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Marxismo o socialsciovinismo postmoderno e spettacolare?

di Stefano G. Azzarà

Flavia Perina batte i marxisti immaginari, i rozzobruni e i sedicenti professori del rancore infinite volte a zero.

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Nel Manifesto del Partito Comunista, Marx ed Engels dicevano e dicono ancora oggi a tutti noi: "Proletari di tutti i paesi, unitevi" ("Proletarier aller Länder, vereinigt euch!").

"Unitevi" significa che non esiste un affratellamento immediato, ma che la lotta internazionalistica va costruita attraverso un faticosissimo lavoro del negativo di natura politica, sindacale e culturale (altrimenti non ci sarebbe bisogno di unirsi perché saremmo già uniti).

Di questo bisogna prendere atto, a fronte di chi immagina semplicisticamente uno spontaneo autoriconoscimento del proletariato autoctono come di quello di tutte le nazioni e dunque affronta il problema dell'integrazione come se fosse una cena multietnica.

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Del resto, esattamente la stessa cosa vale per la "classe operaia", ovvero per la classe dei lavoratori subalterni. La quale non esiste spontaneamente, prima della laboriosa presa di coscienza che la immette nella storia (e infatti in questa fase non esiste e va ricostruita): pensate ad esempio a come gli operai settentrionali accolsero i meridionali negli anni Cinquanta.

Tuttavia, questa frase di Marx ed Engels non può significare affatto "Proletari di tutti i paesi sparatevi addosso", a meno di distorcerla strumentalmente per finalità politiche ambigue e per seminare confusione.

A dire ai proletari "sparatevi" non era Marx, di cui in troppi si riempiono la bocca in maniera strumentale, e cioè per pescare allocchi culturalmente deboli.

Era semmai la socialdemocrazia nel 1914. Quella socialdemocrazia social-imperialista contro la quale Luxemburg, Lenin, Gramsci, Togliatti, Trotzki, Stalin e chi volete ne hanno riversate di tutti i colori.

Chi sostiene queste posizioni non è né marxista né comunista e nemmeno "amico del popolo" ma è semplicemente un fautore del classico social-sciovinismo nella sua versione postmoderna adeguata alla società dello spettacolo, ai social media e alla televisione.

Questo nemico va combattuto e tenuto lontanissimo da noi perché puzza. Lenin come Stalin e persino Rosa Luxemburg ne avrebbero decretato l'esecuzione sommaria più disonorevole.

Questo nemico è in combutta con l'imperialismo, di cui è espressione e senza il quale non esisterebbe nemmeno.

Ai compagni confusi bisogna far sentire quanto questo nemico puzzi sin da lontano.

Aprite gli occhi ma soprattutto la mente.

Un esempio. Carlo Freccero - la cui formazione culturale situazionista e i cui trascorsi berlusconiani non sto qui a rammentare - è l'incarnazione perfetta della sinistra caviale ed è stato uno dei principali artefici dell'introduzione del postmodernismo in Italia.

Il fatto che da qualche giorno sia stato elevato a marxista ortodosso e difensore del popolo fa capire in che genere di farsa ci troviamo.

Nulla di ciò che accade è vero, sebbene sia drammaticamente reale.

E' lo stesso meccanismo per cui a difensore del popolo può essere elevato Salvini, che sino a ieri ha votato tutte le porcherie che hanno semmai proseguito la distruzione dell'unità delle classi subalterne.

La mancanza di una seria organizzazione politica di sinistra - a questo punto per come siamo messi che sia socialdemocratica o comunista cambia poco, perché l'importante è che sia seria e che operi in maniera razionale - si sente soprattutto in questi momenti, cioè in quei conflitti che si caricano di maggior valore simbolico e costringono la storia ad accelerare e quando più avremmo bisogno di un orientamento e di una linea comune.

Alla spaventosa deriva particolaristica della piccola borghesia tradita dalle élites, che difende con le unghie la roba residua (e delle destre che la usano come massa di manovra affinché le gerarchie sociali rimangano fisse mentre i ceti dirigenti si danno il cambio) si contrappone una gigantesca regressione culturale dei fantomatici progressisti.

Metà di loro è stata egemonizzata da queste destre e ne condivide i rancori, sino a confondere ciò che è plebeo con ciò che era popolare. Sino a mettere tra parentesi l'umanità.

Gli altri, nella loro impotenza e inutilità acquisita e senza più alcun rapporto con le classi sociali di cui dovrebbero essere espressione, sono passati dall'utopia alla scienza per poi retrocedere al pensiero magico. E da questo sino al primitivismo moralistico, alla propaganda e all'invettiva.

Nessuno che parli di neocolonialismo, imperialismo e lotta tra e dentro le classi, concetti senza i quali nulla si capisce di ciò che sta accadendo. Siamo soli e senza bussola.

Comments

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Andrea
Tuesday, 19 June 2018 13:00
sono perfettamente d'accordo che le migrazioni non siano un piano stabilito a tavolino ma "la conseguenza degli enormi spazi di miseria e degrado che storicamente il Capitalismo crea"... sostengo solo che questa drammatica situazione è nei fatti funzionale agli interessi del Capitale...
"I movimenti generali del salario del lavoro sono regolati esclusivamente dall’espansione e dalla contrazione dell’esercito industriale di riserva, le quali corrispondono all’alternarsi dei periodi del ciclo industriale. Non sono dunque determinati dal movimento del numero assoluto della popolazione lavoratrice, ma dal mutevole rapporto in cui la classe dei lavoratori si scinde in esercito attivo e in esercito di riserva, dall’aumento e dalla diminuzione del volume relativo della sovrappopolazione, dal grado in cui questa viene ora assorbita ora di nuovo messa in libertà"
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massimo lori
Tuesday, 19 June 2018 10:25
I gruppi dirigenti liberisti dei paesi dell'Unione europea (che, sino a prova contraria, rappresentano gli interessi del Capitale) stanno cercando di spostare il più possibile in Africa i confini d'Europa (Minniti docet) e questo perchè hanno capito che il fenomeno migratorio incontrollato (ma si può controllare?) favorisce il successo elettorale dei partiti populisti (Italia, e non solo, docet) contrari all'attuale ordoliberista europeo.
Le migrazioni sono la conseguenza delle enormi spazi di miseria e degrado che storicamente il Capitalismo crea (i 5 milioni di italiani emigrati alla fine 800-inizio 900 non erano frutto delle manovre del Capitale) e non un mefistofelico piano studiato a tavolino per creare un "esercito di riserva" (ad abbassare i salari ed annullare i diritti non è necessario ricorrere a questo, come la storia degli ultimi trent'anni insegna).
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Andrea
Monday, 18 June 2018 17:36
alcune considerazioni:
1- c'è comunque differenza tra immigrazione di cittadini da altre regioni dello stesso Stato, tra l'altro in un periodo di vorticosa crescita economica e di grande necessità di forza lavoro ed immigrazione di persone che provengono da un altro continente in un periodo di prolungata recessione e forte disoccupazione degli "autoctoni"
2-la contrapposizione tra "proletari" italiani e "proletari" stranieri è nei fatti alimentata dalla "legge" del capitale che cerca sempre qualcuno disposto a fare lo stesso ad un prezzo più basso. E' chiaro che l'immigrazione incontrollata, da questo punto di vista, favorisce gli interessi del capitale. Questo è un fatto. Quanto alla differenza tra uomo "storico" e uomo "biologico" io la leggerei diversamente: l'uomo "storico" è il portato di un'impostazione ideologica che cerca di sovrascrivere la realtà, che è fatta di Diversità. Il suo motore è l’idea di Unico, che è ciò che non sopporta l’Altro, e intende ridurre tutto all’unità: civiltà unica, pensiero unico.
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massimo lori
Monday, 18 June 2018 12:46
Quello che il senso comune dominante produce contro il fenomeno migratorio ha molte analogie con la narrazione dominante negli anni Cinquanta e Sessanta che vedeva nel meridionale immigrato una presenza fastidiosa ed inopportuna che metteva a rischio sicurezza e posto di lavoro. Anche se nessuno a sinistra all'epoca straparlava di "piano del Capitale e disegno delle multinazionali" per creare un "esercito di riserva", esisteva un atteggiamento mentale in molti appartenenti alla sinistra (non solo elettori, ma anche militanti e dirigenti) di "pregiudizio" avverso al "terrone". Già allora l'abusato incipit "Io non sono razzista, ma..." imperversava. C'era, ovviamente, il PCI, che con la sua organizzazione, la sua cultura, la sua pedagogia e la sua coscienza politica ridimensionava ampiamente il rischio di derive. Il fatto è che esiste un uomo "storico" ed un uomo "biologico", il primo risultato delle trasformazioni sociali, economiche, culturali, il secondo, invece, espressione dell'immutabilità degli istinti primordiali (istinto di sopravvivenza, sessuale, religiosità), tra cui anche l'avversione e il rifiuto per il diverso, per chi proveniente da un altrove viene visto come una minaccia per la propria comunità e il proprio status (per quanto a volte misero). La sinistra investe sull'uomo "storico", la destra sull'uomo "biologico". Il venir meno di una significativa presenza di sinistra nel nostro paese ha contribuito ad accentuare la grande regressione, politica, culturale, etica cui stiamo assistendo (non dimentichiamo mai l'affermazione di Mussolini: "Non sono stato io ad inventare il fascismo, l'ho soltanto estratto dall'inconscio degli italiani"). Ogni posizione proveniente da esponenti della sinistra orientata verso la legittimazione di una contrapposizione tra "proletari" italiani e "proletari" stranieri, non solo si oppone radicalmente al marxismo, ma non fa che alimentare presso lo stesso "popolo di sinistra" (o quel che ne rimane) pulsioni nefaste, già antropologicamente depositate nel suo "inconscio".
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Fabrizio Marchi
Sunday, 17 June 2018 19:05
"Nessuno che parli di neocolonialismo, imperialismo e lotta tra e dentro le classi, concetti senza i quali nulla si capisce di ciò che sta accadendo". (Stefano Azzarà)
Parla per te...
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