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eurostop

Potere al Popolo deve assumere una posizione più coraggiosa per la rottura dei Trattati europei

di Sergio Cararo*

Non intendo fare analisi perché cinque minuti sono pochi e occorre andare al merito delle questioni che oggi dobbiamo discutere. Non faccio analisi anche perché la situazione che ormai tutti abbiamo davanti agli occhi è chiarissima: così come accaduto in Grecia nel 2015 oggi sta accadendo nell’Italia del 2018, anche se, ovviamente, con forze soggettive in campo completamente diverse. Lì c’era il governo di Syriza, qui un possibile governo M5S/Lega. Ma il problema che si è prodotto è il medesimo: la gabbia dei diktat e dei trattati europei si chiude e non vengono concessi spazi di negoziazione. Ma se la gabbia si chiude che conclusioni dobbiamo trarne?

Non solo si profilano problemi di contrasto costituzionale tra i dettami dei trattati istitutivi dell’Unione Europea e la Costituzione repubblicana del nostro paese, ma si palesa uno scenario fin troppo nitido per cui rompere la gabbia dei trattati istitutivi della Ue – e dunque dell’Unione Europea istituita dai trattati, su questo non si sono più giochi di parole – diventa inevitabile per qualsiasi ipotesi alternativa al quadro esistente. Se Potere al Popolo ottenesse il 51% dei voti e mandasse uno di noi a negoziare a Bruxelles con gli apparati della Ue, si troverebbe esattamente di fronte agli stessi problemi della Grecia di Tispras e del governo lega/stellato.

A nostro avviso, come compagni che hanno dato vita alla Piattaforma Eurostop e partecipano convintamente all’esperienza di Potere al Popolo, occorre che Potere al Popolo assuma una posizione più nitida e coraggiosa su tale questione.

La richiesta di rottura unilaterale con l’Unione Europea richiama, per alcuni aspetti, l’elaborazione – del tutto incompresa e osteggiata a sinistra – del “delinking” dell’economista marxista Samir Amin prodotta negli anni ’80, in cui indicava lo sganciamento dal mercato mondiale (e dello sviluppo autocentrato) dei paesi più deboli come unica strada per la sopravvivenza.

Riteniamo che Potere al Popolo non possa attestarsi al di sotto della proposta del “Piano B” che dichiara l’Unione Europea e i suoi trattati irriformabili. Quindi predispone ogni paese alla fuoriuscita, anche unilaterale lì dove si rende possibile, e alla costruzione di una nuova area di integrazione regionale – sganciata dai parametri di Maastricht e dai vincoli introdotti successivamente dalla Ue – che molti, in Francia e non solo, indicano in un’area alternativa euromediterranea, tra l’altro unica soluzione “non coloniale” per una gestione cooperativa e dignitosa del problema emigrazione/immigrazione dalla sponda sud del Mediterraneo e dall’Africa. In tal senso la fuoriuscita dalla Nato e una politica estera di neutralità e non colonialista diventano inevitabili.

Concludo invitando Potere al Popolo ad assumere la campagna per la richiesta di un referendum popolare sui Trattati europei come perno per mettere in primo piano la sovranità popolare e la democrazia sulle decisioni strategiche di un paese.

Dunque Piano B, rottura con la Ue/Eurozona e richiesta di referendum ci consentirebbero di cogliere in pieno le contraddizioni che si stanno manifestando dentro quel pezzo di società che ha affidato al M5S (in misura assai minore alla Lega) il suo voto di protesta contro le oligarchie di Bruxelles e l’arroganza delle elite dominanti. E’ un bel pezzo del nostro blocco sociale che invece di guardare – e trovare – a sinistra le risposte che cerca le ha affidate ad altri.

  • Intervento al tavolo del 26 maggio su “Europa, migrazione, internazionalismo” nell’assemblea nazionale di Potere al Popolo tenutasi a Napoli il 26/27 maggio

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