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Il bisogno di Filosofia

di Salvatore Bravo

Il bisogno di Filosofia è un bisogno autentico, in quanto filosofare è proprio dell’essere umano, fin quando l’essere umano esisterà in natura nella forma da noi conosciuta e vissuta, la Filosofia sarà parte del suo paesaggio esistenziale bisogno ineludibile come l’arte e la religione. Non è un caso che la Filosofia dello Spirito Assoluto di Hegel si costituisce in tre momenti: l’arte, la religione, la Filosofia. Hegel attraverso tale manifestazione della verità/totalità su livelli di consapevolezza e chiarezza concettuale crescenti, fino al concetto coincidente con la Filosofia, palesa tre aspetti eterni della natura umana che si concretizzano nella Storia: l’arte, la religione, la Filosofia. Esse apportano umanità alla condizione umana, poiché sono espressione di pulsioni spirituali, interiori che necessitano di risposte che si fenomenizzano per essere trascese in quanto pensate. La consapevolezza, la matariflessione dell’umanità sulle sue eterne manifestazioni consente non tanto il progresso nel senso positivistico, in quanto concretizzazione di strumenti d’uso e tecnici con cui operare nella contingenza, ma la consapevolezza etica del telos (dal termine greco τέλος, che significa "fine"), senza il quale l’umanità si ritrova determinata dalle contingenze tecnocratiche che fatalmente e passivamente la guidano nell’applicazione, senza che essa possa discernere e discriminare le modalità d’uso.

La Filosofia è dunque necessaria per pensare progetti sociali ed etici condivisi, se tale disposizione naturale al pensiero, al bisogno metafisico è ridimensionata o dileggiata a favore della tecnocrazia, siamo innanzi al tentativo di mutare la natura umana e la Storia. La Filosofia è un argine contro le forze della disintegrazione, dell’atomismo sociale senza speranza e fine a se stesso. La necessità della Filosofia è tanto più urgente tanto più le scienze esatte alleate dell’economia, vivono il trionfo della frammentazione specialistica senza la capacità di pensare la totalità, le conseguenze del proprio operato. La Filosofia è il pensiero, il concetto (Begriff) che connette le scissioni per ricostruire l’ordito del complesso con i suoi innumerevoli piani di azione e reazione. La totalità, la complessità con la dialettica della dimostrazione razionalmente fondata rende evidente quanto lo stesso elemento assuma declinazioni diverse, se lo si giudica in astratto, separatamente dal tutto o in concreto collegandolo al tutto. La presenza della Filosofia, il suo ruolo, è un indicatore della salubrità di una comunità. Se prevale solo l’intelletto (Verstand), regna la scissione la quale non è da confinare alle sole scienze, ma investe la comunità tutta, rendendola conflittuale, regno della dismisura, della polarizzazione dei diritti come delle ricchezze. La ragione (Vernunft) è la connessione, la complessità, l’unità, da non intendersi come semplice elemento metodologico, ma è un modus vivendi nella prassi della vita quotidiana. La comunità razionale vive di vincoli sociali, etici, relazionali. L’intelletto e la ragione, se non sono in equilibrio intensivo, strutturano comunità disomogenee sempre sul rischio dell’abisso. Hegel ci viene incontro e ci offre con chiarezza le ragioni del bisogno della Filosofia:

“Se consideriamo più da vicino la forma particolare che una filosofia assume, allora la vediamo nascere da un lato dalla vivente originalità dello spirito, che ha in lei ristabilito e autonomamente configurato per mezzo di sé la lacerata armonia, dall'altro dalla forma determinata che assume la scissione da cui il sistema scaturi sce. La scissione è la sorgente del bisogno della filosofia, e, in quanto cultura dell'epoca, il lato non libero e dato della figura. Nella cultura ciò che è manifestazione dell'assoluto si è isolato dall'assoluto e fissato come qualcosa di autonomo. Ma allo stesso tempo la manifestazione non può rinnegare la sua origine e deve prefiggersi di costituire in una totalità la molteplicità delle sue limitazioni; la forza del limitare, l'intelletto, intreccia al suo edifico, che pone tra gli uomini e l'assoluto , tutto ciò che per l'uomo ha valore ed è sacro, lo consolida per mezzo di tutte le potenze della natura e dei talenti e lo estende nell'infinità; in esso si trova la totalità completa delle limitazioni, ma non l'assoluto stesso; perduto nelle parti, mentre anela ad estendersi fino all'assoluto, produce infinitamente solo se stesso, e si prende gioco di sé1 .”

 

La dissoluzione nella specializzazione

L’urgenza della Filosofia è oggi sempre più stringente: le scienze moltiplicano con la specializzazione la quantità delle loro conoscenze. Esse sganciate da ogni paradigma etico e filosofico hanno un potenziale distruttivo irreversibile. Dinanzi alla potenza tecnocratica l’immane potenza del negativo che con la dialettica non solo ricompone unità empiriche, ma specialmente pone tra l’essere umano e l’uso delle tecniche la mediazione della ragione olistica, non è più rimandabile. La comunità si dissolve in società dei bisogni illimitati ed inautentici, in quanto con la moltiplicazione dei mezzi incentivati da una tecnologia sempre più sganciata dalla scienza (altra scissione!), l’individualizzazione dei soggetti umani impera, per cui presi dal semplice soddisfacimento dei bisogni si taglia ogni vincolo con la comunità. La desintegrazione è dietro l’angolo, pertanto l’esponenziale crescita, rende la Filosofia tanto più necessaria quanto più alla crescita delle conoscenze specialistiche si accompagna la scissione sociale e culturale:

Quanto più la cultura progredisce, quanto più molteplice diviene lo sviluppo delle manifestazioni della vita, nelle quali si può intrecciare la scissione, tanto maggiore diviene la potenza della scissione, tanto più fissa la sua sacralità climatica, tanto più estranei alla totalità della cultura e privi di significato gli sforzi della vita di rigenerarsi nell'armonia. Tali tentativi, pochi in rapporto alla totalità, che hanno avuto luogo contro la cultura moderna, e le belle creazioni più significative del passato o della cultura straniera hanno potuto risvegliare solo quell'attenzione che resta possibile quando non può venir inteso il più profondo e serio rapporto all'arte vivente; con l'allontanamento da lei dell'intero sistema delle relazioni di vita è perduto il concetto della sua connessione che tutto comprende, ed è trapassato nel concetto o della superstizione o di un gioco di intrattenimento2 . “

 

Declino della Filosofia e responsabilità

Il declino della Filosofia non avviene in modo fatale, per necessità dialettica, ma trova la causa profonda nella responsabilità degli stessi intellettuali. Coloro che praticano la Filosofia come scelta di vita, come professione declinano verso le discipline scientifiche, disprezzano i metodi filosofici d’indagine e specialmente reputano la ricerca della verità, in quanto totalità, un sogno adolescenziale da superare in nome del scientismo ad ogni costo. La Filosofia smette di essere un segnalatore di pericolo, un salvavita per tutti come affermato da Costanzo Preve in Storia critica del marxismo per diventare ideologia, ovvero parte della riproduzione del sistema, diventa anch’essa automatismo, in quanto ha rinunciato alla verità per rifugiarsi tra le braccia rassicuranti ‘dell’esattezza’. La Filosofia ha le sue responsabilità con cui deve confrontarsi. Il circolo mediatico, il clero orante è sempre in azione, tra di essi si ritrovano specialisti della Filosofia, non certi filosofi, pronti a vendere ‘pericolosamente’ un’intera tradizione insostituibile:

”Il disprezzo verso la ragione si mostra ne l modo più forte non nel fatto che essa viene liberamente disdegnata e ingiuriata, ma nel fatto che la limitatezza si gloria di maestria nella filosofia e di amicizia con lei. La filosofia deve respingere l'amicizia con simili falsi tentativi che si gloria no in modo disonesto dell'annientamento delle particolarità, muovono dalla limitazione e applicano la filosofia come un mezzo per salvare e mettere al sicuro tali limitazioni. Nella lotta dell'intelletto con la ragione, quello guadagna una forza solo in quanto questa rinuncia a se stessa; il buon esito della lotta dipende dunque da lei stessa e dell'autenticità del bisogno di ricomposizione della totalità da cui procede. Il bisogno della filosofia può essere espresso come il suo presupposto, se alla filosofia, che comincia con se stessa, deve essere fatta una specie di vestibolo; e nei nostri tempi si è molto parlato di un presupposto assoluto. Ciò che viene chiamato presupposto della filosofia non è altro che il bisogno sopra espresso3 .”

 

Quantità senza qualità

La scissione imperante ha la sua verità profonda non solo nelle specializzazioni sempre più estreme, ma anche negli ambienti istituzionali della Filosofia che hanno abdicato al loro dovere etico (Sollen), in nome del valore di scambio. In questo caso il baratto, qualora si confermi anche nei tempi che verranno, troveranno un’umanità sconfitta, persa tra le mercificazione e le alienazioni. La quantità senza la qualità del senso e delle relazioni non è un compensativo immediato della negazione metafisico-ontologica, presto tale compensazione mostrerà i suoi tragici limiti. Nulla è facile, ma tutto diventa più difficile in un mondo senza idee, senza teoretica, votato unicamente al valore d’uso e quindi all’autodistruzione. Se il pianeta è in affanno, se i popoli sono solo plebe alla catena dell’economia è per l’assenza del pensiero che connette, e supera la morte presente nella scissione a favore della vita, la quale è unità, tensione tra diversi pieni che si riconoscono nell’unità:

“Allo stesso modo ogni apparenza di un centro, che la filosofia popolare dà al suo principio dell'assoluta non-identità di un finito e di un infinito, vien rigettata dalla filosofia, che mediante l'assoluta identità innalza alla vita la morte degli scissi, e mediante la ragione, che li intreccia entrambi in sé e maternamente li pone come uguali, si sforza di raggiungere la coscienza di questa identità del finito e dell'infinito, cioè il sapere e la verità4 ”.


Note 
1 F. Hegel, Differenza tra il Sistema filosofico fichtiano e scellinghiano, www.ousia.it, pag. 6
2 Ibidem pag. 7
3 Ibidem pag. 7
4 Ibidem pag. 51
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