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gustavopiga

La manovra che c’è e quella che non c’è

Conversazione con Start Magazine

di Gustavo Piga

Prof, ha letto un breve passaggio dell’analisi del Corriere della Sera firmata da Federico Fubini ieri? Ha scritto Fubini: “L’area euro continua ad essere dominata dal totem del debito lordo iscritto nel Fiscal compact. Non importa quanto vale e quanto rende ciò che si produce con quel debito: conta solo ridurlo — si dice — «per non lasciarlo ai nostri figli». Poco importa se un debito investito bene a costo zero lascia un’economia con più conoscenza, migliori infrastrutture, scuole e università moderne, più edilizia sociale, più capacità di sostenere gli oneri in futuro”. Mi verrebbe da dire: alla buon’ora caro Corriere della Sera, perché non accorgersene prima? Perché non sostenere il referendum anti Fiscal Compact? O mi sbaglio?

Dice quel referendum con cui con Paolo De Ioanna ed altri cercammo di mobilitare l’Italia e che nell’estate del 2014 sfiorò le 500.000 firme necessarie per arrivare alla Corte Costituzionale? Guardi, più che dal Corriere, del quale mi avrebbe stupito all’epoca anche un solo articolo contro a fronte del silenzio più totale che adottò, ancora non riesco a digerire l’assurda mancanza di sostegno al referendum da parte del Pd di Renzi, un harakiri, l’ennesimo certo ma forse il più grave, di un partito che aveva l’opportunità di salvare l’Europa dell’euro dai sovranismi e guidare per i prossimi 20 anni il Paese. Comunque sia, felice che un corsivista come Fubini arrivi a Canossa, ma se devo dirgliela tutta…

 

Prego

Fubini continua a dire che tutti i Paesi dovrebbero smarcarsi dal Fiscal Compact facendo più investimenti pubblici meno…. l’Italia! E perché? Perché secondo lui da noi “il debito è così alto che un suo aumento ulteriore può far salire dolorosamente i tassi d’interesse”. Senza capire che l’abolizione del Fiscal Compact mica è utile per i Paesi come la Germania, l’Olanda, e nemmeno per la Francia: ma per Paesi proprio come l’Italia e la Grecia, cioè quei Paesi a basso PIL e dunque alto debito PIL! Paesi che non riescono a stimolare il PIL perché gli è proibito di farlo dalle regole europee attuali e dunque non riescono a rimettere a posto nemmeno le finanze pubbliche ed il rapporto debito PIL che con l’austerità (non con le spese folli che non abbiamo proprio fatto in questo decennio) è salito di venti, dico venti, punti percentuali! Le regole europee sono sbagliate perché non prevedono crisi profonde come quelle che hanno toccato il nostro Paese o la Grecia, che vengono trattati alla stregua di Paesi dove tutto va bene. Abolire il Fiscal Compact vuol dire proprio questo: permettere ai Paesi più in difficoltà di fare investimenti pubblici, tanti investimenti pubblici, per tirarsi fuori dalla crisi, non certo alla Germania!

 

Prof, veniamo all’attualità. Sbaglio o l’intervento della Commissione Ue sulla manovra ha avuto un effetto recessivo con più tasse e meno investimenti pubblici? Il rigore austero trionfa ancora dunque?

E’ una domanda complessa e importante. L’Ufficio Parlamentare di Bilancio correttamente oggi indica come la manovra sia diventata, rispetto a quella presentata a ottobre dallo stesso Governo, meno espansiva nel 2019 e più restrittiva nel 2020 e 2021. Il che conferma due cose: a) che la manovra per il 2019 era e rimane complessivamente espansiva; b) che dal 2020 il meccanismo europeo continua a chiedere a questo Paese di fare riduzioni di deficit via aumento dell’IVA, oggi (dicembre) ancor più di ieri (ottobre). Ma l’intervento dell’UPB in parte confonde le acque perché si limita a paragonare una manovra che non è mai esistita (quella di ottobre) con quella attuale. Mentre un paragone ben più preciso lo dovremmo fare tra la manovra che verrà approvata sabato e due altre manovre.

 

Quali due manovre, prof?

La prima, quella prevista dal governo Gentiloni-Padoan di aprile 2018. Rispetto a quella manovra (che includeva addirittura anche l’aumento dell’IVA per il 2019!) il Governo ha spuntato una manovra finale molto più espansiva, di quasi 70 miliardi in tre anni, in più per fortuna contravvenendo per la prima volta alle assurde pretese del Fiscal Compact di far convergere un Paese malato come l’Italia al bilancio in pareggio in 3 anni, come promesso anche da Gentiloni e Padoan ed i governi precedenti. Un passo direi molto coraggioso; e che il deficit si chiuda al 2% per il 2019 come si chiuderà o che si fosse chiuso al 2,4% come si diceva a ottobre l’apprezzamento non muta.

 

E l’altro paragone, qual è?

Beh, con la manovra che non c’è.

 

Cioè? Che cosa è la manovra che non c’è?

La manovra che sarebbe stata ideale per il Paese, quella che questo Governo non ha avuto il coraggio di fare. Quella manovra che avrebbe messo tutte le risorse create rispetto a Gentiloni-Padoan in investimenti pubblici (torniamo dunque a Fubini, ma ricordando che sto parlando dell’Italia, di cui lui non vuole nemmeno sentir parlare, ma vedrà che tra un paio di anni si convincerà anche lui) invece che in reddito di cittadinanza e quota 100. Questa manovra sì che avrebbe generato una vera crescita del 2% nel 2019. E quindi valgono anche per loro le parole di Fubini, molto belle: “La domanda alla quale è ancora più difficile rispondere è perché i leader “italiani” (e non solo gli altri europei, dico io) soffrano di questa incredibile mancanza di fantasia”. E’ una mancanza di fantasia che rischiano di pagare caro Di Maio e Salvini. Perché se loro mi dicono che questo Paese aveva bisogno di redistribuzione verso i più deboli, ed io sono d’accordo, ma dico anche che non ha senso farla, questa redistribuzione, a scapito della crescita.

 

Facile a dirsi…

No, si potevano avere tutte e due, redistribuzione e crescita, tramite una semplice e coraggiosa focalizzazione solo sugli investimenti pubblici. E sa cosa avrebbero ottenuto?

 

Che cosa?

Un sacco ma un sacco di voti in più. Come Renzi nel 2014, hanno perso proprio un’occasione immensa di chiudere la partita politica per i prossimi venti anni, salvando anche l’Europa dall’incubo della sua dissoluzione per mancanza di popolarità.

 

Pensa davvero come M5S e Lega che le prossime europee saranno decisive per ribaltare equilibri e impostazioni della Commissione europea?

Forse. Ma chiariamoci: il tavolo era già pronto a essere ribaltato. Se non l’hanno fatto stavolta, dubito che lo facciano dopo le elezioni, anche in caso di successo. E quando sbagli, prima e poi il conto lo paghi. Quindi sarà, se lo sarà, un successo effimero e non duraturo.

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