì della popolazione (e dei suoi generali, il primo dei quali fu Zhukov, che considerava Stalin un povero deficiente), è perché sono gli stessi storici russi a dirlo.
Hitler non rimase sorpreso della forza dell'Armata Rossa se non quando arrivò a Leningrado e Mosca (per migliaia di km fu un gioco da ragazzi occuparla, proprio perché Stalin non solo aveva eliminato i propri generali e ufficiali per motivi ideologici, ma non aveva approntato alcuna difesa, non credendo ai suoi stessi servizi segreti). E quando Hitler decise di distruggere Stalingrado non aveva previsto che avrebbe potuto essere la Siberia (dove erano state trasferite le fabbriche civili riconvertite a militari) a salvare la Russia. Da quando la Russia è nata solo Gengis Khan è riuscito a capire che se viene occupata la Siberia, dove le risorse sono sterminate, la Russia è una mela cotta. E questo lo sanno anche i cinesi, che non a caso stanno invadendo la Siberia come lavoratori, perché i russi non ne hanno voglia di andare a lavorare a 40-50 gradi sotto zero, anche se gli stipendi sono il doppio.
La fine della NEP e l'eccidio dei kulaki sono stati un disastro per la Russia. Non a caso Gorbaciov fu costretto a ripristinarla. Un qualunque socialismo di stato, gestito dall'alto, è una contraddizione in termini, in quanto il socialismo o è democratico, gestito dal basso, o non è. Dovresti piuttosto chiederti perché si vollero eliminare i Soviet.
E con questo non voglio dirti che Trotsky sarebbe stato meglio di Stalin. Voglio solo dirti che se si rispettava il testamento di Lenin, invece di censurarlo, forse le cose sarebbero andate diversamente. Di sicuro non si sarebbe fucilato Bucharin, che mostrava un occhio di riguardo per i contadini, e non si sarebbe eliminata tutta la prima generazione che fece la rivoluzione.
Quanto al ritorno al comunismo primitivo è evidente che non potrà essere alle stesse condizioni. Lenin parlava di dialettica a spirale, nel senso che le cose si ripetono in forme sempre diverse. Di sicuro però sappiamo che non ci sarà alcuna forma di Stato, in quanto la società dovrà sapersi autogestire.
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Mario Galati
Tuesday, 17 October 2017 17:03
Si. Concordo con questa tua precisazione sul "ritorno" al comunismo primitivo in questo senso. Ma il nostro non può essere un ritorno al comunismo primitivo. Il comunismo può essere solo il superamento dialettico della società presente, legato allo sviluppo delle forze produttive. Con tutta la complessità, i mezzi e i fini che ciò comporta. Non la realizzazione di un ideale ascetico-comunitario che finirebbe per essere reazionario. Questo volevo dire.
Siccome penso che stiamo discutendo tra compagni, a proposito di URSS e Stalin, mi permetto di chiederti: ma tu ci credi veramente alle fandonie che circolano su questi argomenti?
Io non nego la possibilità di fare storia controfattuale (se non ci fosse stato Stalin, sarebbe andata meglio...), ma bisogna prenderla con le pinze ed essere seri.
La vulgata che circola, dall'accademia alla pubblicazione popolare, è la paccottiglia confezionata dalla CIA durante la guerra fredda e che ricicla la propaganda nazista dell'epoca (anche dei nazisti ucraini. Quelli ritornati al potere di recente).
Quando Hitler aggredì l'Unione Sovietica rimase sorpreso dinanzi alla forza ed alla organizzazione dell'Armata Rossa.
Rammenta che la Francia, il Belgio, si squagliarono letteralmente, non offrendo alcuna resistenza.
I sovietici, oltre all'organizzazione e alla dotazione militare, possedevano uno spirito di compattezza, e una risolutezza, che non mostrava crepe. Disertori e collaborazionisti erano rarissimi, al contrario dei paesi capitalistici come la Francia.
Pensi che questo sia stato casuale?
Cominciamo dalla forza militare.
L'Unione Sovietica, dopo il comunismo di guerra, si era risollevata economicamente con la NEP. Tuttavia, questa era ormai diventata un intralcio allo sviluppo produttivo e socialista dell'URSS. Archiviata da tempo la possibilità di rivoluzione europee (già Lenin l'aveva chiarito), si preannunciava un'aggressione capitalistica coloniale nei confronti dell'URSS. Basta leggere atti e documenti dell'Internazionale comunista dell'epoca per vedere come ciò fosse chiaro. Perciò, dinanzi all'URSS si ponevano il compito procedere nella socializzazione dei mezzi produttivi; il compito di innalzare le forze produttive e la produzione; il compito di attrezzarsi per difendersi dalla futura aggressione.
Stalin guidò questi processi. La collettivizzazione della terra, oltre a liquidare la classe dei kulaki e a dare una soluzione alle aspirazioni dei contadini poveri, permise di elevare la produzione agricola a livelli di molto superiori rispetto all'organizzazione Nep. E, soprattutto, di dare stabilità e certezza alla produzione agricola. Cosa essenziale in una guerra. Ciò fu consentito dalla ripresa della produzione industriale (il numero di trattori e macchine agricole prodotte aumentava a livello esponenziale).
L’idea di Bucharin e degli oppositori era contraria.
L’innalzamento della produzione consentì di sviluppare l’industria bellica, senza la quale, altro che resistenza popolare alla Wermacht! Non erano più i tempi di Napoleone, pur essendoci motivi simili nella difesa popolare patriottica della Russia.
Tutto ciò fu fatto a tappe forzate e con uno sforzo di tutta la società sovietica, senza precedenti storici di questa portata. O pensi che Stalin si sia piazzato dietro ogni lavoratore col pungolo e la frusta? Il clima dell’epoca non era quello plumbeo e di terrore che si racconta al pubblico bambino come fiaba terrificante.
Ci sono state le purghe e le epurazioni. Il fatto è che c’è una relazione tra le epurazioni e la compattezza del partito, dello stato e del popolo sovietico dinanzi all’inaudita forza di aggressione nazista. Stalin “decapitò” la testa dell’esercito, si dice. Ci si riferisce, per es., a Tugachevskj, i cui contatti con i tedeschi e con i piani complottistici organizzati in URSS sembrano seriamente fondati? Humbert Drotz, dirigente dell’Internazionale, antistalinista, in un suo libro dei primi anni settanta, riferisce di un’opposizione (tra cui Bucharin) che era pronta anche al colpo di stato e all’omicidio dei dirigenti sovietici e di Stalin. I contatti con i tedeschi e la possibilità di un tentativo di colpo di stato erano una cosa seria, non una paranoia del dittatore.
Le epurazioni hanno duramente, purtroppo, perché non è mai piacevole l’uso della violenza, espulso ogni elemento di debolezza e disgregazione di fronte alla lotta decisiva col nemico. Purtroppo, è vero, sono stati commessi molti crimini. Molti innocenti, e anche compagni innocenti, sono stati uccisi. Le cosiddette ezovchine sono state una macchina assassina andate ben aldilà dell’epurazione. In questa ebbero un ruolo decisivo Ezov, appunto, e lo stesso Kruscev, che poi si riciclò in accusatore di Stalin (il quale dovette intervenire per limitarli, invece).
L’immagine di Stalin che è preso dal panico e si rinchiude in un atteggiamento infantile mentre il nemico è alle porte; oppure, che dirige la guerra sul mappamondo senza rendersi conto della realtà, è una pura invenzione. E’ l’immagine chapliniana de “Il grande dittatore”. Fa parte della creazione dell’alter ego simmetrico di Hitler. Della storia psicopatologica, demonologica, teratologica, che è tanto stupida, quanto falsa.
L’opinione che si aveva su Stalin prima dell’inizio della guerra fredda era ben altra. L’opinione di amici e anche di avversari e nemici.
Stalin è stato un grande stratega (di lungo periodo. In previsione della e durante la guerra), come gli veniva riconosciuto in tempi non sospetti. Ricorda l’idea di festeggiare il Primo Maggio nella Leningrado sotto assedio, per renderti conto della sua personalità. Altro che il grande dittatore impaurito o dinanzi al mappamondo.
La fonte “biblica” di tutte le cazzate, la madre di tutte le cazzate, sull’URSS e su Stalin è Conquest. Un agente dei servizi segreti britannici e poi della CIA.
Molti compagni non si preoccupano di abbeverarsi a questa fonte inquinata, avvelenata.
Su molti fatti (Katyn, numero degli internati nei Gulag, ecc.) la discussione è ancora aperta. L’apertura degli archivi sovietici ha consentito di acquisire dati più oggettivi, ma non è andata esente da vicende controverse.
Le cose che ho scritto sono necessariamente approssimative e incomplete. Se vuoi, puoi approfondire con varie pubblicazioni questi aspetti. Per es., tra le altre, “Stalin. Storia e critica di una leggenda nera”, di Domenico Losurdo.
Comunque, come dicevano i C.S.I. in una loro canzone: “Soviet più elettricità non fanno il socialismo. Ma è vero che a Stalingrado non passano”.
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Enrico Galavotti
Tuesday, 17 October 2017 14:55
Proprio nella Critica del Programma di Gotha Marx arriva per la prima volta a capire l'importanza della natura e del valore d'uso delle comunità primitive pre-schiavistiche. Cioè stava maturando l'idea che esisteva una netta frattura tra "civiltà" (fondata sul lavoro) e "comunità primitiva", dove un qualunque lavoro facilmente diventava "utile" (dalla raccolta del cibo alla caccia), pur non producendo esso alcun valore di scambio. E afferma esplicitamente di non credere ai concetti di "Stato democratico" o di "Stato libero". Lo Stato dovrebbe restare subordinato alla società fino a scomparire del tutto. Esso non può essere considerato come un ente indipendente dalla società, cioè non può mai essere più "libero" della società che rappresenta.
http://www.homolaicus.com/teorici/marx/gotha.htm
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Enrico Galavotti
Tuesday, 17 October 2017 14:44
Se non ci fosse stato lo stalinismo, ci sarebbe stata più resistenza nei confronti dei nazisti, soprattutto in Ucraina, Bielorussia e regioni Baltiche; inoltre si sarebbe reagito prima, poiché Stalin credeva, in forza del patto Ribbentrop-Molotov, che Hitler non avrebbe mai attaccato, per cui non fece nulla per difendere i confini e non credeva neppure agli allarmi che gli arrivavano.
La Russia ha vinto per merito dei russi non per merito di Stalin, che aveva, poco prima dell'attacco di Hitler, fatto sterminare, nelle sue purghe, buona parte dei generali e degli ufficiali.
www.homolaicus.com/teorici/stalin/
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Mario Galati
Tuesday, 17 October 2017 12:04
Dimenticavo una considerazione non marginale. Vedo ripetuta la solita propaganda borghese infamante contro Stalin e l'Unione Sovietica. Si mettono i milioni di morti subiti dai sovietici, non sul conto di Hitler, del nazifascismo e della guerra d'aggressione coloniale capitalistica, ma sul conto di colui e di coloro che costruirono le basi della resistenza, resistettero con eroismo e spirito sovietico, a costo di inauditi sacrifici e tragedie, e vinsero. Trovo la cosa disonorevole.
C'è stata e c'è ancora una sinistra che fa da cassa di risonanza alla propaganda di Goebbels e alla falsificazione storica più grossolana e interessata.
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Mario Galati
Tuesday, 17 October 2017 11:52
Lo stato (borghese) non è una creazione metafisica della borghesia. E' il prodotto dello sviluppo dell'economia e della società borghese. Tu ne parli in termini metafisici, come di un semplice prodotto della volontà di classe, e non delle necessità economico-sociali del modo di produzione capitalistico.
Mi dispiace, ma di "stato comunista" parla proprio Marx, nella Critica al programma di Gotha, e ne parla esplicitamente Gramsci. E Lenin lavorò duramente proprio a rafforzare lo stato socialista di transizione, la dittatura del proletariato, contro ogni anarchismo (di stampo piccolo borghese, poichè convengo che nella dottrina dell'estinzione dello stato c'è anarchismo) e utopismo o, peggio, disfattismo e capitolazionismo piccolo borghese.
E' evidente che non ci possiamo intendere. Ora si capisce bene il perchè. Tu pensi a ripristinare il comunismo primitivo. Il che, nella situazione attuale, corrisponde oggettivamente ad un programma reazionario.
La riappropriazione delle forze produttive da parte della società intera, cioè dei lavoratori associati, richiede un'organizzazione adeguata, oltre che una necessaria fase di transizione molto dura e complessa. Non è ammessa alcuna faciloneria e dabbenaggine.
Il fine è una società nella quale le regole sociali sono osservate con la partecipazione e l'adesione spontanea degli associati (non una società senza regole, evidentemente, come era nel pensiero anche di molti pensatori anarchici, e di Marx), non con la forza coercitiva esterna dello stato, quale espressione del dominio di una parte della società sull'altra. Su questo fine credo che siamo d'accordo.
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Enrico Galavotti
Tuesday, 17 October 2017 08:33
Ti rendi conto che nella sostanza non c'è nessuna differenza tra la tua concezione di Stato e quella di Gentile? Gli Stati sono una creazione borghese voluta contro l'aristocrazia feudale, ma ne hanno fatto uno strumento contro qualunque forma di democrazia, soprattutto contro quelle locali.
Noi dobbiamo realizzare una sorta di riedizione del comunismo primitivo, in cui la società si autogovernava, senza bisogno di alcuna entità metafisica ad essa esterna. Parli dello Stato come se fosse una divinità. Se la Russia non avesse avuto lo stalinismo, sarebbe ancora un paese socialista e nella guerra contro i nazisti non avrebbe avuto 25 milioni di morti.
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Mario Galati
Monday, 16 October 2017 21:35
Concezione centralista, non centralizzata, come nel testo manipolato dal t9.
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Mario Galati
Monday, 16 October 2017 21:31
Certo. È vero. Estinzione dello stato. Il problema è: dello stato come apparato burocratico coercitivo esterno, dello stai "nel senso proprio della parola", dello stato borghese, o di ogni forma di organizzazione sociale? E questa organizzazione non è lo "stato comunista" della Critica al programma di Gotha o lo stato comunista di Gramsci? E l'estinzione è immediata o occorre un periodo di transizione, la dittatura del proletariato? E quanto può durare questa transizione? E cosa accade in una concreta situazione mondiale come quella dinanzi a Lenin ed ai bolscevichi, come ebbe modo di constatare proprio Lenin? E se l'estinzione dello stato, nella situazione concreta risultasse intriso di utopismo?
Marx, Lenin, ecc., erano centralisti e "totalitari" (che scandalo), non nel senso dei liberalucoli alla Harendt.
Adottando il principio che tu proponi (Più il potere si allontana dalle istanze locali e particolari, più deve diluire e diradarsi) si giunge, infine, alla libertà individuale borghese. Localismo, federalismo, "dal basso verso l'alto", ecc. , erano le parole d'ordine degli anarchici. In effetti, invece, il pensiero di Marx era debitore di Rousseau. L'altro "totalitario", secondo i liberali.. Se si guarda alla concezione di Lenin del partito, si può verificare cos'è la concezione centralizzata in una sua applicazione pratica (Un passo avanti, due indietro).
Dubito che se l'URSS, invece di accelerare l'industrializzazione e la collettivizzazione dell'agricoltura, l'apparato militare, tutta l'organizzazione statale, si fosse limitata a contare sull'unità del popolo invincibile, sarebbe sopravvissuta un solo giorno dopo la rivoluzione.
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Enrico Galavotti
Monday, 16 October 2017 16:52
Lenin parlava in Stato e rivoluzione di “estinzione dello Stato”, esattamente come Engels.
www.homolaicus.com/teorici/lenin/estinzione_stato.htm E l'Urss doveva progressivamente smantellarlo, non rafforzarlo dietro il pretesto che il capitalismo fa di tutto per abbattere il socialismo. Quando un popolo è unito (e non può esserlo perché lo vuole lo Stato), non c'è oppressore che tenga.
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Mario Galati
Monday, 16 October 2017 16:34
Siamo su due piani diversi quanto al processo storico e organizzativo-istituzionale. Mi sembra di poter dire, però, che la tua non è la prospettiva marxiana. Non secondo la mia interpretazione "autentica", come certamente replicherai, ma secondo la lettera e la concezione di Marx e di tutti gli autorevoli marxisti che ne sono seguiti. A cominciare da Lenin e Gramsci. Se si parte da una prospettiva anarchica, hai ragione tu.
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Enrico Galavotti
Monday, 16 October 2017 11:26
O lo Stato lo occupi con una rivoluzione per eliminare la borghesia, dopodiché elimini progressivamente lo stesso Stato, altrimenti crei un mostro come il “socialismo reale”, oppure ne riduci il più possibile la forza ampliando i poteri delle autonomie locali, mediante il federalismo, la democrazia diretta, gli enti locali territoriali, in attesa di capire che non basta Rousseau, ci vuole anche il comunismo. Non ci sono altre vie.
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Mario Galati
Monday, 16 October 2017 11:09
Tutto preoccupava Marx, tranne il cosiddetto "totalitarismo" nella versione banalizzata liberale, harendtiana, per intenderci.
Ciò che marx contestava nella dialettica e nella concezione dello stato hegeliane era il teleologismo insito nell'idealismo e l'apologetica dello stato esistente (borghese).
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Enrico Galavotti
Monday, 16 October 2017 07:43
Bisogna saper distinguere la concezione hegeliana della dialettica, che sicuramente era molto avanzata, dal suo modo di applicarla alla società del suo tempo, ch'era molto conservatore. Marx aveva facilmente individuato che Hegel, facendo dello Stato il garante della società e non una sua semplice espressione (destinata a essere superata), poneva le basi della dittatura di regime.
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Mario Galati
Sunday, 15 October 2017 21:50
Sputiamo su Hegel" è lo scritto di una femminista di "sinistra", se non sbaglio. A questo è giunta la regressione di tanta sedicente sinistra, se mai è stata avanzata.
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Mario Galati
Sunday, 15 October 2017 21:48
"Sputiamo su Hegel" è lo scritto di una femminista di "sinistra", se non sbaglio. A questo è giunta la regressione di tanta sedicente sinistra se mai è stata avanzata.
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Enrico Galavotti
Sunday, 15 October 2017 11:24
Il giovane Marx detestava Hegel proprio per la sua concezione dello Stato http://www.homolaicus.com/teorici/marx/diritto_pubblico2.htm
E in fondo aveva ragione, perché le radici dello Stato etico e totalitario sono proprio in Hegel.
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Eros Barone
Sunday, 15 October 2017 01:01
Questo articolo, che parte con l'intento di "épater le bourgeois" esponendo alcuni dati concreti, si conclude all'insegna di un generico appello al sano buon senso (se tale è il senso del volenteroso sintagma: "discutere della realtà"). Giustamente Galati si chiede: "Se tutto ciò non è sufficiente per assumere una posizione a favore o contro l'indipendenza, non capisco cos'altro occorra. E' necessario che l'indipendentismo catalano si raduni sotto le bandiere della Lega Nord contro Madrid ladrona ed Estremadura terrona?". Al secessionismo esaltato da Galavotti mi piace rispondere invece con una citazione di Hegel (si sa che i marxisti hanno un debole per questo pensatore): "Le comunità locali sono i vermi del cadavere in decomposizione dello Stato". Il filosofo di Stoccarda si riferiva agli individui, ma nel presente contesto si adatta ottimamente anche all'idiotismo particolarista delle "comunità locali".
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Enrico Galavotti
Saturday, 14 October 2017 19:28
Tutti hanno diritto alla democrazia diretta. I poteri da concedere alle istituzioni statali o nazionali devono essere inversamente proporzionali alla distanza che le separa dalle comunità locali. Gli Stati nazionali sono un'astrazione della borghesia nata mezzo millennio fa. Tutto quanto può servire per ridurne il peso e l'entità va tutelato, a condizione ovviamente che aumenti il potere delle comunità locali, le sole che possono decidere il proprio destino.
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Mario Galati
Saturday, 14 October 2017 18:41
Perciò, secondo Galavotti, i vari "padani" hanno il diritto alla secessione se non si concede loro ciò che desiderano. È quanto si deduce dal suo intervento.
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Enrico Galavotti
Saturday, 14 October 2017 08:28
Resta comunque la questione di principio: l'Europa dei Popoli va considerata più importante dell'Europa degli Stati. Se i governi nazionali non sono capaci di trovare delle mediazioni con le comunità locali, queste hanno diritto alla secessione.
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Enrico Galavotti
Saturday, 14 October 2017 08:28
Resta comunque la questione di principio: l'Europa dei Popoli va considerata più importante dell'Europa degli Stati. Se i governi nazionali non sono capaci di trovare delle mediazioni con le comunità locali, queste hanno diritto alla secessione.
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Mario Galati
Thursday, 12 October 2017 23:29
Contro Madrid ladrona...
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Mario Galati
Thursday, 12 October 2017 23:28
L'autore conferma che, se non la più ricca, la Catalogna è una delle regioni più ricche della Spagna. Che la disoccupazione, pur rilevante, è inferiore alla media spagnola. Che, tuttavia, non tutti se la passano così bene e che vi sono strati sociali in difficoltà, a cominciare dai lavoratori e dai disoccupati, bisogna presumere. Che l'indipendentismo è trascinato dalla piccola borghesia e che la grande borghesia non è favorevole. Che l'autonomia fiscale è un motivo essenziale dell'indipendentisti. (Che l'autonomia fiscale è un motivo piccolo borghese, cavalcato con discrezione dal grande capitale, e soluzione illusoria e opportunistica per lavoratori e disoccupati, aggiungerei io). Che una relativa autonomia la Catalogna ce l'ha già, pur non essendo, ovviamente, indipendenza. Che l'antifranchismo di maniera non è stato onestamente messo in primo piano dall'autore, il quale si è limitato a richiamare generiche, pur realmente esistenti, pulsioni e tradizioni indipendentiste.
Se tutto ciò non è sufficiente per assumere una posizione a favore o contro l'indipendenza, non capisco cos'altro occorra. E' necessario che l'indipendentismo catalano si raduni sotto le bandiere della Lega Nord contro Madrid padrona ed Estremadura terrona?
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