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gliocchidellaguerra

Lo sporco segreto di Raqqa

I jihadisti dell’Isis lasciati scappare

di Matteo Carnieletto

Negli ultimi momenti di Raqqa, le notizie che arrivavano dall’ultima roccaforte delle bandiere nere erano frenetiche e contraddittorie. Inizialmente si diceva che i foreign fighter sarebbero dovuti rimanere in città e che i jihadisti locali sarebbero potuti scappare – grazie a un accordo stipulato con i curdi – a Deir Ezzor. Ma poi un’altra agenzia affermava che tutti i terroristi potevano allontanarsi da Raqqa. Come mai?

Ora, un’inchiesta della Bbc cerca di far luce su quei momenti, rivelando “lo sporco segreto” di Raqqa. In pratica, ai terroristi dello Stato islamico (circa 250 persone più le loro famiglie) sarebbe stata concessa una fuga sicura verso la provincia di Deir Ezzor e, da qui, alcuni avrebbero intrapreso un viaggio verso la Turchia o altre città della Siria.

L’accordo sarebbe dovuto rimanere segreto, ma nei giorni successivi alla liberazione della città, hanno cominciato a circolare su internet alcune fotografie di autobus verdi – quelli usati per evacuare i ribelli ad Aleppo, per capirci – parcheggiati nella periferia di Raqqa. In molti, già all’epoca, avevano ipotizzato che quei mezzi servivano a trasportare i terroristi. Ma erano solamente ipotesi. Oggi, l’inchiesta della Bbc racconta un’altra verità. Ben più inquietante, anche perché tra i jihadisti scappati ad inizio novembre c’erano anche alcuni francesi pronti a compiere attentati in Europa in quello che viene definito “il giorno del regolamento dei conti”.

Durante la trattativa tra i combattenti curdi e quelli dello Stato islamico erano presenti anche alcuni rappresentanti della Coalizione a guida Usa che, però, non hanno avuto alcun ruolo attivo nella discussione. Secondo il dossier raccolto dalla rete britannica, gli uomini delle Sdf avevano proposto un affare da migliaia di dollari ai conducenti dei pullman e degli autobus affinché mantenessero il segreto. Quei soldi, però, non sono mai arrivati e, così, i conducenti dei mezzi hanno deciso di parlare. Abu Fawzi, il nome è di fantasia, ha raccontato alla Bbc il suo “viaggio all’inferno e ritorno”, tra minacce e terrore: “Abbiamo cominciato ad avere paura nel momento in cui siamo entrati a Raqqa. Pensavamo di entrare in città con le Sdf, ma ci siamo andati da soli. Non appena siamo entrati abbiamo visto i combattenti dell’Isis con le loro armi e con cinture suicide addosso. Hanno installato trappole esplosive sui camion. Se qualcosa fosse andato storto, avrebbero fatto saltare in aria tutto il convoglio. Anche i bambini e le donne indossavano le cinture esplosive”.

Un altro conducente racconta: “Abbiamo trasportato 4mila persone tra donne e bambini. Quando siamo entrati a Raqqa pensavamo che avremmo dovuto trasportare 200 persone. Ma nel mio solo veicolo ne ho portate 112”.

L’accordo siglato tra le Sdf e i jihadisti prevedeva che nessun bandiera sarebbe stata esposta. Non doveva essere una fuga e, soprattutto, non si doveva scalfire l’immagine gloriosa, almeno sulla carta, della liberazione di Raqqa.

La colonna dei combattenti dell’Isis era lunghissima. I conducenti parlano di alcuni chilometri ed è difficile da non credere, dato che era composta da 45 camion, 13 pullman e un centinaio di veicoli dell’Isis. Il convoglio è stato a lungo seguito da alcuni aerei della Coalizione che avevano lo scopo di controllare che l’operazione andasse a buon fine.

Come ha scritto Giordano Stabile su La Stampa, “l’evacuazione ha permesso la conquista di Raqqa un mese prima del previsto, ma ha lasciato a piede libero centinaia di terroristi, decine europei”.

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