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gennaro zezza

Quanti disoccupati?

di Gennaro Zezza

Il tasso di disoccupazione è una delle misure sintetiche rilevanti – insieme al tasso di crescita del PIL reale – sullo stato di salute del sistema economico. La sua definizione precisa è basata su accordi internazionali, per consentire la comparabilità dei dati tra diversi Paesi, e i questionari della Indagine trimestrale sulle Forze di Lavoro includono delle domande standardizzate, sulla base degli accordi presi.

Tuttavia, si può discutere su quanto la attuale definizione di “occupato” e “disoccupato” sia efficace per descrivere lo stato di salute del mercato del lavoro, e la possibilità di allargare o restringere la definizione dei due aggregati ha portato ad includere nei questionari ulteriori domande (in Italia dal 2004), che consentono di calcolare indicatori alternativi dei livelli di occupazione e disoccupazione.

Allo stato attuale è classificato come “occupato” chiunque, di età superiore ai 14 anni, abbia lavorato almeno un’ora nella settimana di riferimento, a fronte di una retribuzione (1). È invece considerato “disoccupato” chi soddisfa tutti i seguenti requisiti:

Le “forze di lavoro” sono date dalla somma degli occupati e dei disoccupati, mentre tutti quelli che non rientrano in queste due categorie sono definiti “inattivi”.

Il tasso di disoccupazione ufficiale è calcolato dal rapporto tra i disoccupati e le forze di lavoro: nel secondo trimestre del 2017, il tasso di disoccupazione risultava pari all 11,2%.

Dalle definizioni sopra riportate, risulta evidente che la definizione di “occupato” tende ad essere molto ampia, mentre la definizione di “disoccupato” piuttosto ristretta, e questo può implicare che il tasso di disoccupazione sottostimi lo stato di salute del mercato del lavoro. Dalle informazioni disponibili nelle indagini è possibile disaggregare ulteriormente le categorie degli inattivi e degli occupati, offrendo una visione più dettagliata del mercato del lavoro.

In Tabella 1 riportiamo una possibile scomposizione della popolazione italiana, come risulta dai dati Istat relativi al secondo trimestre del 2017.

 

Tabella 1. Popolazione per condizione lavorativa al 2° trimestre 2017 (migliaia)
P1. Popolazione di età inferiore a 15 anni 8,185
P2. Popolazione di 15 anni e più 52,072
F. Forze di lavoro 25,895
– F1. Occupati 22,985
– – F11. Occupati “veri” 20,400
– – F12. Part-time involontario 2,586
– F2. Disoccupati 2,909
I. Inattivi 26,177
– I1 Forza lavoro potenziale 3,236
– I2 Pensionati ed altri inattivi 22,941
P. Popolazione totale 60,258
Fonte: dati.istat.it

 

Negli “indicatori complementari” sul mercato del lavoro, l’Istat pubblica, dal 2004, una statistica sui “sottoccupati” ed una sugli “occupati con part-time involontario”. Nella prima categoria (pari a 763,972 persone nel secondo trimestre 2017) rientrano quelli che hanno un impiego part-time, e sarebbero disposti a lavorare più ore nelle due settimane successive a quella di riferimento. Nella seconda categoria rientrano invece coloro che lavorano a tempo parziale perché non hanno trovato un lavoro a tempo pieno(2). Le due categorie si sovrappongono almeno in parte, presumibilmente, e il calcolo dell’unione dei due insiemi richiederebbe un lavoro sui microdati che esula dagli scopi di questo articolo. Abbiamo quindi deciso di includere solo il secondo gruppo in Tabella 1.

Inoltre, l’Istat rileva, tra gli inattivi, coloro che sono disponibili a lavorare ma non hanno svolto azioni di ricerca, oppure sono disponibili a lavorare, ma non nelle due settimane successive a quella di riferimento, ecc. Questa categoria di persone, formalmente inattive ma disponibili al lavoro, sono definite “forza lavoro potenziale”.

E’ quindi possibile calcolare ulteriori indici del tasso di disoccupazione, estendoli alla forza lavoro potenziale e ai lavoratori in part-time involontario. Utilizzando le definizioni proposte dal Bureau of Labor Statistics(3), possiamo calcolare il tasso di disoccupazione U5, che si ottiene aggiungendo – al numeratore e al denominatore del tasso di disoccupazione ufficiale U3 – le forze di lavoro potenziali, e il tasso di disoccupazione U6, ottenibile aggiungendo al numeratore i lavoratori in part-time involontario. Utilizzando la classificazione di Tabella 1, abbiamo in simboli:

U3=F2/F; U5=(F2+I1)/(F+I1); U6=(F2+I1+F12)/(F+I1)

Riportiamo l’andamento dei tre tassi in Figura 1, per il periodo in cui sono disponibili dati (2004-2017).

fig1 eep

Nella sua definizione più estesa, il tasso di disoccupazione – che alcuni propongono di definire “tasso di non-occupazione” era al secondo trimestre 2017 al 30 percento.

La crisi economica iniziata nel 2007 ha comportato un aumento dei disoccupati (F2) di 1,8 milioni di unità tra il minimo nel secondo trimestre 2007 al picco nel 2014, ma utilizzando la definizione più estesa (F2+I1+F12) l’aumento nel numero dei non-occupati è stata, nello stesso periodo, di 4,2 milioni di unità.

Il grafico mostra che, dal 2014, le tre misure di disoccupazione si vanno riducendo (di 345mila unità per F2, e di 723mila unità per la misura estesa, al secondo trimestre 2017), ma ad un ritmo blando per far sperare in un ritorno rapido alla situazione pre-crisi.

Inoltre, l’analisi svolta mostra che, se per ridurre la disoccupazione “ufficiale” si fa un ricorso sempre più massiccio a forme di sottoccupazione, lo stato di salute del mercato del lavoro, e quindi degli italiani, non migliorerà in modo sensibile.

Per chiudere: come si risponde alla domanda nel titolo di questo post? Se consideriamo la disoccupazione “ufficiale”, a Giugno 2017 i disoccupati in Italia erano 2,9 milioni. Se consideriamo la disoccupazione estesa qui discussa, erano 8,7 milioni.


Note
1) E’ classificato anche come “occupato” chi era assente dal lavoro per ferie o malattia nella settimana di riferimento. Chi ha svolto lavoro non retribuito non è invece classificato come occupato. Si veda EU labour force survey – methodology
2) Ringrazio Claudio Ceccarelli dell’Istat per avermi fornito le definizioni esatte.
3) Si vedano le note tecniche.
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