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Circa le dimissioni di Djordje Kuzmanovic da France Insoumise

di Alessandro Visalli

L’ex Consigliere per gli affari internazionali di Jean-Luc Mélenchon, Djordie Kuzmanovic, con una lettera ha annunciato di lasciare France Insoumise, dopo che il Comitato Centrale, segnalando con ciò una scelta di linea in una fase turbolenta, lo ha escluso, insieme a François Cocq, dalle liste dei candidati alle imminenti elezioni europee.

Nella lettera Kuzmanovic ricorda brevemente gli ultimi otto anni di impegno politico e la sua azione nel Distretto del Pas-de-Calais, devastato dalla deindustrializzazione e disoccupazione e ora fortemente mobilitato per i “giubbotti gialli”. Arriva al punto nel dichiarare il movimento de la France Insoumise “in fase di stallo” e questo stallo strutturale e irriformabile.

Vediamo quali sono le critiche:

Questa linea, proprio mentre si alza la protesta dei “giubbotti gialli”[4], sembra confermare l’abbandono della Francia periferica ed il divorzio tra popolo ed élite (a volte di sinistra), e schiera France Insoumise pericolosamente vicino a queste ultime.

In questo modo, per il nostro, la sinistra, se resta nei suoi vecchi tic, non può vincere, al massimo può arrivare a rappresentare il 30% del popolo francese e rischia “di finire come la sinistra italiana, permanentemente dispersa come un puzzle”.

Al contrario, per Kuzmanovic la linea strategica, abbandonata dopo essere stata tentata solo alle Presidenziali, dovrebbe essere di lavorare ad una aggregazione molto più ampia, ben al di là della sinistra, con gli elettori della classe operaia, che sono arrabbiati ma non sono fascisti, i sovranisti preoccupati per la giustizia sociale ed anche le frazioni delle classi superiori che vorrebbero la grandezza del loro paese o sono consapevoli dei problemi posti dalla globalizzazione. Un nuovo programma del Consiglio Nazionale della Resistenza[5], capace di parlare a tutti i francesi (salvo coloro i quali sono irreducibilmente connessi con il progetto neo-liberale o con il nazionalismo xenofobo).

La condizione sine qua non di qualunque programma è comunque per Kuzmanovic “il ripristino della vera sovranità statale”, senza la quale ciascun governo “resterà un prigioniero dei trattati europei e dei mercati finanziari” cosa che rende impossibile applicare le misure previste nei programmi politici. Inoltre, un movimento dovrebbe avere chiare le alleanze internazionali, dichiarando l’uscita dalla Nato e la possibilità di uscire dalla UE.

Ma in France Insoumise di queste cose non si può parlare, e il “Piano B” si è perso nel limbo.

A partire dalla scelta dei candidati, che segneranno il tono della campagna, ciò che è accaduto è invece che tutte le figure che manifestavano convinzioni “repubblicane” o “sovraniste” sono state escluse o messe in posizioni non eleggibili.

Bisogna soffermarsi sul passaggio sulla intersezionalità o sulla gerarchia delle lotte che nasconde uno degli snodi che sono costati a Kuzmanovic la candidatura. Risulta[6] che il Comitato Elettorale, dopo mesi di scontri e di attacchi da varie fonti e nel mezzo di un’aspra battaglia per la linea, ha deciso di rimuoverlo dalla lista dopo che questi ha pubblicamente dichiarato che le lotte femministe e LGBT sono importanti, ma secondarie. Ovvero che la lotta principale deve essere quella di classe e non quella rivolta all’intersezione delle identità di genere e non.

Ma più profondamente, ovvero dentro questo scontro sulla priorità tematica, c’è la scelta che Kuzmanovic mostra con grande lucida chiarezza: se si voglia continuare a gestire una ordinata ritirata, entro l’insediamento sociale residuale familiare e rassicurante, o avviare una avventurosa offensiva, per cercare di riprendere il centro della società che da decenni la sinistra ha perso.

E soprattutto, se la politica debba essere difesa delle classi popolari, la grande maggioranza della popolazione nelle condizioni sociali contemporanee, e la lotta contro il capitale che crea queste condizioni di subalternità e oppressione. O se debba essere veicolo dell’autoespressione di minoranze relativamente tranquille (sul piano materiale) che chiedono di accedere ai benefici del sistema e vogliono sopra tutto, come ebbe a dire Clémentine Autain, conservare “anima e immagine”.

Lo abbiamo già scritto in “Scontri in France Insoumise”, quando si palesò lo scontro tra le linee entro il movimento intorno allo scandalo di Sahra Wagenknecht:


Note
[1] - https://www.marianne.net/politique/exclusion-france-insoumise-militants-paris-communautarisme
[2] - Ovvero sulla connessione di lotte identitarie e di genere, di mobilitazioni parziali di minoranza, nella loro reciproca intersezione (per cui una femminista può essere anche immigrata, algerina, gay), invece che sulla prevalenza della differenza di classe sulle altre (per cui uno può essere precario, marginale, operaio anche se maschio o femmina, gay o etero, francese o no).
[3] - Ad esempio con Emmanuel Maurel e Marie-Noëlle Lienemann.
[4] - Si veda in proposito l’analisi di Christophe Guilluy.
[5] - Il riferimento è di quelli forti, e fa il paio con la citazione di “realismo e fermezza”, perché il movimento France Libre, da cui scaturì il “Consiglio Nazionale della Resistenza”, è il movimento organizzato da De Gaulle in chiave anti-nazista ed organizzato da Jean Moulin.
[6] - Si ricava dal comunicato ufficiale di France Insoumise, a questo link.
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