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Gli anatemi liberisti del Corriere

di Carlo Formenti

Il Corriere della Sera contende al Sole24Ore la palma di voce più autorevole della grande borghesia italica, appoggiando di volta in volta i partiti che meglio ne rappresentano gli interessi. Uno dei compiti che si è assunto per svolgere il ruolo, consiste nell’impartire lezioni di “moderazione” e “buon senso” alle sinistre di questo Paese. Così, nell’accompagnare il processo che ha visto il più grande partito comunista europeo mutare progressivamente in ala “sinistra” del liberismo nostrano, non ha mai smesso di incalzarlo, per suggerirgli che la direzione era giusta, ma occorreva fare di più.

Purtroppo, a furia di mettere in pratica quegli ammonimenti, quel che resta della nostra spelacchiata sinistra – dal Pd ai cespugli neocomunisti – ha perso ogni presa sulle classi popolari, che gli hanno voltato le spalle e si sono rivolte ai movimenti populisti. Eppure il Corrierone non cessa di ammonire i suoi scolaretti: attenti a non farvi tentare da nostalgie keynesiane, stataliste e welfariste, ancorché ridotti al lumicino, la vostra missione resta quella di fiancheggiare le politiche liberiste della Ue a trazione tedesca. Non stupisce quindi che registri con irritazione l’emergere (da noi ancora episodico, mentre in Francia, Spagna e Germania occupa spazi meno marginali) di idee anti Ue (populiste e sovraniste, come usa dire per squalificarle) anche a sinistra, con il rischio di rompere l’armonia dell’auspicato “fronte antipopulista” in cui alle sinistre spetta il ruolo di mosche cocchiere.

Così, recensendo sulle pagine della “Lettura” di domenica 18 novembre il libro di Thomas Fazi e William Mitchell “Sovranità o Barbarie (chi scrive ne ha parlato su queste pagine qualche giorno fa) Antonio Carioti bacchetta gli autori (“La sinistra anti-euro gioca col fuoco”) parlando assai poco delle analisi storiche, politiche ed economiche con cui costoro sostanziano le proprie tesi, e limitandosi a lanciare tre anatemi contro altrettante idee “scandalose” contenute nel libro.

Primo scandalo. Il libro osa accostare le idee sui benefici dell’integrazione economica continentale di un pensatore liberale come Luigi Einaudi a quelle dei nazisti. Evidentemente Carioti non conosce l’ampia letteratura (che annovera economisti, giuristi, politologi non solo di sinistra) in cui tale tesi – per nulla innovativa – è già stata avanzata. Il pensiero liberale sull’integrazione economica continentale ha infatti il proprio ispiratore in von Hayek, il quale metteva in cima alla lista dei suddetti benefici l’indebolimento del potere contrattuale dei lavoratori, della sovranità popolare e della democrazia parlamentare (attraverso il rafforzamento dell’esecutivo a danno del legislativo). Una visione condivisa dagli Einaudi e dai Carli, tanto che quest’ultimo, esaltando i benefici dell’adesione italiana al Trattato di Maastricht, ebbe a dire che avrebbe condotto ad “allargare all’Europa la Costituzione monetaria della Repubblica Federale di Germania” e quindi costretto tutti “ad assumere comportamenti antinflazionistici”, e avrebbe implicato “un mutamento di carattere costituzionale per cui si sarebbero ristrette le libertà politiche e riformate quelle economiche” realizzando, in particolare, “una redistribuzione delle responsabilità che restringa il potere delle assemblee parlamentari ed aumenti quelle dei governi”, e un ripensamento complessivo delle “leggi con le quali si è realizzato in Italia il cosiddetto Stato sociale”.

Le sinistre “moderate” che piacciono al Corriere – da Ciampi a Prodi ad Amato, per citare solo alcuni esponenti – hanno contribuito ad attuare tale progetto che, fra le altre cose, ha comportato l’autolimitazione della sovranità italiana, per cui le nostre élite, pur di restare in sella, si sono sottoposte alle regole imposte dall’esterno, cioè dalla Ue. Che poi – secondo scandalo – Fazi e Mitchell mettano in luce come l’accettazione di tali regole abbia consegnato alla Germania un’incontrastata egemonia sul continente, non ha nulla a che fare, come scrive Carioti, con esasperazioni nazionaliste e revansciste, ma è un dato di fatto riconosciuto da autorevoli economisti non marxisti – perlopiù di neokeynesiani, che per il Corriere sono peggio dei marxisti. Il Terzo Reich tentò di ottenere il dominio sull’Europa con mezzi cruenti, ciò non toglie che l’obiettivo raggiunto per vie più soft sia il medesimo.

Infine, terzo scandalo, Fazi e Mitchell sostengono che la spesa pubblica – ove potessimo riottenere la nostra sovranità monetaria – sarebbe un falso problema. Anche qui le letture di Carioti appaiono deficitarie, visto che a sostenerlo sono decine di economisti (anche in questo caso non solo marxisti) ma si sa: ai redattori del Corrierone è consentito leggere solo gli editoriali degli ineffabili Giavazzi e Alesina (i Bocconi boys, come li chiama ironicamente Krugman), le opere di tutti gli altri, soprattutto se in odore di keynesismo, sono all’indice.

 

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