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aldogiannuli

Per chiudere sulla questione di Mattarella

di Aldo Giannuli

Confesso di essere un po’ spaventato per le cose che ho letto anche in questo blog sulla questione di Mattarella e della sua messa in stato d’accusa, e non certo per il livore di alcuni interventi ed anche per le insolenze e gli insulti di parte grillina che non mi impressionano affatto, ma per i danni che la cultura giustizialista ha prodotto sul piano della cultura politica diffusa. Ho cercato –con scarsa fortuna in verità- di separare l’aspetto penale da quello politico, sottolineando il mio prieno dissenso politico dalle scelte del Presidente, torno sulla vicenda solo sul versante giuridico.

Ne riparlo sperando di essere chiaro e procederò per punti.

1. Può il Presidente rifiutare la proposta del Presidente del Consiglio a proposito di un ministro? Si e senza discussioni proprio perché si tratta di una “proposta” e non di una “designazione” o anche una “indicazione” e le proposte, da che mondo e mondo, si possono accettare o respingere. Su questo mi pare possiamo essere tutti d’accordo.

2. Il potere di negare la nomina di un candidato ministro implica una discrezionalità totale ed incondizionata o limitata ad alcune fattispecie specifiche e quali? Qui il discorso si fa meno semplice perché la lettera della Costituzione (art 92) non dice nulla in proposito.

Possiamo ricavare qualche lume dalla consuetudine e dall’interpretazione sistematica della Costituzione senza però fare troppi azzardi. In passato ci sono stati (sin dalla Presidenza Einaudi) casi di ministri rifiutati dal Presidente, ma sempre per ragioni attinenti alle qualità personali del candidato (conflitti di interesse, insufficiente esperienza, inopportunità per il rischio di compromettere la separazione dei poteri ecc.). Non è questo il caso del prof Savona al quale è stato tributato pieno riconoscimento delle sue doti, il punto sarebbero le sue convinzioni in materia di ordine monetario e, peraltro, espresse in sede non politica. Qui la scelta del Presidente si fa molto discutibile, ma il cuore del problema è un altro: attraverso il veto su Savona, il Presidente, per sua stessa ammissione, ha inteso delimitare il campo dell’azione politica del costituendo governo. A questo punto, il Presidente incaricato avrebbe dovuto chiedere formalmente al capo dello Stato se si trattava di questo, di una censura sulla possibile azione del governo e, nel caso di risposta affermativa avrebbe potuto e dovuto sollevare conflitto fra poteri dello Stato davanti alla Corte Costituzionale. Ma questo nel presupposto che Conte fosse un vero Presidente incaricato e non un semplice fattorino privo di capacità contrattuale e perciò stesso politica. Conte si è alzato ed ha rinunciato all’incarico, implicitamente accettando la decisione del Presidente. Ma Mattarella aveva il potere di rifiutare la nomina sul presupposto di una sorta di “reato d’opinione”? No, a mio avviso, non aveva questo potere proprio per la terzietà che deve sempre osservare nell’esercizio del suo mandato. E’ andato al di là dei poteri attribuitigli dalla Costituzione, anche se la questione è discutibile.

3. Prendendo per buona la mia idea (peraltro condivisa anche da giuristi del livello della Carlassare, come leggiamo sul “Fatto”) che il Presidente abbia abusato del suo potere, come qualificare giuridicamente il suo comportamento? Se avessimo a che fare con un ministro o con qualsiasi funzionario dell’amministrazione potremmo parlare di “falsa applicazione della legge” o anche di un illecito amministrativo, ma forse anche di una fattispecie penale come l’abuso di potere.

4. Prendiamo per buona questa ipotesi estrema (decisamente estrema, sia chiaro), cioè che il Presidente abbia commesso un abuso di potere, è processabile per questo? La Costituzione dice che il Presidente è processabile solo per Alto tradimento o per Attentato alla Costituzione (cioè abbia fatto o tentato un colpo di Stato). Dunque occorre dimostrare che, attraverso quell’abuso, il Presidente abbia cercato di mutare l’ordinamento delle istituzioni. Per la verità mi pare una ipotesi un po’ forte: non mi pare che la mancata nomina di Savona abbia mutato la forma di governo. Ma a voler concedere anche questa soluzione estrema di una ipotesi già di per sé estrema, non potremmo lo stesso far nulla, perché l’attentato alla Costituzione è disciplinato dall’art 283 che, modificato durante il II governo Berlusconi, recita “Chiunque, con atti violenti, commette un fatto diretto e idoneo a mutare la Costituzione dello Stato o la forma di governo, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni”. Mi spiegate in cosa si ravvisi uso della violenza da parte di Mattarella? Direi, quindi che ßmanca il presupposto necessario per aprire l’azione. Magari posso anche ritenere criticabile quell’emendamento, in quanto un Presidente può stravolgere l’ordinamento costituzionale anche senza bisogno di ricorrere alla violenza, ma questo non conta: la norma è quella e noi dobbiamo operare sulla base delle norme vigenti.

5. D’altra parte, la richiesta di messa in stato d’accusa –oltre che politicamente inopportuna e contraddittoria con la richiesta di immediate nuove elezioni- era anche impossibile da eseguire allo stato dei fatti. Infatti, la procedura, in questi casi, prescrive che le commissioni per l’autorizzazione a procedere dei dure rami del Parlamento svolgano una indagine preliminare per decidere se ci sono i presupposti minimi per spedire la richiesta alla seduta congiunta di Camera e Senato, ma qui le commissioni, compresa quella per le autorizzazioni a procedere, non sono state costituite e, pendente la crisi, non si sa neppure bene come costituirle, comunque sino a quando non ci sono la denuncia resta lettera morta.

6. A seppellire definitivamente questa vicenda deplorevole viene l’ingloriosa ritirata di di Maio che, peraltro, non sente nepèpure il bisogno di chiedere scusa al Presidente con il quale si dichiara pronto a collaborare. Come dire: “tu sei un golpista, però lasciamo perdere e collaboriamo.” Avete mai visto una cosa del genere. Se fossi il Presidente mi rifiuterei di riceverlo al Quirinale sino a che non siano porte le scuse.

7. C’è una frase di Di Maio che la dice lunga sulla sua cultura giuridica e politica: “Occorre parlamentarizzare questa vicenda”. Cioè lui avrebbe voluto mettere in moto una delle procedure più gravi del nostro ordinamento che punta alla destituzione del Presidente in carica tanto per avere un dibattito parlamentare. Una sorta di succedaneo di una mozione di sfiducia: visto che questa non è prevista dall’ordinamento, noi usiamo la messa in stato d’accusa a questo scopo. Se tu davvero credi che il Presidente abbia fatto o tentato un colpo di Stato devi andare sino in fondo e non accettare alcuna collaborazione con chi ha attentato alla Democrazia. Ma forse sono pensieri troppo complicati per Di Maio.

8. E qui siamo ai disastri della cultura manettara di questi anni: i problemi politici si risolvono in sede penale. Un bel processo e tutto è risolto. E non è neppure il caso di abbondare con le garanzie processuali perché un bel rito sommario basta e avanza. Chiedo a quanti sono intervenuti in queste pagine a sostegno dell’accusa a Mattarella: quanti di voi sono andati a leggersi l’art 283 del cp? C’è una pericolosa perdita del senso della politica e del garantismo penale e questo mi fa francamente paura. Devo dire che questo mi sembra un vero imbarbarimento della lotta politica.

Comments

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Mario Galati
Saturday, 02 June 2018 21:28
L'autore dell'articolo vorrebbe mettere la parola giuridica definitiva sulla vicenda, ma, a mio avviso, incappa in alcuni errori.
Innanzitutto, non distingue tra la fattispecie penale prevista dal codice penale a carico di "chiunque" (tecnicamente è un reato generico che contiene specifici elementi, tra cui la condotta violenta) e il reato "proprio" (ovvero, previsto in modo specifico per il solo Presidente della repubblica) prefigurato in costituzione (in tal caso non c'è specificazione degli elementi. Tutto viene lasciato all'interpretazione del Parlamento e della Corte costituzionale, così come per l'altra ipotesi dell'alto tradimento).
Nel caso dell'articolo 283 c.p. l'azione penale è esercitata dal p.m. A giudicare è la magistratura ordinaria.
Nel caso dell'art. 90 cost. l'azione penale, per così dire, viene esercitata dal Parlamento in seduta comune attraverso la messa in stato d'accusa. A giudicare è la Corte costituzionale.
Occorre sottolineare che l'art. 90 cost. parla di responsabilità per attentato alla costituzione del Presidente "per gli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni". Come si vede, non si riferisce agli atti violenti richiesti dall'art. 283 c.p. per chiunque.
Per quanto riguarda il potere di nomina dei ministri (o del presidente del consiglio incaricato), la sua delimitazione non deve essere ricercata nei precedenti, giacchè è nettamente delineata dal sistema costituzionale, atteso che il nostro è un sistema parlamentare e non presidenziale. E su questo hanno scritto numerosi costituzionalisti. Certe prassi e certi precedenti hanno chiaramente forzato il dettato costituzionale. Ma non è su questo che si può fondare una corretta applicazione della Costituzione.
L'altro errore consiste nel confinare la censurabilità del comportamento di Mattarella soltanto nel rifiuto della nomina, tralasciando il fatto che aveva suggerito il possibile sostituto (Giorgetti. Ma questo è il meno), ma, soprattutto, che ha inferto un colpo alla costituzione fondata sul lavoro e sulla sovranità popolare dichiarando pubblicamente che a decidere della nomina di un ministro sono i cosiddetti "mercati", del cui gradimento egli tiene conto. Invece di tutelare i principi costituzionali ne diffonde pubblicamente il loro abbandono.
Mi sembra che la faccenda sia sottovalutata e presa alla leggera. Non appare così politicamente trascurabile e frutto della demagogia dei manettari, come si vorrebbe far credere.
Poi, la natura politica del governo e dei suoi ministri è altra faccenda.
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