Print Friendly, PDF & Email

piccolenote

Amnesty conferma: Raqqa come Dresda

di Piccole Note

Il mondo ha gioito alla notizia della liberazione di Raqqa, la capitale irachena dello Stato islamico. Liberata sì, ma a che prezzo?

 

Il rapporto di Amnesty: nessuna pietà per i civili

La coalizione internazionale anti-Isis guidata dagli Stati Uniti ha sempre minimizzato le perdite civili. Invece un rapporto di Amnesty international pubblicato di recente rivela l’esatto contrario.

Il titolo è alquanto esaustivo: “Guerra di annichilimento: devastanti perdite di vite umane a Raqqa, Siria”.

Amnesty accusa la coalizione di non aver preso precauzioni “per ridurre al minimo le perdite civili”. “A radere al suolo la città e a uccidere e ferire così tanti civili è stato il ripetuto uso di armi esplosive in zone popolate dove era noto che erano intrappolati dei civili”, spiega Donatella Rovera, consulente speciale di Amnesty International.

I bombardamenti a tappeto e i martellanti colpi d’artiglieria “uccisero o ferirono migliaia di civili e distrussero buona parte della città. Abitazioni, edifici pubblici e privati e infrastrutture furono rase al suolo o danneggiate in modo da non poter essere più riparate”.

“Gli aerei statunitensi, britannici e francesi portarono a termine decine di migliaia di attacchi aerei”. Un alto ufficiale statunitense ha dichiarato che contro Raqqa sono stati esplosi più colpi di quanti ne siano mai stati sparati in altre campagne militari, condotte dall’esercito o dalla marina, dalla fine della guerra del Vietnam.

Dato che l’artiglieria ha “un margine di errore di oltre 100 metri, non ci si deve meravigliare che il risultato sia stato un massacro di civili”, ha commentato la Rovera.

Amnesty ricorda che “nel settembre 2017”, il comandante della coalizione generale, Stephen Townsend, scrisse: “Non c’è mai stata una campagna aerea più precisa nella storia dei conflitti armati”.

Tra le tante testimonianze raccolte da Amnesty, riportiamo quella di Rasha Badran, che ricorda che quanti erano rimasti in città credevano che le forze armate arrivate per scacciare l’Isis avrebbero “risparmiato i civili”.

“Ci siamo resi conto di quanto fossimo ingenui. Quando capimmo quanto fosse pericoloso spostarsi da un posto all’altro, era troppo tardi. Eravamo già in trappola” (per altre testimonianze cliccare qui)

Oltre ai colpi della coalizione, i civili dovevano guardarsi dai miliziani dell’Isis che li usavano come scudi umani e sparavano a quanti tentavano la fuga (come accadeva a Ghouta durante la campagna dell’esercito siriano contro al Nusra – al Qaeda).

 

Raqqa come Dresda

“Se la coalizione e i loro alleati delle Forze democratiche siriane erano pronti a garantire un passaggio sicuro d’uscita e di conseguenza l’impunità ai combattenti dello Stato islamico, quale possibile vantaggio militare sarebbe stato ottenuto distruggendo praticamente un’intera città e uccidendo così tanti abitanti?”, si è chiesto Benjamin Walsby, ricercatore di Amnesty International sul Medio Oriente.

L’Isis, peraltro, alla fine raggiunse un accordo con gli assedianti per una fuga concordata, come rivelato dalla BBC.

Molti i bambini uccisi in questi bombardamenti indiscriminati. Di alcuni di loro parlano le persone interpellate da Amnesty, ma se si considera l’allarme lanciato dall’Unicef, secondo cui a Raqqa ne erano rimasti bloccati 40mila, si può avere un’idea delle proporzioni del massacro.

Il rapporto riecheggia le accuse mosse a suo tempo dai russi, che avevano detto che Raqqa aveva subito lo stesso destino di Dresda, rasa al suolo durante la seconda guerra mondiale.

Tutto ciò è avvenuto sotto gli occhi della stampa internazionale e dell’Osservatorio siriano dei diritti umani. Che invece dipingevano l’attacco come un’operazione chirurgica, a differenza degli attacchi compiuti dall’esercito siriano.

Ma questa è l’informazione di guerra, o propaganda che dir si voglia. Peraltro, perseverando su questa via, tali media hanno dato scarso rilievo al rapporto di Amnesty.

Comments

Search Reset
0
Mario Galati
Saturday, 09 June 2018 20:29
Ma Amnesty International parla adesso, a cose fatte. Mi sembra che nel caso di Aleppo non abbia aspettato tanto. A fuochi spenti la notizia non assume il rilievo dovuto e si fa la figura degli equidistanti tra USA e Russia.
Like Like Reply | Reply with quote | Quote

Add comment

Submit