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militant

L’osceno al centro della scena

di Militant

Dovremmo fare tutti un po’ di sana autocritica, noi per primi. Per anni abbiamo sottovalutato Matteo Salvini tratteggiandolo come un razzista meschino e imbecille intento a giocare con le ruspe, complice forse quell’espressione non proprio sveglia che si porta dietro. In realtà, però, il leader leghista, pur confermando in pieno di essere un razzista estremamente gretto, sta dimostrando quantomeno di sapersi muovere politicamente. Nel giro di pochi anni ha liquidato l’eredità ingombrante (e imbarazzante) di Umberto Bossi e della sua famiglia di traffichini, trasformando la Lega da partito “nordista” e “secessionista” a partito populista con ambizioni nazionali e portandola dal 4 al 17%. Dopo di che ha regolato i conti nel centrodestra, ponendo di fatto fine alla leadership ventennale del suo ottuagenario fondatore e riuscendo paradossalmente laddove la sinistra antiberlusconiana aveva fallito per anni. Adesso, complice anche l’insipienza pentastellata, sta conquistando stabilmente il centro della scena polititca dettando la sua agenda tanto agli alleati di governo quanto all’opposizione e imponendosi così come il leader di fatto della coalizione. Fateci caso: Di Maio è pressochè sparito dai radar dell’informazione, e con lui tutti i temi cari ai cinque stelle, mentre da settimane non si fa che parlare di fantomatiche invasioni di migranti e di una gestione più muscolare delle politiche migratorie.

In questo una grossa mano gliela sta dando anche certa sinistra e l’informazione liberal che si porta appresso, un’area politica che per quanto eterogenea sembra aver scelto il piano dell’antirazzismo umanitario come quello su cui costruire l’opposizione al governo. Senza capire che in questo modo si lascia Salvini proprio nella sua comfort zone, libero di twittare alla pancia rancorosa di un paese impoverito e incattivito proprio dalle politiche di austerità portate avanti proprio dalla “sinistra” e che su questo piano purtroppo lo segue. Per fare i feroci sui social coi più deboli o per litigare con Saviano a mezzo stampa non servono risorse, altra cosa è invece abolire la legge Fornero, come pure avevano promesso, oppure abrogare il jobs act, oppure ancora immaginare forme di sostegno al reddito per i disoccupati. I vincoli di bilancio imposti dalla Ue non potranno certo essere rotti a colpi di propaganda xenofoba. Sono queste le contraddizioni che, esplodendo, potrebbero fargli male, non certo le contumelie di qualche intellettuale illuminato. Ed è su questo piano e su quello dell’antirazzismo di classe che dovremo provare a lavorare nei prossimi anni, perchè altrimenti c’è il rischio che la sconfitta da storica diventi permanente.

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Commenti

Pablo

Ottimo, come sempre. Vorrei aggiungere che, come sinistra sociale, di classe o antagonista – chiamiamoci come ci pare – abbiamo il dovere politico di prendere le distanze dal modo in cui il fronte Repubblica+Pd+Vaticano sta affrontando la questione migranti. E’ un dovere politico, perchè la conseguenza diretta è la nostra scomparsa, nonchè il rafforzamento dell’opposizione “liberal” al governo populista. I “migranti”, ad esempio, non costituiscono una categoria sociale. Con buona pace di certa sinistra, anche attenta alla composizione di classe della società, questi vengono sempre e comunque visti come massa compatta socialmente di sfruttati. Al contrario, anche nelle masse migranti che giungono in Occidente esistono ben visibili differenze di cui dovremo tener conto (mi chiedo: chi parla di “migranti” sa delle differenze di classe tra i migranti latinoamericani? Conosce la composizione della comunità peruviana, ad esempio? Conosce gli scontri fortissimi tra i marocchini presenti in Italia? Eppure, per questa sinistra, sono tutti “migranti”, poco importa che l’uno ha tre case a Lima e l’altro una baracca da cui scappare). E l’unico modo per tenerne conto è, per l’appunto, smetterla di considerarli “migranti” – tout court, senza alcuna differenza sociale intrinseca – e capire dove si situano le differenze di classe tra di loro. Insomma, ad accoglierli al porto c’è già la chiesa e la sequela di maledette Ong che continuano ad arricchirsi sulla povertà (anche questo: vogliamo dirlo? O lasciamo solo a Salvini dire la verità in questo caso?). Il nostro compito dovrebbe essere altro, cioè magari organizzarli nei posti di lavoro frantumando la retorica migrante su cui si fonda la visione cattolico-liberale del fenomeno. In questo senso il lavoro fatto da l’Usb e soprattutto da Abu tra i lavoratori sfruttati nell’agricoltura nel sud Italia è un lavoro straordinario, che indica esattamente quello che dovremmo fare come sinistra: piantarla di parlare di “migranti”, e iniziare a parlare di lavoratori.

Comments

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MARCO CETINI
Sunday, 24 June 2018 23:25
Da un punto di vista teorico rigoroso, Pablo ha ragione. Nella realtà ben analizzata, ciò che egli afferma che andrebbe fatto dalla sinistra, diventa impossibile, perché quando sei clandestino o con permesso di soggiorno di breve durata, il datore di lavoro ti ha in pugno e se un sindacato riuscisse a denunciare uno sfruttamento a danno di clandestini, documentandolo, quei singoli clandestini non verranno reintegrati in certi contesti, come quelli della calabria a della campania, delle coltivazioni ortofrutticole con compensi a cottimo.
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