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Il Belgio ha usato i soldi di Gheddafi per favorire l’immigrazione in Europa

di Mauro Indelicato

Quando scoppia il caos in Libia nel 2011 e la Francia assieme alla Gran Bretagna iniziano a preannunciare un intervento bellico, nelle tv di tutta Europa vengono annunciati a più riprese alcuni provvedimenti che scattano contro Gheddafi. In primo luogo vengono congelati i beni del rais in Europa. Non sono certamente pochi: tra fondi di investimento statali, partecipazioni, quote e società, in ballo ci sono miliardi di Euro custoditi nelle banche di buona parte del vecchio continente. Si tratta, nella realtà, non tanto di beni privati della famiglia di Gheddafi bensì di soldi dei libici. Con la stessa imprecisione con la quale all’epoca si dà notizia di fosse comuni e bombardamenti sui manifestanti attuati da Gheddafi, si definisce “tesoro” del rais quello che in realtà costituisce un blocco di beni e denaro di fondi di investimenti sovrani e non solo. Tutto però viene congelato, in attesa di sviluppi. O almeno così pare: dal Belgio infatti emerge l’ombra di uno scandalo riferibile proprio ai soldi libici congelati.

 

Lo scandalo che imbarazza Bruxelles

A congelare quei beni contribuiscono anche alcune risoluzioni dell’Onu. Questo non è un episodio di poco conto nell’economia della guerra che si sviluppa poi con l’intervento Nato.

Il governo libico, non personalmente Gheddafi, si ritrova con miliardi di euro bloccati e Tripoli inizia a far fatica nel finanziare la propria economia di guerra. Si hanno meno soldi per pagare i soldati, per mettere carburante a carri armati ed aerei, la situazione quindi inizia a sfuggire di mano al rais ed al suo entourage. Se già di per sé il congelamento dei fondi libici appare come un’intromissione dell’Onu e della comunità internazionale in un conflitto che, in teoria, ha come obiettivo la “tutela” dei civili e non il regime change, quello che in queste settimane si scopre in Belgio è ancora più grave.

Un’inchiesta della Rtbf, la radio televisione belga in lingua francese, svela come in realtà l’esecutivo di Bruxelles non abbia affatto all’epoca congelato i fondi. Anzi, una fetta di quei soldi sarebbe servita a finanziare una miriade di sigle, formazioni e gruppi spesso anche ricollegabili alla galassia jihadista. Secondo la tv belga, un totale di 14 miliardi ricollegabili ai conti di Gheddafi risulta presente nel 2011 in alcune banche belghe. I soldi sono ripartiti tra la sedi locali di Bnp Paribas Fortis, Ing, Kbc e Euroclear Bank. Da queste somme si sarebbe generato un flusso di denaro non indifferente finito nelle tasche di svariati gruppi libici. Fondi dispersi, utilizzati per armare e finanziare chi successivamente ha contribuito a destabilizzare la Libia. Il reportage in questione cita anche fonti rimaste anonime dei servizi segreti: “La guerra civile in Libia ha determinato una grande crisi migratoria – dichiarano tali fonti – Secondo una fonte vicina ad agenti segreti, il ruolo del Belgio non è neutro”. Il riferimento dunque è chiaro: con i soldi che dovevano rimanere congelati, Bruxelles ha finanziato gruppi terroristici ma anche trafficanti di esseri umani. Il Belgio quindi, secondo quanto trapelato dal reportage, sarebbe complice della destabilizzazione della Libia e dell’impennata di sbarchi in Italia.

 

Adesso in Belgio la questione è anche politica

Di fronte ad uno scenario del genere, ovviamente anche la politica nel paese è andata in subbuglio. A sollevare il caso è il parlamentare dei Verdi Georges Gilkinet. Il deputato accusa apertamente l’esecutivo di allora di aver finanziato terroristi e trafficanti di esseri umani con i soldi libici che in teoria dovevano rimanere congelati nelle banche belghe. Lo stesso Gilkinet, come si legge su LaPresse, punta il dito contro Didier Reynder. Si tratta dell’attuale ministro degli esteri, all’epoca però ministro delle finanze: “In qualità di titolare del ministero delle finanze – dichiara il deputato verde – era Reynder che aveva il potere di decidere sul destino di quei fondi”. Anche i socialisti, per bocca del deputato Dirk Van der Maelen, accusano il governo di allora ed alcuni membri di quello di oggi.

In particolare, il socialista fiammingo punta il dito sia contro Reynder che contro Johan Van Overtveldt, attuale ministro delle finanze: “Le loro spiegazioni non convincono”, afferma Van der Maelen. I diretti interessati ovviamente si difendono, ma il dato di fatto che emerge è che, alla fine, da Bruxelles qualcuno ha dato l’ordine di scongelare quei beni e dirottare miliardi di Dollari in Libia. E quei soldi sono finiti nelle tasche di criminali e terroristi.

 

Emerge anche un inquietante rapporto Onu

A ribadire quest’ultima circostanza è anche un rapporto delle Nazioni Unite pubblicato a settembre: “Nel rapporto Onu ci si accorge di un traffico di armi per alimentare le fazioni armate”. A sottolinearlo è il professor Robert Witterwulghe, dell’università di Lovanio: “Esiste tutto un mercato – prosegue il docente – che punta a far venire migranti e ingaggiare nigeriane nella rete di prostituzione. È un’impresa mafiosa che si appoggia su tutte le milizie in questione. Ricevono fondi esterni”.

E questi fondi arrivano dal Belgio. E forse non solo da qui. Per adesso è Bruxelles, intesa come capitale del Belgio, ad essere stata scovata e ad essere quindi sotto accusa. Ma la mole di denaro arrivata in Libia suggerisce che le responsabilità forse siano da ravvisare anche nella Bruxelles che ospita le istituzioni europee. Dal vecchio continente, in nome della guerra a Gheddafi, sono stati stornati fiumi di denaro ai più disparati gruppi. Fazioni che, oltre ad imbottire di terroristi la Libia, hanno riempito il Mediterraneo di barconi pieni di migranti.

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