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Cogliere l'occasione

di Redazione PalestinaRossa

Da “La Stampa” del 1° settembre 2018:

«Medio Oriente. Trump taglia tutti i fondi ai palestinesi. Via i finanziamenti Usa all'agenzia Onu Unrwa. L'Amministrazione Trump ha tagliato tutti i fondi destinati ai palestinesi attraverso l'agenzia Onu Unrwa».

Da qualche anno la Palestina sta vivendo evidentemente una delle peggiori fasi della sua lotta di liberazione: alla vile e spietata occupazione si sono aggiunte la collaborazione di Fatah con Israele, la divisione tra Hamas e Anp, la crisi della sinistra che non riesce a proporre ed opporre una propria prospettiva per la Liberazione.

Alcuni cambiamenti potrebbero tuttavia ridare fiducia e speranza alla lotta di liberazione palestinese; si tratta di proposte che arrivano anche da intellettuali palestinesi ed arabi.

A mo’ di esempio riesaminiamo cos’è successo a Gaza nel 2006 dopo la vittoria di Hamas alle giuste e democratiche elezioni parlamentari palestinesi: i principali donatori dell’industria internazionale degli aiuti hanno immediatamente interrotto i finanziamenti verso i Territori Occupati di Cisgiordania e Gaza, per protesta verso i risultati del voto.

Quindi è lecito domandarsi: ma gli aiuti sono una risorsa o un problema?

Quell’esperienza ha svelato la vera faccia dell’industria degli aiuti (come anche la presenza, spesso con una precisa funzione colonialista, delle Ong) ed ha fatto comprendere quanto criminale fosse lasciare decidere il destino del popolo palestinese a qualcun altro.

Gli aiuti sono come le monete, hanno due facce: viene maledetto chi offre e chi riceve.

Crediamo si debba brandire la lezione e, appunto, cogliere l’occasione: se i palestinesi non danno dignità al loro futuro nessun altro lo farà, tanto meno i donatori amici di Israele, o lo stesso stato sionista, e nemmeno le Ong.

Chiunque approcci in maniera onesta alla questione palestinese, non può non essere d’accordo sul fatto che la leadership politica palestinese abbia solo fatto finta di non capire che “gli aiuti” non sono altro che delle catene, ed infatti, con la loro sapiente complicità, gli aiuti internazionali hanno continuato ad arrivare col fine di mantenere lo status quo. Vale a dire mantenere l’occupazione e non aiutare i palestinesi a resistere per liberarsi.

Oggi l’amministrazione Trump taglia i fondi all’UNRWA, agenzia ONU nata per supportare i profughi palestinesi, e trasferisce l’ambasciata USA a Gerusalemme, aggredendo così l’inalienabile Diritto al Ritorno del popolo palestinese.

A fronte delle continue dichiarazioni di Trump e dell’Occupazione contro il popolo palestinese ed il suo futuro, la risposta dei leader ha continuato ad essere costituita di sole parole, inefficaci dichiarazioni di condanna ma senza nessuna azione al seguito.

Proponiamo alcuni suggerimenti:

  • Porre immediatamente fine alla collaborazione tra Fatah e l’occupazione

Il coordinamento sulla sicurezza è stato la principale ragione della creazione dell’Ussc (dal 2005 il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha fornito personale ed assistenza finanziaria diretti alle organizzazioni di sicurezza).

L’Ussc da sempre ed in molte parti del mondo commette crimini ideologici e non solo, in Palestina opera anche come braccio integrativo dell’occupazione coloniale israeliana. Gli aiuti che provengono dagli USA attraverso l’intervento dell’Ussc non sono per la Palestina o per i palestinesi, sostengono i piani brutali del loro oppressore (l’occupazione israeliana), i contractor americani e il loro personale alla sicurezza.

Inoltre, l’intervento Ussc non è solo diretto a proteggere la sicurezza dell’oppressore, ma negli anni ha portato ad un’alta repressione dei palestinesi rendendo le forze di sicurezza dell’Anp più autoritarie, con la scusa di “garantire stabilità e ordine pubblico”.

  • Chiudere i progetti Usaid (Agenzia Statunitense per lo Sviluppo Internazionale)

La penetrazione di Usaid nella società palestinese è stata profonda e criminale fin dall’inizio. Le condizioni imposte sui palestinesi e il tipo di intervento che persegue, non solo hanno condotto a una dipendenza servile (tramite gli aiuti) e al mantenimento dell’occupazione, ma hanno anche distorto e snaturato la struttura della società civile palestinese, nei suoi valori, principi e dignità.

Per invertire la tendenza occorre subito impedire a Usaid di essere presente in Palestina. La visione politica dell’amministrazione Usa non fa presagire nulla di buono nel futuro, anzi.

  • Tagliare i rapporti con l’ambasciata Usa a Gerusalemme

È da autolesionisti mantenere legami e accogliere a braccia aperte una realtà dichiaratamente contro il popolo palestinese, esplicitamente dalla parte dell’occupazione.

Sia chiaro, la scusa dei principi fondamentali di diplomazia non regge ad un simile atteggiamento: immaginare la Palestina come uno stato libero e “normale” e non sotto occupazione è peggio che essere ingenui.

Occorre ribattere e resistere, questa la reazione naturale per un popolo oppresso.

Far finta di nulla, come ha voluto fare la leadership politica palestinese, significa semplicemente continuare a far parte del complesso ingranaggio dell’occupazione.

  • Tagliare drasticamente dal bilancio dell’Autorità Palestinese i costi (circa 200 milioni di dollari) del settore della sicurezza

Sembrerà strano, ma il principale costo nel budget dell’ANP è la sicurezza, che mangia circa il 30% del totale, ma dà molto poco in termini di reale sicurezza e protezione al popolo palestinese.

Cogliere l’occasione: la indegna decisione dell’amministrazione Trump offre alla leadership politica palestinese una opportunità straordinaria, ossia rivedere le sue priorità e finalmente abbandonare il modello che finora l’ha vista solo essere solo il gestore dell’occupazione israeliana.

E’ arrivato il tempo di cambiare marcia per assicurare dignità e autodeterminazione alla lotta di liberazione del popolo palestinese.

Pare evidente che scelte del genere presuppongano coraggio e coerenza, che avranno conseguenze sul presente e sul futuro della leadership palestinese e che chiederanno anche importanti sacrifici nel breve termine. Ma dall’altra parte, sono azioni minime e necessarie che la maggior parte dei palestinesi si aspetta e merita.

Per chiudere diamo la parola a Pepe Mujica che si esprime in questo modo parlando degli aiuti al Venezuela: «Non so proprio cosa si possa fare, ma ho fiducia nei popoli. A volte i popoli hanno bisogno di aiuto, ma ci sono aiuti che è meglio non avere, il Venezuela saprà uscirne da solo».

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