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Le regole di Merkel e il randello di Trump

di Carlo Clericetti

A un parlamentare che le chiedeva come avrebbe gestito i rapporti con il nuovo governo italiano, Angela Merkel ha risposto: "Diremo che una Unione europea si basa sul rispetto delle regole da parte di tutti”. Si potrebbe approfittare dell’occasione per mandarle l’ultimo saggio di Sergio Cesaratto, intitolato appunto “Chi non rispetta le regole? – Italia e Germania, le doppie morali dell’euro” (ed. Imprimatur). Che nasce proprio nella tana del lupo, da una conferenza che l’economista ha tenuto a Friburgo, invitato perché – per fortuna – ci sono anche tedeschi disponibili ad ascoltare analisi diverse da quelle della narrazione prevalente.

Cesaratto non entra nelle polemiche day-by-day che in questi ultimi tempi riempiono i media dei due paesi. Quello che vuole mettere in evidenza sono i difetti di costruzione dell’Europa e della moneta unica, aggravati da comportamenti dei tedeschi incompatibili con un corretto funzionamento dell’area. Questo senza dimenticare ciò che non va nel nostro paese: “Sono stato molto a disagio ad esprimere critiche alla politica europea della Germania – chiarisce proprio all’inizio – quando l’Italia, soprattutto alcune sue parti, continua a dare una brutta immagine di sé, in particolare lo scarso senso civico e di appartenenza alla comunità sia di una parte consistente dei cittadini, sia dei politici e amministratori che essi esprimono”.

Che l’Unione europea avrebbe funzionato male era chiaro fin dall’inizio a molti economisti, primo fra tutti il “padre” della teoria delle aree monetarie ottimali, il canadese Robert Mundell. Ben prima del Trattato di Maastricht Mundell aveva individuato tra i problemi principali il fatto che un paese basasse la sua economia su un surplus dei conti con l’estero, rifiutandosi di fare qualcosa per correggerlo: questa, secondo Mundell, è una delle “regole del gioco” principali, perché porta inevitabilmente verso la bassa crescita e la deflazione. Il paese in surplus è in quella situazione perché comprime la domanda interna, ma così facendo, oltre a non offrire sbocco alle esportazioni degli altri paesi dell’area, li costringe anche a fare altrettanto per competere e per non incorrere in una crisi di bilancia dei pagamenti. Era accaduto con le politiche americana e francese negli anni Venti, quando era in vigore il gold standard (sistema, nota Cesaratto, a cui quello dell’euro è molto simile) e poi nel dopoguerra con la politica tedesca nel sistema di Bretton Woods.

Ma la politica tedesca è quella appunto da allora, e Berlino non ha alcuna intenzione di cambiarla. Anzi, nonostante che tra le regole europee sia stata inserita quella che prescrive di non superare un certo livello di export rispetto al Pil, ha detto esplicitamente che non ha intenzione di fare nulla per correggere il suo “sforamento”. Già questa regola è stata inserita in un modo “zoppo”. E’ all’interno della cosiddetta “Mip” (macroeconomic imbalance procedure), varata nel 2012 per “identificare, prevenire e affrontare l'emergere di squilibri macroeconomici potenzialmente dannosi che potrebbero influire negativamente sulla stabilità economica”, ma non solo stabilisce due soglie diverse per chi è in deficit (4% del Pil) e chi è in surplus (6%, curiosamente coincidente con il dato tedesco di allora): diversamente dalle regole sui conti pubblici, qui non sono previste sanzioni per chi la violasse, cosa che la Germania fa ormai da quattro anni.

Insomma, quella che potrebbe essere una virtù se si guarda ad un solo paese, non lo è se si considera l’economia globale nel suo insieme, dove per definizione la somma degli export e degli import è zero, quindi a un paese in surplus devono per forza corrispondere uno o più paesi in deficit. Finché questi ultimi sono piccoli e con scarso potere contrattuale, il problema è loro. Se invece sono grandi potenze il problema diventa di tutti. Che cosa ha detto Donald Trump al G7 in Canada, di fronte alle rimostranze di Macron e Trudeau per i dazi? "Per favore dite al primo ministro Trudeau e al presidente Macron che stanno imponendo agli Stati Uniti dazi massicci e stanno creando barriere non-monetarie. Il surplus commerciale dell'Ue con gli Stati Uniti è di 151 miliardi di dollari. Impaziente di vederli domani". Ha detto “Macron e Trudeau”, ma poteva dire “i tedeschi”, visto che il 90% del surplus europeo è dovuto alla Germania. Chi si rifiuta di fare la propria parte nel sostenere la crescita globale prima o poi provoca reazioni, la politica mercantilista genera guerre commerciali.

Il saggio di Cesaratto è dunque quanto mai utile per capire che cosa sta succedendo proprio in questi giorni nel mondo. E che cosa è successo in Europa: l’autore confronta le interpretazioni della crisi e fa capire come le teorie economiche influenzino le scelte politiche, ma anche come vengano interpretate secondo la convenienza del più forte; ricostruisce le vicende dell’adesione dell’Italia; esamina e commenta le proposte per la prossima riforma, quelle che Merkel ha appena ripreso. Insomma, per chi voglia andare al di là dei battibecchi che fanno titolo sui giornali ma non chiariscono quale sia il cuore dei problemi europei, una lettura che è bene fare.

I politici tedeschi sono riusciti finora a costruire un’Unione europea funzionale ai loro interessi, anche grazie agli errori di valutazione di chi guidava gli altri paesi, gli italiani prima di tutto. Ora questa politica si scontra però anche con qualcuno che ha un randello più grosso. Sarà interessante vedere come andrà a finire.

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