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Siria, perché Putin non reagisce agli attacchi di Israele contro l’Iran

di Lorenzo Vita

Israele continua a colpire in Siria, Paese alleato della Russia e in cui Vladimir Putin ha investito soldi, uomini e buona parte della sua politica estera. L’ultimo attacco, quello di stanotte, ha visto bersagliata dai jet israeliani una base a sud di Damasco considerata un deposito di missili iraniani o di Hezbollah. Le notizie sono ancora poche e contraddittorie. Ma Israele non ha negato di aver realizzato il raid. E anche questa volta, ci sono stati dei morti.

Dopo questo radi, la domanda che tutti iniziano a porsi è perché Putin non reagisce. Israele, così come l’Occidente nell’ormai noto attacco alle basi siriane ritenute coinvolte nel presunto arsenale chimico di Bashar al Assad, colpisce ormai da mesi in territorio siriano. Prima con cautela. Adesso quasi a voler dimostrare di poter agire indisturbato. E ci si domanda perché Mosca, alleato fondamentale di Damasco, non attivi più i suoi sistemi di difesa aerea né tuoni, come faceva prima, contro i recenti raid di Tel Aviv.

La questione in realtà è molto più profonda di quanto possa sembrare. E la Russia, in particolare Putin, si trova a dover affrontare un momento estremamente delicato in cui si innescano strategie e rapporti internazionali potenzialmente conflittuali. È un tempo di scelte che la guerra al terrorismo aveva rimandato, ma che adesso, con la fine dello Stato islamico, stanno lentamente tornando a galla. E Mosca deve decidere, controvoglia, da che parte stare.

I raid israeliani hanno uno scopo preciso nei confronti della strategia russa. Come scrivemmo su questa testata, l’obiettivo ècostringere il Cremlino a prendere posizione. E questa posizione, evidentemente, è o con Israele o con l’Iran. Tertium non datur, specialmente se a essere colpita è la Siria, Paese alleato e perno della strategia mediorientale di Mosca.

 

Una scelta difficile

Dal punto di vista russo, è chiaro che scegliere è quanto di più difficile e indesiderato. Israele è un partner storico e un Paese con cui non vuole avere conflitti. Moltissimi cittadini israeliani sono di origine russa. I rapporti economici fra i due Stati sono ottimi. E in Medio Oriente, avere un amico a Tel Aviv fa sempre molto comodo. E la Russia non vuole diventare l’automatico alleato dei nemici di Israele, anche per una questione di immagine. 

Dall’altro lato, l’Iran è stato e rimane un partner imprescindibile nella guerra al fianco della Siria. Le forze iraniane e quelle legate all’Iran, cioè tutta la galassia di milizie sciite presenti in Siria, costituisce l’architrave per la vittoria definitiva di Assad sui ribelli. Senza Teheran non ci sarebbe stata alcuna vittoria. E il blocco di Astana, con il coinvolgimento della Turchia, è un simbolo di quest’asse fra Iran e Russia in cui si intrecciano anche importanti e fruttuosi rapporti economici. Specialmente in chiave anti americana e con uno sguardo all’espansione cinese.

L’obiettivo di Benjamin Netanyahu è chiarissimo: spaccare l’asse fra Putin e Hassan Rohani. Un asse che, va ricordato, non è necessariamente un’alleanza a tutto tondo. Sbaglia chi crede che Iran e Siria abbiano interessi del tutto sovrapponibili. Per l’Iran, la Siria è una pedina fondamentale nell’espansione della sua politica verso il Mediterraneo. Per la Russia, la Siria è un avamposto nel Medio Oriente e nel Mediterraneo orientale.

Ma a Mosca, l’idea che la Siria sia sottoposta al controllo iraniano, non è un qualcosa che attragga particolarmente. Soprattutto perché questo significa, a medio e lungo termine, avere continuamente il rischio di una guerra regionale con Israele e l’Arabia Saudita. Guerra che metterebbe in pericolo il governo di Damasco e, di conseguenza, un alleato russo.

 

L’incontro e la possibile soluzione

Oggi, l’incontro fra Putin e Netanyahu a Mosca, in occasione della giornata della Vittoria, potrebbe essere molto utile per capire come si evolverà la capacità di risposta della Russia. Il premier israeliano ha ribadito, poco prima di partire per la capitale russa, l’importanza di un “coordinamento continuo” tra l’esercito israeliano e quello russo sullo sfondo degli eventi in Siria. Ed ha anche ringraziato Putin per “la possibilità di discutere i modi per rimuovere le minacce regionali”.

Il presidente russo tergiversa. Sa che qualsiasi reazione può comportare conseguenze molto gravi sulla sua strategia siriana. Se decidesse di imporre un ombrello totale sulla Siria, scatenerebbe l’ira di Israele. Ma è anche possibile che, lasciando che gli aerei israeliani colpiscano le basi iraniane in Siria, peggiori i rapporti con Teheran.

L’unica soluzione, almeno per il momento, sembra essere quella che il Cremlino si impegni a fare in modo che gli iraniani, le milizie di Hezbollah e le altre forze sciite, si allontanino dal confine israeliano. Ma può imporre questa decisione all’Iran sopo l’annuncio di Donald Trump sul nucleare e l’ennesimo raid di Israele? Intanto, Putin incassa. Ma il timore è che appaia come un pugile formidabile nell’incassare ma mai deciso a dare il colpo del k.o.

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