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sinistra

Cercando strategie

Appunti di Gianni Marchetto

Una domanda

Se devo cercare tra le rivoluzioni sociali degli ultimi 2 secoli, non ho dubbi alcuno di fare riferimento all’unica rivoluzione riuscita: quella dei borghesi del 1789 in Francia. Le altre (quella russa del 1917, quella cinese del 1949, quella cubana del 1958), mi dicono di non replicarle in quanto sono fallite.

 

Una corrente di pensiero

Perché bisogna imparare da quella dei borghesi: perché questa corrente di pensiero dice così che non si dà nessuna rivoluzione sociale se prima nella società precedente non ci sono dei “testimoni” che giustificano il salto rivoluzionario: è chiamato il “nodo della continuità”. Testimoni significa delle esperienze concrete legati a gruppi di persone che stanno lì a giustificarne l’esistenza. Un esempio: L’Encyclopedie di Diderot e d’Alembert.

 

Il “cuore”

La moderna storiografia individua alcune località in cui si è insediato il cosiddetto “cuore” dell’innovazione: tecnologica, ambientale, sociale, ecc.

Sappiamo che il primo “cuore” si è spostato prima da Venezia, che attorno al 1200/1300 era il più grande cantiere del mondo allora conosciuto (faceva le navi anche per i suoi nemici – i saraceni - e aveva una sorta di catena di montaggio per costruirle), alle Fiandre dove un gruppo di artigiani (falegnami) inventarono il timone (al posto del remo delle navi veneziane) che con un diverso uso delle vele triangolari permise alle navi transoceaniche di attraversare il mare andando controvento (gli alisei): ciò permise a C. Colombo di attraversare l’Oceano Atlantico per approdare alle sue “indie occidentali”. Nei fatti, nel giro di pochi decenni abbiamo il primo esempio di “globalizzazione”. Accanto a Venezia abbiamo Milano, Genova e Firenze che nei fatti furono la culla della nascente borghesia (mercantile).

Sempre nelle Fiandre nel giro di qualche secolo crebbe una nutrita schiera di idraulici che strapparono la terra al mare con opere grandiose di ingegneria idraulica. Poi il cuore si spostò in Inghilterra: a Londra, Manchester, Liverpool, con la prima rivoluzione industriale (estrazione del carbone e produzione dell’acciaio). Quindi negli USA a Boston (attorno al M.I.T.) e a Chicago. Qui questo “cuore” si è caratterizzato per le produzioni di massa improntate al Taylorismo e al Fordismo.

Ora sta in California nella Silicon Valley

 

Una ulteriore domanda

  • Il “bruco” è ben rappresentato dalla “Encyclopedie” di Diderot e D’Alembert;

  • La “farfalla” è nella Rivoluzione Francese (dei borghesi);

  • C’era un “bruco” di questo genere nella Russia prerivoluzionaria? E c’era in Cina o a Cuba? ASSOLUTAMENTE NO. ERA COMPLETAMENTE ASSENTE. Quindi erano rivoluzioni che non avevano in sé il “nodo della continuità”: mancava il bruco!

 

Il “bruco e la farfalla”

Accanto a quel “bruco e a quella farfalla” abbiamo tutt’ora quanto quella Rivoluzione (borghese) ci ha lasciato: un diritto del tutto nuovo (fondato sulla proprietà privata) – la separazione tra stato e chiesa – la prima globalizzazione con la “scoperta delle Americhe” – il colonialismo – lo schiavismo e un eccetera sconfinato. Non c’è stato campo in cui la borghesia non abbia rivoluzionato quanto c’era in precedenza;

Buon ultimo, un individuo (il borghese), solo e in perenne competizione con il rimanente degli altri suoi simili;

Per tutto vale il magnifico libro di Karl Marx “Il Manifesto del Partito Comunista”.

 

Quale condizione per ritentarci

La condizione è che si parta dal riconoscimento di una comunità scientifica allargata, cioè che le capacità di “problem solving”, non risiedono unicamente nella testa degli “esperti tecnici” della comunità scientifica tradizionale (tra i quali anche i politici di professione), ma nell'agire sociale, in quanto è presente a tutti i livelli un esperto grezzo, ricco di capacità e di competenze, al quale va dedicata attenzione e riconoscimento.

Si tratta di mettere a confronto con pari dignità “esperienza e scienza” su tematiche definite e anche su obiettivi modesti. Ciò non significa fare solo da spugna nei confronti di questi, ma di misurarsi alla pari con un salutare “corpo a corpo”, evitando la pratica di quel “leninismo straccione” che vuole le teste delle persone come delle vasche vuote in attesa di essere riempite dal verbo dei “sapienti” (= il Partito e i suoi moderni “sacerdoti”).

Occorre avere coscienza che gli attuali programmi che vengono stilati in occasione delle ricorrenti elezioni non tengono conto di una realtà condizionata dai due “patti di stabilità: il primo (esterno) voluto dai burocrati della UE, il secondo (interno) voluto, accettato, da qualsiasi governo in carica nel nostro paese, che nei fatti si traduce nel fare diventare dei “gabellieri” i nostri futuri amministratori. Il che significa ridurre ai minimi termini l’altro “patto di stabilità”, quello più importante, quello con i propri cittadini.

 

Quale “bruco” del movimento operaio ai giorni nostri

  • Intanto si tratterebbe di imitare quanto fatto con la “Encyclopedie”: quali sono le “invenzioni e le conquiste” del movimento dei lavoratori e dal quel dì (metà dell’800) quando presero coscienza di sé;

  • DOMANDA: c’è in giro qualche Diderot e qualche D’Alembert che si voglia cimentare nel mettere nero su bianco quanto fatto (nel bene e nel male)?

  • Il nostro “bruco” deve avere un atteggiamento critico nei confronti di quanto è stato fatto dalla borghesia: ergo non dare per scontato niente specie per quanto riguarda lo sviluppo della “tecnologia” per il suo rapporto con gli uomini e con l’Ambiente/Natura;

  • E operare un “cambio di paradigma”: dall’hardware al software. Ergo mettere al centro gli uomini e i loro modelli culturali, poi le cose. Queste al loro servizio.

  • Ribaltare la competizione in cooperazione: è più complicato però è molto più produttivo;

  • Così facendo mettendosi in competizione (anche l’Italia) come incubatore di un nuovo “cuore”.

 

Con quale strategia

  • Sfruttare al massimo tutte le “capacità cerebrali” dell’individuo (vedi N. Wiener): nei luoghi di lavoro e sul territorio. Nei luoghi di lavoro raccogliendo tutta l’esperienza che i migliori tra i lavoratori hanno accumulato, esperienza che andrebbe normata per renderla trasmissibile – sul territorio andando al recupero di tutta l’esperienza accumulata negli “esperti grezzi” da mettere a confronto con quella degli “esperti tecnici”;

  • Nei luoghi di lavoro andando anche se gradualmente al superamento della attuale “divisione del lavoro”, puntando sulla “carriera dell’operaio”;

  • Sul territorio andando all’obiettivo di creare delle zone liberate (dal liberismo);

  • Operare per la riunificazione del mondo del lavoro: tra occupati e disoccupati, precari. Oggi molto divisi tra le varie centrali sindacali: occorrerebbe a questo proposito avere un compromesso nei luoghi di lavoro: una parte dei Delegati eletti su scheda bianca e una parte eletti su liste. Così come chiedere alle stesse centrali sindacali di farsi promotrici della costruzione di moderne “Società di Mutuo Soccorso” a livello territoriale. Questo per fare una opera di resistenza e di difesa rispetto al degrado ormai evidente sul Welfare che non tornerà più quello che abbiamo conosciuto in anni precedenti, dovuto alla crisi ormai sistemica dell’attuale capitalismo.

  • Andando al matrimonio tra “esperienza e scienza”: non avendo più solo il rapporto con le sole discipline umanistiche, ma accanto a queste privilegiare le discipline scientifiche.

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