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sollevazione2

Spread/risparmi: Mattarella mente!

di Broker anonimo

Il 27 maggio è una data che resterà scolpita nella storia della Repubblica. Quel giorno Mattarella ha impedito (lo ribadiamo: con un atto anticostituzionale) la nascita del governo M5s-Lega.

Egli ha quindi giustificato questo atto illegale con una colossale bugia: "la difesa del risparmio degli italiani". Vale la pena riportare per intero le sue panzane:

«E' mio dovere, nello svolgere il compito di nomina dei ministri che mi affida la Costituzione, essere attento alla tutela dei risparmi degli italiani". "L'incertezza sulla nostra posizione nell'euro ha posto in allarme gli investitori e i risparmiatori, italiani e stranieri, che hanno investito nei nostri titoli di Stato e nelle nostre aziende. L'impennata dello spread, giorno dopo giorno, aumenta il nostro debito pubblico, e riduce le possibilità di spesa dello Stato per nuovi interventi sociali. Le perdite in Borsa, giorno dopo giorno, bruciano risorse e risparmi delle nostre aziende e di chi vi ha investito e configurano rischi concreti per i risparmi dei nostri concittadini e per le famiglie italiane. Occorre fare attenzione anche al pericolo di forti aumenti degli interessi per i mutui e per i finanziamenti alle aziende. In tanti ricordiamo, quando prima dell'unione monetaria europea gli interessi bancari sfioravano il venti per cento».

Nei giornali e nelle Tv di regime intonano la stessa antifona terroristica: "se sale lo spread sono minacciati i risparmiatori e cresce il debito pubblico".

Orbene abbiamo chiesto ad un broker (che ci ha chiesto di restare anonimo) il cui mestiere è appunto quello di offrire servizi finanziari a investitori e risparmiatori, come stanno davvero le cose. E che ci ha risposto? L'esatto opposto di quanto ha detto Mattarella.

* * * *

D. Ci puoi parlare del nesso tra costo dello spread e debito pubblico? Questa mattina [ 30 maggio NdR] alcuni giornali parlano addirittura del rischio di default...

R. Non date retta. Leggo alcuni "economisti" per i quali l'innalzamento dello spread (peraltro provocato essenzialmente proprio dalle mosse maldestre del Quirinale) sarebbe costato all'Italia addirittura più di 30 miliardi. Si tratta di una fesseria al limite dell'incommentabile.

Com'è noto lo spread rappresenta (solo) il differenziale del tasso di interesse reale sui titoli di stato italiani rispetto a quelli tedeschi.

E' chiaro che nel lungo periodo l'aumento dei tassi rappresenterebbe un problema per il debito pubblico italiano. Ma ad oggi il costo dell'aumento dello spread di questi giorni è sostanzialmente pari a zero. Avete capito bene: vicino a zero. Questo per il banale motivo che lo spread è calcolato sui prezzi del mercato secondario. Ma lo Stato non opera su questo mercato, nel quale perdite o guadagni riguardano solo altri soggetti (banche, fondi di investimento, privati cittadini).

Facciamo un esempio: se lo Stato ha emesso a prezzo 100 un titolo a 10 anni con interessi x, dopo 10 anni rimborserà quel titolo a prezzo 100 avendo pagato ogni anno l'interesse x. Se nel frattempo sul mercato secondario il valore del titolo muta, verso l'alto o verso il basso, questo per lo Stato non cambia niente.

Giova qui ricordare che i titoli del debito italiano (pari a circa 2300 miliardi) hanno una vita residua media di 7,4 anni. Dunque il grosso del debito non risente minimamente della volatilità dei mercati finanziari.

Il problema sorge solo nel medio-lungo periodo, perché se i tassi aumentano stabilmente lo Stato dovrà applicare interessi superiori ai titoli di nuova emissione. Ma quanti titoli emette annualmente lo Stato? Nel 2017 (anno giudicato particolarmente impegnativo) il tesoro ha emesso 260 miliardi di titoli. Questo vuol dire che se i tassi del mercato secondario si stabilizzassero su un aumento dell'1% rispetto ai valori attesi (ricordiamo che un aumento di 100 punti base equivale appunto all'1%), ed ammettendo un ennesimo importo di 260 miliardi annui, il costo per le casse dello Stato sarebbe di 2,6 miliardi. Cifra certo non disprezzabile, ma ben lontana da quella sparata da certi economisti di regime.

Ma questo calcolo di 2,6 miliardi è del tutto ipotetico, dato che i movimenti dello spread (come si è visto nella giornata di ieri) sono altamente volatili e nessuno può sapere quali saranno i valori futuri, comunque dipendenti assai più dalle scelte della Bce che dalle vicende politiche italiane.

Tornando agli assurdi calcoli che sentiamo fare dai media, facciamo presente che se l'attuale impennata dello spread dovesse durare una settimana il costo sarebbe all'ingrosso di 50 milioni di euro (2,6/52=0,05 md), se invece durasse un mese sarebbe di 216 milioni (2,6/12=0,216). 

Una "cifretta", a ben vedere, rispetto ai conti dello Stato, che smaschera come menzogne le cose che vengono dette.

 

D. C'è davvero un costo per i risparmiatori se sale lo spread?

R. Paradossalmente i risparmiatori non hanno alcun costo per l'aumento dello spread. Siccome essi acquistano normalmente i titoli per portarli alla scadenza, le fluttuazioni giornaliere dei prezzi non hanno per loro (salvo per chi si trovasse con l'urgenza di vendere sul mercato secondario, ma si tratta di una minoranza davvero infima) nessun rilievo. Viceversa, il risparmiatore che si trovasse ad avere una disponibilità finanziaria per investire, avrebbe solo da guadagnare dall'aumento dello spread. Non è difficile capire, infatti, che se ho centomila euro disponibili ed i tassi sono saliti dell'1% ne ricaverò un beneficio annuo di mille euro.

 

D. E qual è l'impatto dello spread sui mutui?

R. I terroristi di regime mentono anche su questo fronte. Non solo non c'è nessun legame meccanico tra spread e mutui, ma addirittura può essere vero il contrario, cioè l'aumento dello spread potrebbe favorire l'abbassamento dei tassi sui mutui. Ce lo spiega Vito Lops sul Sole 24 Oredi stamattina: «Il punto è che i momenti di tensione finanziaria, contrariamente a quanto si può credere in prima analisi, nel breve periodo giocano a vantaggio dei nuovi mutui e non certo ledono quelli già stipulati». Non c'è altro da aggiungere.

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