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"È inutile commuoversi, la bambina dello Yemen muore anche per colpa nostra"

di Alberto Negri - Tiscali

C’è un filo rosso che lega il caso Khashoggi, le sanzioni all’Iran e la bambina morta di Yemen: la complicità attiva delle politiche americane e occidentali con i peggiori regimi del Medio Oriente. Mentre i giornali e le tv europee e americane grondano di retorica sulle stragi di civili in Yemen, che durano da anni, gli Stati Uniti, prima quelli di Obama e adesso quelli di Trump, continuano a rifornire di armi la monarchia saudita e a dirigere i bombardamenti nello Yemen. Non solo. Facciamo affari e diamo armamenti ai Paesi della cosiddetta “coalizione araba” alleata di Riad, in primo luogo gli Emirati Arabi Uniti, che hanno sul campo oltre 30mila militari, in gran parte mercenari, che con i sauditi combattono gli Houthi, i ribelli sciiti zayditi sostenuti dell’Iran.

Il caso di Riad è stranoto. Un Paese proprietà di una famiglia, i Saud, che fonda la sua legittimità sull’Islam wahabita, una delle versioni più conservatrici e retrograde dell’Islam, la stessa ideologia religiosa intollerante che in Pakistan alimenta le proteste contro l’assoluzione della cristiana Asia Bibi.

Sono decenni che i sauditi si oppongono agli sciiti in Medio oriente. Negli Ottanta incoraggiarono e finanziarono Saddam Hussein per attaccare l’Iraq: una guerra che fece un milione di morti.

E dopo la caduta del Raìs a Baghdad i sauditi con le altre monnarchie sunnite del Golfo ha sostenuto i jihadisti, prima in Iraq contro il governo a maggioranza sciita e poi in Siria contro il regime di Bashar Assad alleato di Teheran.

In Yemen bombardano gli Houthi da molto prima del 2015, anno in cui viene fatta iniziare ufficialmente la guerra. Ero in Yemen tra il 2008 e il 2009 è già allora l’aviazione saudita bombardava gli Houthi con una tragedia umanitaria in gran parte ignorata: i campi profughi si riempivano al Nord di rifugiati yemeniti che si aggiungevano a centinaia di migliaia di somali in fuga dal Corno d’Africa. Già allora lo Yemen era alla fame.

Ma queste sono vicende che venivano largamente ignorate qui perché i sauditi sono non soltanto i maggiori acquirenti di armi dell’Occidente ma anche tra i principali investitori economici e finanziari: in poche parole forniscono migliaia di posti di lavoro nell’industria bellica con le loro commesse.

Se non ci fosse stato il caso di Jamal Khashoggi, il giornalista saudita massacrato nel consolato di Riad a Istanbul, probabilmente i giornali e le tv americane avrebbero continuato a relegare la guerra in Yemen nei titoli di coda.

Si continua però a passare sopra al coinvolgimento di un altro protagonista delle stragi in Yemen, gli Emirati Arabi Uniti. Questo staterello di 1,5 milioni di abitanti, ha un bilancio della difesa di 22 miliardi di dollari l’anno, più o meno quello dell’Italia. In poche parole l’emirato è una sorta di Sparta del Golfo che fornisce 30mila mercenari per fare la guerra insieme alla coalizione araba in Yemen. Anche gli Emirati sono tra i più importanti clienti di armi dell’Occidente e per questo vengono a trattati con i guanti.

Perché avviene tutto questo? Le monarche del Golfo e Israele hanno come loro maggiore nemico l’Iran e in sintesi ci pagano non solo per tenere in piedi i loro regimi anacronistici ma anche per fare la guerra a Teheran. Ed ecco che stanno per partire le sanzioni americane verso la repubblica islamica iraniana nel tentativo di soffocarla economicamente e finanziariamente.

L’Europa protesta con voce flebile e non ha il coraggio di fermare gli americani perché è complice di Washington nella guerra in Yemen e in tante altre che hanno afflitto il Medio Oriente in questi decenni. Quella bambina yemenita muore anche per colpa nostra ma ci auto-assolviamo con gli aiuti umanitari: da un parte vendiamo bombe e aerei all’Arabia Saudita (50 Tornado di cui il consorzio Leonardo ha il 30% degli utili) dell’ineffabile e criminale principe Mohammed bin Salman, che fino ieri abbiamo celebrato come un “riformista”; dall’altro la nostra mano elargisce una carità pelosa a chi sta morendo. E inutile commuoversi: cambiamo politica estera e alleati. Ma questo coraggio, come avrebbe detto Don Abbondio, noi non ce lo possiamo dare.

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