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rinascita

Nebbia in Europa

di Pierluigi Fagan

E così, anche dieci paesi del nord Europa si sono visti, parlati e si son travati d’accordo su qualcosa, lasciamo perdere cosa. Sono stati battezzati gli “anseatici” riprendendo una antica alleanza commerciale in voga nel nord Europa dal XII al XVI secolo.

Lo hanno fatto da tempo anche i quattro di Visegrad che però sono anche i quattro del segmento centro-nord dell’Europa dell’est, quattro più dieci fa quattordici.

Gli stessi di Visegrad poi, cercano affinità con un area più grande che ricorrendo alle tracce storiche geopolitiche (Intermarium polacco) è stato ribattezzato gruppo del Trimarium, sono altri otto, quattordici più otto fa ventidue (alcuni si sovrappongono con il gruppo del nord). In pratica, quelli del Trimarium, sono gruppi a differente composizione dei paesi dell’Europa dell’est.

Con Brexit, i britannici o più che altro gli inglesi (Remain vinse in tutta la Scozia, l’Irlanda del Nord e parte del Galles), ci hanno fatto sapere che loro sono inglesi ed inglese ed europeo sono insiemi che hanno qualche sovrapposizione ma non tanto da fare cose importanti assieme. Bastava leggere un libro di storia per saperlo in anticipo ma finché faremo commentare la storia a gli economisti non capiremo un tubo. Così l’UE scenderà da 28 paesi a 27.

C’è poi il gruppo EU MED composto dai sette paesi di antica cultura geografica mediterranea (a parte il Portogallo) e greco-romana (incluso quindi il Portogallo), fondato nel 2013, si è riunito già qualche volta ma qualcuno ne frena l’impeto e quindi è poco presente, ma c’è. Sette più ventidue fa ventinove e sembrano di più dei 28-27 dell’UE perché come detto alcuni li abbiamo conteggiati due volte, nell’area nord ed in quella est.

Riepilogando, pur convergenti su temi differenti, ci sono unioni naturali tra europei del nord, dell’est e del sud-ovest, perché? It’s Geo-History stupid!

Il mondo vi parrà in un modo se mettete gli occhiali polarizzati per l’ economia, o in un altro con lenti per la geopolitica, per la religione o per la cultura materiale, insomma più in generale per la “politica”. Qual è l’occhiale giusto? Dipende ovviamente dall’intento.

Cosa cercate, una unione economica? Potrete farla più o meno con chi vi pare, come si è fatto nella stessa Europa centro-occidentale con i paesi dell’ex Patto di Varsavia o come alcuni volevano a loro volta fare anche con la Turchia e perché no, anche Israele.

Se però volete fare una unione politica, allora è facile che per ragioni geopolitiche (geo sta per geografia) e storiche, quindi anche – se non soprattutto – culturali (dalla tradizione giuridica a quella etico-religiosa, dalla cultura alta a quella bassa, inclusa quella materiale, abitudini, valori, stili di vita, regolamenti sociali, mentalità, narrazioni e miti), non potrete prescindere dal principio di omogeneità relativa. Una unione politica non è niente di più e niente di meno che uno stato, il che presuppone un popolo che deve convivere sotto le stesse leggi. Poi lo potete fare più o meno federale o centralizzato ma questo viene dopo, prima dovete fare uno stato. Come si fanno gli stati?

Quando gli abitanti di quella che poi sarà chiamata Francia, il primo stato-nazionale europeo, si misero finalmente d’accordo, volenti o nolenti dopo la Guerra dei Cent’anni, di smettere di farsi concorrenza gli uni con gli altri, non andarono oltre i Pirenei o il Reno. Non è che fossero tutti davvero “francesi” in potenza, avevano belle differenze che poi nel tempo vennero omogeneizzate, ma secondo il principio di omogeneità relativa unirono quello che era relativamente meno differente e quello che era relativamente meno differente stava dentro un’area segnata dai tipici confini geografici, fiumi, mari, monti. Può sembrare strano ma nel mondo reale che è più nitido di quello mentale, gli esseri umani non camminano sulle acque e non si arrampicano facilmente su per tornanti quindi, nel tempo, si finisce per avere a che fare con Altri più facilmente raggiungibili, quindi quelli che tra noi e loro non oppongono significative barriere geografiche.

Dovrai poi pure fare delle forzature poiché i Bretoni si sentono parenti dei Cornish (Cornovaglia) o perché la differenza coi belgi valloni in effetti non esiste o perché nella Sars – Ruhr (Alsazia e Lorena) sono in pratica tedeschi o perché hai baschi che però sono anche in Spagna o corsi mezzi italici come a Nizza, ma insomma se vuoi fare una unità con intenti politici, non ti unirai certo con gli scandinavi, no? Sembra ovvio.

Eppure non è ovvio affatto soprattutto se continui a pretendere di guardare il mondo con occhiali economici riferendoti a progetti politici, una forma di delirio percettivo indotto da una ideologia purtroppo assai diffusa proprio in Europa: la tradizione “liberale” (che infatti è di origine inglese nella sua architettura dominante, quindi non prettamente europea).

Così non ti accorgi che, nei fatti, per molte delle normali decisioni che dovrebbe prendere una “unione”, l’Europa è una collezione di gruppi geostorici naturali tutti intorno all’unico paese che non è membro naturale di alcun sistema, la Germania. L’Europa è tutta quella confusa roba intorno alla Germania che non ne è il baricentro, ma il problema. Guardando cose lontane con occhiali correttivi per guardare da vicino sei come un miope che scruta l’orizzonte per cercare una visione ispirante, ma l’unica cosa che vedrai è nebbia.

Noi siamo in quella nebbia, l’attuale “Unione Europea” è quella nebbia, Bruxelles è il porto delle nebbie, il nostro modo di pensare al futuro dei paesi europei è annebbiato i concetti dati in pasto al dibattito pubblico per cui ti iscrivi a gli “europeisti” o ai “nazionalisti” sono nebbiosi, il primo molto più del secondo.

Guidare i nostri destini nella nebbia, in un mondo multipolare che va a duecento all’ora, è da incoscienti.

Te lo dice la geo-storia che forse conta un po’ più “dell’Europa”. Vai da un buon ottico e mettiti in asse lenti e cervello, vedere è la radice di conoscere.

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