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Appunti sul mutamento della “Piattaforma tecnologica” del capitalismo contemporaneo

di Alessandro Visalli

Quello che presento è un ragionamento del tutto provvisorio su ciò che sta cambiando nella contemporaneità e che vediamo manifestarsi in una serie di indizi, come l’affermazione di Donald Trump e la Brexit, le politiche monetarie, le tensioni commerciali e i tentativi di riposizionamento geostrategico, le nuove proposte propriamente tecnologiche e la loro evoluzione, la dinamica sociale con particolare riferimento alle relazioni tra centri e periferie. L’idea è di provare a guardare a questo ipercomplesso processo attraverso il costrutto analitico di “Piattaforma Tecnologica”. La tesi fondamentale è che si possa intravedere dentro fenomeni disparati al momento in via di consolidamento (i più importanti dei quali si sono verificati nel 2016 nel mondo anglosassone) l'avvio di un ulteriore cambiamento della “Piattaforma Tecnologica” del capitalismo.

Ovvero del set di funzionamenti essenziali, punti di convenienza e vantaggio determinati da gruppi di tecnologie convergenti e reciprocamente rafforzanti, quindi dall’insieme di skill favoriti da queste e di know how privilegiati, ma anche da norme sociali e giuridiche che si affermano nella sfera pubblica e privata, e infine da pacchetti di incentivi pubblici e privati. Una “Piattaforma Tecnologica” è, inoltre sempre connessa con un assetto geopolitico che la rende vincente (ed in ultima analisi possibile).

L’idea è, insomma, che si stia passando da una ‘Piattaforma Tecnologica’ del capitalismo ad un’altra, che si affaccia senza essere ancora chiara. La 'vecchia' “Piattaforma Tecnologica” dominante che si è affermata a partire dagli anni settanta inoltrati, consolidandosi tra gli anni novanta e i primi anni duemila, sostituendo quella ‘fordista’, era l'effetto de:

  • la ICT e l'infrastruttura abilitante data dalla concentrazione di expertise e servizi avanzati rari in alcune “città globali” (riferimento ineludibile all'importante libro di Sassen del 1991, ma anche ai suoi libri del 2006 e del 2014);
  • dall’industria a rete lunga, decentrata e caratterizzata da nuove forme di dominazione del lavoro (che poi sono quelle ottocentesche estremizzate);
  • da funzioni bancarie e non, caratterizzate da concentrazione e liberazione dei capitali;
  • dalla deregolazione che si rende necessaria per consentire alle reti di allungarsi ed ai capitali di accompagnarle;
  • dalla fuga fiscale, che è una delle motivazioni primarie e che vede le statualità perdere il millenario braccio di ferro con i capitali;
  • da quello che si potrebbe chiamare lo “scambio deflattivo” compensato dall'economia del debito.

La nuova “Piattaforma tecnologica” in arrivo che si sta imponendo per la sua maggiore convenienza provo invece a descriverla in questo modo:

  • radicalizzazione delle tendenze in corso e connessione ubiqua (ICT + IA + automazione integrale + reti, in reciproco rafforzamento);
  • Industria (e servizi) senza lavoro che diventa tendenzialmente più conveniente dell’industria (e servizi) con lavoro servile (almeno in alcuni settori guida e in via di allargamento);
  • più pronunciata dualizzazione del sistema sociale e produttivo;
  • capitali scopertisi fragili per effetto delle estreme conseguenze dello scambio deflattivo e per l'esaurimento dell'economia del debito; tentativi di riregolazione, che potrebbero comportare anche un riflusso della mondializzazione, quindi nuova cattura fiscale da parte dei poteri territoriali;
  • regionalizzazione competitiva (altamente controversa);
  • Se interpretata da destra, come per ora è, proposta di un nuovo scambio tra sicurezza e controllo.

Per comprendere alcuni di questi fenomeni bisogna però anche cercare di distinguere sistematicamente (cioè metodologicamente) tra una sfera produttiva di beni materiali, influenzata dalla mutazione di “Piattaforma Tecnologica” e quindi soggetta a fenomeni di ricomposizione, ricollocazione, differenziazione, ben visibili, ad esempio, nella cosiddetta “industria 4.0”, ed i diversi settori dei servizi, investiti invece dall'emergere prepotente (ben più visibile) di una “economia del contatto”, volta a connettere, tradurre, uniformare sistemi di segni e pratiche, attraverso “piattaforme” proprietarie monopolistiche.

Qui sono in vista diversi movimenti:

  • la messa in competizione dei soggetti attraverso la neutralizzazione dello spazio (e dunque dei sistemi d'ordine normativo e sociale ad esso connessi),
  • la continua invasione di ambiti “della vita” non soggetti al mercato, dunque l'estensione del processo di “mercatizzazione” (e razionalizzazione) intrinseco peraltro al capitalismo.

In entrambi svolge un ruolo di fluidificazione e di rottura la nuova finanza degli “accelleratori” (cfr. https://sosv.com/, http://acceleprise.vc/), strettamente connessa con il fiume di capitali ‘fiat’ inondati dalle politiche monetarie ultra espansive.

Un effetto ben visibile, ma presumibilmente in evoluzione (se specifiche politiche pubbliche non interverranno, offrendo sicurezza e capacitazione - anziché sicurezza e controllo) è l'incremento della dualizzazione. La creazione, crescita e consolidamento di settori poveri, marginali ma funzionalmente connessi in modo gerarchico, in cui la produzione di beni e servizi avviene con il modello del lavoro povero e servile. E l'espansione contemporanea di settori ricchi, connessi al vertice della catena alimentare, ancorati al lavoro privilegiato, e fortemente investiti dal capitale “accellerante”. Non credo sia il caso di sottolineare quale forma democratica (se resisterà) è idonea a questo modello.

Chiaramente la linea del futuro è comunque aperta, ci sono potenti forze che muovono, ma anche controforze, chi prevarrà dipenderà dalla loro dinamica. Insomma, la storia si determina solo a posteriori. Ciò non implica affatto che non si debba cercare di capirla, di disimplicare la meccanica delle forze, di esporla al giudizio e cercare di farne prevalere alcune.

Più in dettaglio, sta probabilmente diminuendo il vantaggio marginale creato dall’intensificazione dello sfruttamento del lavoro povero, a causa della possibilità di produrre con poco lavoro e più qualificato, mentre salgono gli svantaggi collaterali sul piano politico (cioè della riproduzione simbolica dei mondi vitali dalla cui stabilità dipende in ultima analisi la condizione dell'accumulazione), e salgono al contempo i rischi di protezione di catene logistiche troppo estese nel quadro di un deficit di potenza imperiale che si fa sentire sempre di più, e infine salgono i costi collaterali della repressione finanziaria che si impone per conservare la liquidità di sistema (QE).

Tutto questo esercita una pressione fortissima dal lato del capitale, cioè delle compatibilità di sistema, a trovare nuovi equilibri. Ma dato che ogni equilibrio conserva elementi del precedente, ciò che si produrrà dipenderà anche dalla pressione, dalla resistenza, dalla capacità di creare nuovi segni e nuovi concetti che sapremo definire.

Qui una presentazione del testo alla convention di Fiuggi del Network per il Socialismo (Nse).

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