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À la guerre comme à la guerre

di Leonardo Mazzei

Che succede se la minaccia dell'oligarchia eurista di provocare, nei primi mesi del 2019, una crisi di liquidità sul debito italiano, diventa realtà? Se il disegno di lorsignori è chiaro (leggi qui), quali sono le contromisure possibili che il governo può adottare?

Ecco una domanda alla quale non si può sfuggire. Proviamo allora a sintetizzare la risposta in tre punti.

 

1. La partita politica e l'entità finanziaria del problema

Ormai tutti avranno capito quel che andiamo dicendo da tempo. L'attacco di Bruxelles alla Legge di Bilancio non dipende dai numeri della manovra, ma dalla volontà di stroncare sul nascere l'esperimento populista del governo M5S-Lega. L'aumento dello spread è in buona parte il frutto di questo consapevole attacco all'Italia.

Ma qual è l'entità finanziaria del problema? Secondo lo scadenzario del Tesoro, nel 2019 - esclusi quelli a breve, cioè i Bot, che vengono emessi e rinnovati di continuo - l'insieme dei titoli in scadenza (Btp, Cct, Ctz ed altri meno rilevanti) sarà pari a 201 miliardi (md) di euro. Tanti, ma assai meno di quel che scrive terroristicamente la stampa.

Di questi, circa 30 md verranno riacquistati dalla Bce, che alla fine dell'anno chiuderà il Quantitative easing (Qe), ma non ridurrà lo stock dei titoli precedentemente acquistati. Oltre ai Btp di nuova emissione da collocare, restano dunque 171 md da rinnovare.

E' ben noto come i riflettori siano puntati sugli investitori internazionali. Per ovvie ragioni, sono infatti questi ultimi a pretendere tassi più alti per compensare il rischio valutario (evidentemente all'estero sanno bene che l'uscita dall'euro non è impossibile...). Negli ultimi mesi la quota del debito detenuta da costoro è scesa al 28%, per un valore che sui titoli in scadenza l'anno prossimo possiamo calcolare all'ingrosso in circa 48 md.

Quarantotto miliardi. Ammettendo che i soggetti italiani (le banche in primis) rinnovino i loro titoli, è questa l'entità del problema. Non poco, ma neppure i fantastiliardi di cui si ragiona. Naturalmente, qualche banca italiana potrebbe anche decidere di scaricarsi di un po' di Btp, ma i tassi vantaggiosi consiglierebbero piuttosto l'opposto. Senza considerare che anche all'estero (ed esattamente per la stessa ragione) non tutti decideranno di uscire dai Buoni del Tesoro. Ultima annotazione sul punto: 48 md sono una cifra molto vicina ai 40 md in meno che verranno acquistati dalla Bce per la fine del Qe. Come si vede, finanziariamente parlando, il problema è lì che si origina. Politicamente invece, come abbiamo già detto, quel che conta è la volontà del blocco eurista di punire pesantemente il nostro Paese.

 

2. Le prime misure difensive

Abbiamo trattato più volte delle possibili misure difensive da opporre agli avvoltoi dello spread. Anche se non può stupirci, fa un certo effetto vedere tutti i media nazionali mainstream battere sulla grancassa dello spread. Da veri traditori degli interessi nazionali, e ben consci della povertà dei loro argomenti, a costoro non par vero di avere quest'arma a disposizione. Speriamo che venga presto il giorno in cui anche questi impostori debbano rispondere del loro operato.

Nel frattempo è urgente concentrarsi sulle prime misure difensive che pensiamo il governo dovrà adottare. Di questo abbiamo scritto più volte (vedi ad esempio qui) nei mesi scorsi. Sapevamo come il tema sarebbe diventato centrale. Da qui la proposta dei "Btp famiglia", uno strumento finanziario rivolto unicamente alle famiglie allo scopo di avviare un percorso di rinazionalizzazione del debito. Del resto, la quota del debito pubblico detenuta dai risparmiatori italiani è scesa dal 2011 di ben 80 miliardi. Perché non provare ad invertire questa tendenza, tenendo conto che i depositi liquidi delle famiglie - in costante crescita a causa della rischiosità generale degli investimenti finanziari -  ammontano ormai a circa 1.200 md?

La stessa proposta dei Cir (Conti individuali di risparmio), avanzata in ambito governativo, va esattamente nella stessa direzione. Ma è ora il momento di passare dalle parole ai fatti. Qualcuno obietterà come anche i piccoli risparmiatori siano adesso assai prudenti nell'investire in titoli di Stato. In effetti la recente asta dei "Btp Italia", anch'essa rivolta alle famiglie, è andata decisamente male. Ma perché stupirsi di questa defaillance, se non si è combattuta a dovere la disinformazione sistemica sui fondamentali del debito italiano, spiegando le vere ragioni che muovono i signori dello spread?

La verità è che si potrà avviare il processo di rinazionalizzazione del debito solo ad una condizione: che lo Stato sia credibile, che esso si impegni senza indugio a dare le garanzie necessarie, che chi governa stia al pezzo anziché pensare ai tweet. Che si cominci insomma a manifestare una vera classe dirigente, senza la quale la sfida all'Ue sarebbe solo un annunciato suicidio.

E' quello Stato di cui sentono bisogno le classi popolari. Uno Stato che non si fa dettare le leggi dall'UE, ma neppure dal "mercato". Uno Stato che comincia a riacquistare sovranità, e dunque democrazia. E che proprio per questo, dando sicurezza e riconquistando credibilità, potrà rivolgersi ai cittadini con ben altra autorevolezza. E' questa un'operazione possibile con l'attuale governo? Vedremo, di certo da qui non si scappa.

C'è poi un'altra misura difensiva a cui si sta già lavorando, il cosiddetto "scudo anti-spread" per le piccole banche e le assicurazioni. Come noto il governo sta provando a smontare la "riforma Padoan" delle Bcc (Banche di credito cooperativo), e proprio ieri la Commissione Finanze del Senato ha approvato un emendamento, a firma Enrico Montani ed altri, che consente alle Bcc di mettere a bilancio i titoli di Stato non ai valori di mercato, bensì al valore di iscrizione risultante dall'ultimo bilancio annuale. Un emendamento simile è già stato approvato per le assicurazioni. Chiaro l'intento di favorire in questo modo l'acquisto dei Btp di nuova emissione da parte di questi due soggetti. Decisamente una mossa intelligente che non sarà piaciuta a Bruxelles.

 

3. À la guerre comme à la guerre

Naturalmente, siccome l'attacco è politico, e l'obiettivo è quello di piegare l'Italia cacciando il governo dei populisti, è chiaro come anche la prima linea difensiva tratteggiata al punto precedente, benché certamente utile, possa alla fine risultare insufficiente.

La strategia dei signori della Commissione è chiara: nessuna concessione, dunque nessun compromesso senza capitolazione italiana. E siccome - questa è la loro scommessa - nessun compromesso equivale a tenere alta la tensione sui mercati finanziari, chiara è la determinazione ad usare lo spread come arma finale per piegare ogni resistenza.

Ma se le cose stanno così è evidente come si arriverà ben presto ad una vera e propria situazione d'emergenza. Ed a quel punto non varranno più né tatticismi né mezze misure. A quel punto l'alternativa secca sarà solo tra il passaggio al "piano B" dell'Italexit e la piena capitolazione politica. Tertium non datur.

Avrà la maggioranza gialloverde la forza e la determinazione per affrontare quel passaggio? A vedere le tante contraddizioni di queste settimane ci sarebbe da dubitarne. Ma l'alternativa è quella che abbiamo appena detto.

Se, a dispetto di tanti limiti, forza e determinazione vi saranno - come chi scrive auspica - entreremo allora nel passaggio decisivo che attendiamo da anni, quello dell'Italexit. Un passaggio che richiederà una forte volontà politica, decisione, compattezza e rapidità. Insomma: à la guerre comme à la guerre.

Che l'Italexit inizi con un'uscita dall'euro seguita da una serie di altre misure, o che, al contrario, essa prenda le mosse da altre necessità (ad esempio con l'uscita dall'Unione bancaria a tutela delle banche del Paese), alla fine poco cambierà.

Abbiamo sempre detto che l'uscita dall'euro richiederà l'adozione di una serie di misure d'emergenza, sulle quali, avendolo già fatto tante volte, adesso non entriamo nei dettagli. Le principali di queste misure, oltre ovviamente all'emissione della nuova moneta, sono a nostro avviso sei: 1) ristabilimento del controllo pubblico sulla Banca d'Italia, 2) uscita dall'Unione bancaria, 3) controllo del movimento dei capitali, 4) nazionalizzazione del sistema bancario, 5) ristrutturazione mirata del debito pubblico, 6) avvio immediato di politiche espansive volte al perseguimento della piena occupazione.

C'è un piccolo particolare: noi non siamo al governo, né lo sono altre componenti della sinistra patriottica. Queste sono dunque soltanto le nostre idee. Ma, pena la sconfitta, le soluzioni ai problemi dello scenario che si profila non potranno alla fine essere troppo distanti dal senso di questo nostro ragionamento.

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