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rinascita

Peggio di Guido Carli

di Mimmo Porcaro

Guido Carli, Governatore della Banca d’Italia, ministro del tesoro, presidente di Confindustria, ecc., confessò nelle sue memorie di aver più volte aggirato il nostro Parlamento pur di preparare la strada ad una più compiuta unificazione europea.

Cosa che voleva fare per una limpida ragione di classe, ossia per offrire ai risparmiatori italiani la possibilità di pronunciare un secondo voto sull’operato del governo, in aggiunta a quello espresso nella cabina elettorale, scegliendo liberamente di investire o meno nei titoli nostrani o in quelli di altri stati, magari più “virtuosi”.

Un doppio diritto di voto che, ovviamente, spetterebbe in tal modo a chi viveva e vive di investimenti finanziari.

A chi vive solo o soprattutto di lavoro basta, chissà perché, un voto solo.

Nonostante questa sua esplicita motivazione classista, l’europeismo di Carli non era però senza discernimento: egli si batté con un certo successo per una Unione Europea dei pagamenti che potesse evitare la formazione di eccessivi squilibri trai partner del MEC, si preoccupò comunque dell’occupazione e non soltanto della stabilità monetaria e contrastò l’idea allora nascente secondo cui l’unico aggiustamento possibile per un paese in deficit fosse la deflazione.

Insomma, la sua Europa era classista ma non stupida. E infatti il nostro definiva letteralmente abominevole la mania teutonica di stabilire capziosi limiti quantitativi alla politica economica, validi in ogni stagione ed in qualunque punto del ciclo economico.

E letteralmente abominevole è ciò che sta accadendo oggi, oggi che un governo legittimato dal voto popolare (un voto che, ricordiamolo, è in gran parte quello dei perdenti della globalizzazione) si vede respingere da burocrati privi di qualunque legittimazione una manovra che, quanto a livello di indebitamento, è di puro buonsenso ed anzi inferiore alla bisogna, e quanto alla forma non fuoriesce nemmeno così tanto dalla logica liberista che domina in UE. Ma fuoriesce dai parametri, quindi nisba. E che l’Italia si tenga la sua depressione e la sua disoccupazione.

Ora, quel che noi di Rinascita! pensiamo del governo è chiaro: una coalizione popolare dominata dalla piccola e media impresa che asseconda alcuni bisogni popolari, che per questo confligge con l’Unione ma che non sa costruire una vera alternativa.

Qui però si tratta di difendere non tanto il governo quanto due principi elementari che dovrebbero informare anche l’azione di un governo “veramente progressista”, “veramente socialista”, che sarebbe trattato dai mercati e dalla Commissione Europea ancor peggio di questo.

Un principio di logica economica, per il quale “debito” non è né brutto, né bello: dipende (e per noi, oggi, è comunque necessario).

E un principio di logica democratica, per cui alla fine, Unione o non Unione, la decisione di un governo parlamentare è più importante di quella di una burocrazia che è stata nominata proprio per far sì che le cruciali scelte economiche siano attuate, come voleva il prof. Monti, “al riparo dal processo elettorale”.

Se questa burocrazia, per quanto insediata dai governi degli stati membri, si trova una o più volte in conflitto con le decisioni democratiche di un paese su questioni essenziali, o cambia, o prima o poi salta. E prima o poi salterà.

Non sappiamo quale sarà l’iter dello scontro.

Mediazione, pateracchio, precipitazione…: data l’assenza di una vera guida politica europea, tutto è possibile. E non mancheremo di incalzare il governo e di criticarlo duramente in caso di cedimenti immotivati.

Ma sappiamo qual è la posizione da prendere adesso: nella scelta tra la Commissione (e gli immancabili mercati) ed il governo noi stiamo col governo perché stiamo con la democrazia italiana.

Chi sta dall’altra parte sta con l’autoritarismo liberista.

Chi vuole la caduta del governo vuole la resurrezione del Nazareno (inteso come patto), o la glorificazione di Mattarella, o entrambe le cose: tutte evenienze, appunto, abominevoli.

I “sinceri democratici” dovrebbero finalmente capire che l’Unione Europea è il contrario della democrazia perché non sposta la sovranità popolare ad un livello più “alto” e quindi più efficace, ma semplicemente la cancella privando il parlamento europeo di ogni potere ed autonomizzando la Banca centrale da tutto tranne che dal liberismo.

I “veri antifascisti” che oggi offrono l’ultimo ossigeno a quel PD che è stato l’artefice dei più grandi misfatti ai danni della nostra Costituzione, dovrebbero chiedersi se non sia un tantino antidemocratico l’auspicare l’intervento punitivo dei mercati contro chi, per amore o per forza, tenta una pur blanda redistribuzione del reddito.

Qualcuno liberi finalmente, se ne è capace, la democrazia e l’antifascismo dal connubio mortale col liberismo!

Qualcuno torni a guardare i fatti e a capire la differenza tra nemico principale e nemico secondario!

Le formazioni politiche della sinistra non sono capaci di farlo. Ma molti tra i singoli militanti potrebbero farlo e mettersi finalmente dalla parte giusta: magari cominciando, così, un cammino nuovo.

P.S.: Giusto per spiegarci: avremmo un identico atteggiamento nei confronti del governo se a cozzare come oggi contro la Commissione europea ci fosse, invece dei gialloverdi, il PD. Ma, chissà perché, l’eventualità ci sembra remota.

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