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linterferenza

La “coopetizione” Salvini-Di Maio

di Riccardo Achilli

E’ veramente difficile capire quanto durerà questo Governo, stiamo navigando in acque nuove ed oscure. In linea di principio, la diarchia creata da Salvini e Di Maio non può durare a lungo, abbiamo due leader giovani ed ambiziosi che mirano all’egemonia, la loro collaborazione nasconde una competizione. Che potrebbe estendersi al terzo incomodo, se Conte riuscisse a darsi un profilo autonomo di leader. Ed è anche chiaro che un governo che nasce con tutte le speranze e le promesse di questo non potrebbe reggere ad una impostazione di politica economica ancora nel solco dell’austerità, come, evidentemente, i poteri forti faranno di tutto per costringerlo a fare (ricordo i distratti che la legge di bilancio deve essere approvata dalla Commissione Europea).

Si aprono virtualmente due strade. La prima è quella della disobbedienza ai vincoli europei pur di portare avanti le promesse del contratto, che possono essere finanziate solo in deficit. Ma il rinvio al 2020 dei due provvedimenti-bandiera (flat tax per le persone e reddito di cittadinanza) mi lascia pensare che non sarà quella la strada nell’immediato. Oppure si andrà avanti fino ad ottobre, si presenterà uno schema di legge di bilancio di tipo espansivo, inaccettabile per la Trojka, con il chiaro obiettivo di farselo bocciare per poi dimettersi e tornare al voto anticipato, adducendo la giustificazione che i poteri forti non consentono al Governo di fare il suo lavoro.

In uno scenario simile, quasi sicuramente Salvini asfalterebbe Di Maio, sia perché si occupa della tematica migratoria, rispetto alla quale l’Europa è disposta a concedere molto di più rispetto alle politiche economiche ed al mercato del lavoro, temi di competenza di Di Maio (si veda il fallimento del vertice che doveva riformare il Trattato di Dubliano, con Paesi come il Belgio che parlano esplicitamente di respingimenti in mare come strada possibile, oro per le orecchie di Salvini). Ed anche perché la Lega, rispetto al M5S, ha una organizzazione ed una consistenza più robuste e radicate sui territori.

Ma rispetto allo scenario del voto a novembre c’è un “ma”. Significherebbe l’attivazione automatica delle clausole di salvaguardia, con l’aumento automatico dell’IVA, e l’esercizio provvisorio di bilancio, con contrazioni tragiche sulla spesa pubblica, calcolata per dodicesimi. Nessuna maggioranza avrebbe il coraggio di andare ad elezioni con un simile fardello di responsabilità, anche perché l’elettorato piccolo borghese di questi due partiti fa presto a passare da impeti rivoluzionari alla paura per il futuro.

Atteso quindi che il nascituro Governo avrà soprattutto una funzione elettorale (ed infatti i due leader impegnano più tempo in comizi in giro per il Paese che in ufficio a Roma a lavorare come Ministri) è improbabile che esso finirà subito, nonostante le tensioni costanti della diarchia che lo occupa. Andrà avanti oltre dicembre, in un conflitto duro e senza sconti con la Trojka per strappare quanti più spazi possibili di flessibilità (l’Italia non è la Grecia, non si può permettere di farla fallire a cuor leggero come stava facendo la Trojka con Atene nel luglio 2015, un compromesso andrà trovato, soprattutto se dietro le strategie gialloverdi c’è la pressione di Washington e qualche fornitura di gas gratis da zio Vladimir). Non ci si illuda: nonostante la loro “coopetizione”, Di Maio e Salvini rimarranno al timone per un periodo non breve, caratterizzato da una guerra continua, all’estero e dentro Il Paese, che lascerà enormi lacerazioni e che cambierà notevolmente lo scenario politico e sociale. Estromettendo definitivamente ciò che resta della “sinistra” da qualsiasi prospettiva di ripresa.

P.S. può non piacere, e certi passaggi li ho trovati personalmente orripilanti, però il bravo Conte, per la prima volta da venticinque anni, ha fatto alle Camere un discorso politico con la p maiuscola. Perché la politica non è coperture e equilibri di bilancio, quella è tecnica, spacciata per politica dall’ideologia del “TINA”. La politica è l’arte dell’impossibile, è la costruzione di una visione del mondo, oltre gli assetti attuali. Può anche essere una costruzione da incubo ed angosciosa, ma è comunque qualcosa che non si sentiva più da decenni nel nostro Paese.

Comments

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Eros Barone
Sunday, 10 June 2018 16:35
Per quanto riguarda la forma, il termine di "coopetizione" è veramente orrendo (d'altronde, la borghesia ci ha regalato altri termini altrettanto orrendi: uno per tutti quello di "globalizzazione"). Suggerirei pertanto di sostituirlo con il termine di deuterantagonista/deuterantagonismo, riferito ovviamente al comportamento di Di Maio nel suo rapporto, competitivo e/o conflittuale, con Salvini. Per quanto riguarda la sostanza, vale per codesti "Dioscuri della reazione" quanto mi è occorso di sottolineare in uno dei miei interventi: a) che, essendo rappresentanti della piccola e media borghesia reazionaria, sono anche e soprattutto vassalli, ancorché riottosi e instabili, della grande borghesia (la quale, va detto, non ha ancora fatto la sua scelta definitiva, in quanto è anch'essa divisa); 2) la loro coabitazione governativa è un palese ossimoro, poiché la piccola e media borghesia produttiva del Nord, rappresentata dalla Lega, è interessata, come tutto il fronte capitalistico, alla 'flat tax' (= politica dell'offerta/'reaganomics'), mentre la piccola borghesia improduttiva del sud, rappresentata dal M5S, è interessata al reddito di cittadinanza (= politica della domanda/assistenzialismo); 3) che i fattori geopolitici costituiscono la dinamite (Trump e la 'guerra civile strisciante' negli USA, la lisi irreversibile della UE, la polarizzazione della Germania verso Est ecc.), che farà saltare per aria le fragili fondamenta - politiche, economiche ideologiche, internazionali e sovrannazionali - di questo governo; 4) la sinistra comunista, che lentamente si sta ricostituendo, può solo 'giocare' a ridosso dell'inasprimento delle contraddizioni in corso, essendo tagliata fuori, a causa dei micidiali errori e delle corrosive degenerazioni del passato (remoto e prossimo), non solo da qualsiasi consenso popolare, ma perfino da qualsiasi attenzione popolare.
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