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sinistra

Giorgio Agamben 

di Sandro Dell'Orco

Incontro rapido con un suo saggio sul concetto di contemporaneità1. Impressioni altrettanto rapide e irriflesse

I - Gli studenti che nel 2006 hanno ascoltato la lezione di Agamben sulla contemporaneità, devono esserne rimasti alquanto sconcertati. Nel senso che devono averne ricavato ben poco sul piano pratico, che è quello che in definitiva conta. La domanda era: come si fa ad essere contemporanei dei testi del passato? E la risposta che viene fornita loro nel corso della lezione, invece di fare appello alla ragione, li invita a cogliere intuitivamente, al di là del presente empirico, un suo ipotetico ed oscuro fondamento che lo collegherebbe al passato e al futuro. Insomma il vero contemporaneo della propria epoca non è colui che esperisce sensibilmente e intellettualmente il presente fenomenico, cercando di spiegarlo con leggi storiche, ma colui che, sintonizzandosi sul suo invisibile “sottostante”, si rende misticamente partecipe dei nessi, necessari quanto oscuri, tra presente, passato e futuro.

II - Dietro il suo pensiero c'è l'ennesima pretesa di sanare la contraddizione di soggetto / oggetto riportando ingenuamente il soggetto all'oggetto. Nella tradizione millenaria della 'reductio ad unum' che accomuna tutte le ontologie materialiste o idealiste e che viene interrotta da Marx. Dimenticando la lapalissiana verità che il soggetto non può esser ridotto all'oggetto, né questo al soggetto (2).

In ciò Agamben non fa che proseguire da un lato la tradizione dello strutturalismo e del post-strutturalismo, e dall'altro il pensiero del suo maestro Heidegger, congiunti tutti e tre, su versanti diversi, nell’impresa alla Munchausen di uccidere (decostruire) il soggetto affogandolo nell'oggetto.

Opera in queste teorie, sottaciuta o inconsapevole, la concezione della verità come corpus coerente dipendente da un unico principio, che la presenza di un secondo principio mette in crisi ― e questo secondo principio è appunto l'uomo empirico, storico, il soggetto, che guasta sempre la festa ai tessitori instancabili di sistemi oggettivi, nelle cui trame illusionistiche l'autocoscienza e la libera volontà vengono fatte sparire.

Si potrebbe dimostrare come tutta questa produzione intellettuale sia ideologia, cioè la traduzione inconsapevole e necessaria della presente situazione economica mondiale in pensieri.

Qui basterà ribadire che la dialettica, cioè la coesistenza di due principi, è ineliminabile, e che quindi (al contrario di quanto pensa ogni ontologia) la verità oggettiva dipende dalla prassi umana, secondo quanto è implicito nel famoso filosofema di Marx: "I filosofi hanno soltanto diversamente interpretato il mondo, ma si tratta di trasformarlo."


Note
(1)https://www.sinistrainrete.info/filosofia/3546-giorgio-agamben-che-cose-il-contemporaneo.html
(2) Riporto qui, per chiarire il concetto, ciò che Schelling scriveva nel 1795, nelle Lettere filosofiche su dogmatismo e criticismo, a proposito della contrapposizione tra le dottrine di Spinoza e quelle di Kant (tra il dogmatismo e il criticismo, nel suo linguaggio). “Se questo (il dogmatismo ndr) pretende che io debba sparire nell’oggetto assoluto, viceversa quello (il criticismo ndr) deve necessariamente pretendere che tutto ciò che si chiama oggetto sparisca nell’intuizione intellettuale di me stesso. In entrambi i casi è perduto per me ogni oggetto, ma appunto per questo insieme anche la coscienza di me stesso come soggetto. La mia realtà scompare in quella infinita. Queste conclusioni appaiono inevitabili non appena si presuppone che i due sistemi tendono a sopprimere quella contraddizione tra il soggetto e l’oggetto all’identità assoluta. Non posso sopprimere il soggetto senza sopprimere insieme l’oggetto, in quanto tale , ma appunto per questo insieme anche ogni autocoscienza; e non posso sopprimere l’oggetto senza sopprimere insieme il soggetto, in quanto tale, e cioè ogni suo carattere personale. Ma quel presupposto è senz’altro inevitabile. Poiché ogni filosofia esige, come fine di ogni sintesi, una tesi assoluta. (…) Il dogmatismo può raggiungere col sapere teoretico l’assoluto, altrettanto poco del criticismo, poiché un oggetto assoluto non tollera accanto a sé alcun soggetto, ma la filosofia teoretica è fondata appunto su quel contrasto fra il soggetto e il soggetto.”

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