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L’asse del male esce dal Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite

di Alessandro Avvisato

Prima Israele e adesso gli Usa si chiamano fuori dell’organismo delle Nazioni Unite dedicato alla difesa dei diritti umani. Ad annunciare il ritiro è stata ieri l’ambasciatrice statunitense alle Nazioni Unite, Nikki Haley, sostenendo che l’organo delle Nazioni Unite “non ha più nulla a che vedere con il suo nome”.

Da giorni si parlava di una imminente uscita da parte di Washington. E lunedì, a Ginevra, l’Alto commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha dato inizio alla sessione annuale che durerà fino al 3 luglio. “Facciamo questo passo perché il nostro impegno non ci permette di essere parte di una ipocrita ed egocentrica organizzazione che deride i diritti umani”, ha continuato Haley.

L’amministrazione Trump aveva già criticato alcune posizioni interne dell’organismo delle Nazioni Unite. La Haley aveva avvertito che gli Usa avrebbero lasciato se non fossero stati rimossi “i pregiudizi cronici contro Israele”. Insieme alla Haley l’annuncio è stato dato anche dal segretario di Stato Mike Pompeo che ha definito lo Human Rights Council come “un esercizio di ipocrisia senza vergogna”.

Con un esercizio di fantasia che meriterebbe approfondimenti (sul piano della diffusione di false notizie non documentate ndr) la Haley invece ha ricordato come lo Human Right Council delle Nazioni Unite non abbia fatto nulla per “denunciare le violenze dell’Iran nei confronti dei cittadini americani”(?), una denuncia su cui il mondo normale non sembra avere a disposizione informazioni.

La Haley ha continuato sostenendo che altre nazioni – ma non indica nè quante nè quali – sono imbarazzate per il trattamento verso Israele, ma non hanno il coraggio per confrontarsi e cambiare lo status quo. I membri dell’organo interno all’Onu il mese scorso hanno votato per iniziare una indagine sull’uccisione di cittadini palestinesi da parte di Israele a Gaza, accusando le autorità di Tel Aviv di eccessivo uso della forza. Solo gli Stati Uniti e l’Australia avevano votato contro il provvedimento. E alla posizione si è aggregata ovviamente la Gran Bretagna che ha condannato i pregiudizi contro Israele da parte dello Human Rights Council.

L’unico a esprimere soddisfazione per la decisione statunitense è stato, come prevedibile, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu: “La decisione Usa – ha scritto il premier israeliano su Twitter – di lasciare quell’organismo pieno di pregiudizi è una dichiarazione inequivoca che il vaso è colmo. Israele accoglie con soddisfazione l’annuncio americano”.

Non può non colpire la coincidenza temporale con cui gli Stati Uniti annunciano il loro ritiro dal Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite mentre il mondo – e una parte dell’opinione pubblica statunitense – prendono visione delle misure contro l’immigrazione clandestina negli Usa con lo spettacolo dei bambini separati dai genitori e rinchiusi nelle gabbie. Ma è lo stesso mondo e la stessa opinione pubblica che troppo spesso hanno chiuso gli occhi sulle gabbie dell’apartheid israeliano contro i palestinesi. Quando si è cercato di denunciarlo, Usa e Israele “hanno portato via il pallone.”

Ormai è l’intera civiltà raggiunta nel XX Secolo che ha ingranato la marcia indietro.

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