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bandierarossa

Cosa resta del sole e dell'avvenire

di Riccardo Achilli

Oramai Emilia Romagna, Toscana e Centro Italia sono feudi gialloverdi. Ci sono luoghi in queste regioni dove la Lega, da sola, ha preso abbondantemente più del 20%, con punte del 25% a Pisa, vertice superiore dell'area di crisi industriale della Toscana tirrenica, abbondantemente abbandonata dalla Regione fiorentino-centrica, e di quasi il 30% a Terni, una delle ultime città industriali ed operaie del Paese, segnata dalla dolorosa vicenda dell'acciaieria Thyssen-Krupp. A Massa, altro grano del rosario della deindustrializzazione di aree un tempo forti, affetta dalla crisi dell'industria estrattiva, Lega e M5s insieme prendono il 24%.

In Emilia Romagna, la crisi della sinistra storica di governo e del modello sociale peculiare apre autostrade sia all'infiltrazione leghista sia al trasferimento di elettorato un tempo di sinistra più radicale verso il M5S.

Ciò, insieme al crollo dei sistemi assistenzialistici e ai feudi del voto di scambio nel Mezzogiorno, che alle politiche ha aperto la strada al M5S, ridisegna uno scenario completamente nuovo per il Paese. Dove il Pd è minoranza persino nei feudi rossi storici, incapace di governare i processi di declino industriale che demoliscono il rapporto storico con la classe operaia e con il ceto impiegatizio di servizio all'apparato politico-economico che ruotava attorno alla sinistra, dove il Mezzogiorno ribolle ed il suo voto diventa imprevedibile, ma dove non va al M5S per manifestazione di rabbia tende ad essere intercettato dal notabilato di destra.

Dove la sinistra, si presenti unitariamente, isolatamente, con questa o quest'altra formula, non incide più, non ha più peso nell'orientare i risultati elettorali.

Ci avviamo vero un Paese orbanista e sempre più disgregato, dove i modelli territoriali attraverso i quali per 70 anni abbiamo interpretato il voto saltano e l'unico elemento di coesione è costituito da un impasto di paura, rabbia e frustrazione. di cui i gialloverdi non sono affatto responsabili, si limitano a raccogliere i frutti della follia altrui. Ma lo fanno con una efficacia talmente impressionante da lasciar pensare che saranno la forza egemone per un lungo periodo di anni. Quand'anche il M5S implodesse alla prova del governo (il che è tutto da dimostrare) la capacità di assorbimento sociale della Lega è talmente impressionante da dare l'impressione di poter riassorbire gli effetti di un eventuale big bang del suo alleato.

Sarà bene abituarsi a questo scenario. I pozzi sociali della sinistra sono prosciugati ed avvelenati da nuove forme di pensiero, egemonizzate da una destra popolare e sociale di nuovo tipo. Resistere con le parole d'ordine tradizionali della sinistra - accoglienza, multiculturalismo, pacifismo, diritti civili - non ha più senso, perché significa rimanere confinati dentro l'area della militanza tradizionale e del ceto medio colto e globalizzato, cioè dentro quel 4-5% che, disperso fra più sigle, è il valore elettorale della sinistra attuale.

L'unica, molto tenue, speranza di sopravvivenza è contrattaccare con contenuti nuovi. Rideclinare il concetto di eguaglianza, che rimane forse quello più forte nell'avanzata della destra, in senso nazionale e identitario, non più trasversale. Ricostituire il tessuto dei diritti ripartendo da quelli sociali ed economici, non da quelli civili, e focalizzandoli sugli italiani, offrendo però un compromesso, su tematiche come quella migratoria, meno duro rispetto alla linea della destra, ma al contempo attento alla banalità, del tutto ignorata a sinistra, che non si può integrare senza filtrare, non si può costruire una comunità se si è sotto assedio di una Tsunami che non si vuole frenare.

Contrattaccare significa cambiare il riferimento sociale: non più quello che oggi garantisce il 5-6%, del tutto inutilizzabile perché incapace di uscire dal recinto di un buonismo di maniera, di un pacifismo assurdo, di un internazionalismo gretto e sciocco, e quindi da abbandonare. Ma quell'area sociale più fragile, un tempo appannaggio della sinistra ed oggi non più, magari iniziando da quella che si è rifugiata nel ventre molle, ovvero dal M5S. Cui però occorre proporre qualcosa di diverso dai deliri terzomondisti e dirittocivilistici. Ciò implica enormi cambiamenti di personale politico, di organizzazione, di cultura politica, di cui la sinistra è sicuramente, allo stato attuale, del tutto incapace. Al prossimo giro elettorale, quando arriverà, ciò che resta della sinistra politica sarà spazzato via. Il sindacato confederale, completamente spiazzato, sarà costretto a seguire i tanti o pochi cambiamenti della normativa sul mercato del lavoro che Di Maio attuerà, senza essere in grado di incidere minimamente, di fatto regalando sempre più spazi al sindacalismo di base, più adatto a cogliere i cambiamenti culturali che vanno dalla fine della rappresentanza all'incremento della partecipazione diretta (e quindi dell'individualismo).

Probabilmente, negli anni a venire, la sinistra sarà totalmente incapace di ricostruire una rappresentanza politico-sindacale autonoma, e dovrà, per forza di cose, rifugiarsi in un entrismo nel populismo di destra, in una sorta di kirchnerismo all'italiana.

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