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Il sovranismo del dollaro

di Christian Marazzi

È molto probabile che il processo di deglobalizzazione, la disarticolazione dell’ordine economico mondiale costruito negli ultimi trent’anni e voluto dai cosiddetti sovranisti alla Trump o alla Salvini (ma anche da una parte importante della sinistra), sia ormai ben avviato.

Lo smottamento dei mercati finanziari di settimana scorsa, la crescente divergenza tra i rendimenti azionari degli Stati Uniti e dei paesi emergenti, la guerra commerciale con la Cina, la stessa uscita degli USA dall’accordo sul nucleare con l’Iran e le stesse elezioni politiche in Italia, sono tutti sintomi di una svolta reale di portata storica. Inutile far finta di niente, è così.

Paradossalmente, in questa volontà di potere sovranista o isolazionista, in particolare dell’America trumpiana, qualcosa va in direzione esattamente opposta. Si tratta del dollaro, la moneta americana che in questi anni di crisi ha addirittura accresciuto il suo dominio all’interno del sistema finanziario globale.

Ha ragione Jean-Claude Junker, presidente della Commissione europea, quando si lamenta del fatto che l’Europa paga l’80% della sua bolletta energetica in dollari mentre solo il 2% delle sue importazioni energetiche provengono dagli Stati Uniti o quando dice che le imprese europee acquistano aerei europei pagandoli in dollari.

Sta di fatto che l’Euro pesa per non oltre il 20% nel debito globale a fronte del 62% del dollaro. Il 56% dei prestiti internazionali o il 63% delle riserve valutarie sono in dollari. L’aumento d’importanza del dollaro di questi ultimi anni quale moneta internazionale è avventuto malgrado i tentativi dei paesi emergenti di sganciarsi dalla valuta americana, ad esempio creando mercati obbligazionari in valuta locale, e malgrado il tentativo della Cina di internazionalizzare il renminbi, che però oggi conta nelle transazioni internazionali non più del 2%, insomma ancora molto poco. Si pensi che quando la Cina fa prestiti a paesi africani o asiatici, li fa in dollari, non in renminbi! Si pensi che oltre la metà del debito pubblico americano è detenuto dai cinesi!

È una vecchia storia, questa della supremazia del dollaro, si dirà. Dipende dalla forza dell’economia e dell’esercito americani, dal potere globale delle imprese finanziarie statunitensi, dalla liquidità e credibilità associata ai mercati denominati in dollari. Ma è un fatto che una politica sovranista o isolazionista come quella dell’America trumpiana mal si concilia con una moneta nazionale, quale è il dollaro, sempre più utilizzata internazionalmente. Delle due l’una, verrebbe da dire.

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