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Mussolini e Salvini

di Eos

In relazione all’articolo di Paolo Favilli, “Fascismo: il nome, la cosa” — recentemente pubblicato da Micromega —il cui fine politico e retorico è tutto sostanziato dal motivo di fondo del salvinismo come forma di neo-fascismo, occorre tornare ai fondamenti stessi della filosofia politica e della teoria del pensiero politico.

L’eccesso di storia sociale e di empirismo conduce inevitabilmente all’economicismo, l’economicismo conduce al determinismo astratto, allontanandoci dal regno della “polis” e della pura politicità. I risultati di tale metodologia postmarxista, che Favilli sembra incarnare alla perfezione, nella storia del Socialismo, e per il movimento operaio, son stati disastrosi, come anche il Nostro è costretto a riconoscere allorquando stigmatizza con grande onestà quei dirigenti socialisti che aprirono un’autostrada al futuro duce del fascismo nel momento in cui, dagli anni della guerra in avanti, dichiararono un nemico il corpo dei volontari della Grande guerra, gli arditi, i corpi d’elite militare, l’esercito tutto e l’idea stessa d’Italia.

Leggendo ciò che oggi scrive la nuova sinistra (da Left a Giacobin, dal Manifesto ai vari siti) possiamo dire che la Storia non è affatto maestra per tutti costoro e che lo Storicismo politico-filosofico è passato invano.

Dunque tentiamo di sintetizzare in tre punti una risposta politica a questo milieu di pensiero che non contento degli errori tattici, suicidi, del Socialismo italiano dal ’14 in avanti, sembra però volerli ripercorrere oggi.

Favilli cita inizialmente Sternhell come massimo rappresentante teorico e intellettuale dell’idealtipo Fascismo, ma non porta alle dovute conseguenze questa sua predilezione teorica. Finisce per ricordarci che il fascismo è nato in Italia, che non vi sarebbe stato un fascismo generale universale senza Mussolini, e che dunque Salvini è fascista perché scimmiotterebbe Mussolini. Dunque la conclusione è che l’Italia, questa "nazione maledetta", così poco occidentale, disprezzata ieri disprezzata oggi da questa selezionata lobby di competenti intellettuali “neo-socialisti” antidealisti, antistoricisti, per nulla gramsciani, anche oggi darebbe avvio ad un nuovo fenomeno maligno e tumorale, un nuovo fascismo del secolo XXI. Tentiamo in tre punti di analizzare il Favilli pensiero.

 

1) Il Nostro cita Sternhell. Sternhell è più un filosofo politico che uno storico. La tesi di Sternhell sul Fascismo è nota e conosciuta. Non la condividiamo in toto, ma non si può non prenderla in considerazione. Ebbene, lo storico trockista israeliano Zeev Sternhell sostiene, a differenza di Favilli, che le nuove destre occidentali si ispirano tutte al modello orbaniano, Orban è l’esempio prototipico di tali destre identitarie ed in interviste specifiche a riviste politiche ungheresi e esteuropee il Nostro ha parlato di etnocrazia liberista e di conseguenza non fascista. Per quanto non conosciamo dichiarazioni specifiche di Sternhell su Salvini, siamo portati a credere che identifichi il salvinismo con la versione italiana del liberismo nazional-liberale orbanista, dunque non con il neofascismo. L’unica forma di neofascismo oggi, per Sternhell, potrebbe essere quella di Marine Le Pen, che ha definito in varie interviste “socialismo nazionale” [1], dunque assai più simile al retroterra fascista di quanto, per il Nostro, lo sia l'orbanismo magiaro. Sternhell, ebreo con due morti in famiglia, mamma e zia, a causa della persecuzione tedesca, come Gianfranco Fini (citato da Favilli) considera Mussolini il male assoluto del secolo precedente, ben più di Hitler, di Petain, di Franco, di Salazar, proprio per la sua brillante tattica qualitativa politica. Mussolini fu per Sternhell l’unica guida occidentale che frantumò consapevolmente e premeditatamente, con abilissima tattica politica e con una autentica guerra di movimento (altro che "rivoluzione passiva"…), l’illuminismo filosofico-politico dell’epoca, traducendo in atto politico l'elitismo storicismo crociano e la teoria del mito soreliana; “non creò un sistema concentrazionario e repressivo, arte e cultura fiorirono, non era antisemita, la sua pedagogia politica fu presa a modello nel mondo…” (Sternhell, Haaretz 13 agosto 2014), le stesse leggi razziali furono per il trockista isrealiano essenzialmente politiche, non etniche, in opposizione attiva all’Imperialismo britannico, il suo grande nemico, per sostituirvi nel Mediterraneo l’Imperialismo fascista. Non condividiamo in toto Sternhell, non condividiamo la sua visione del mondo trockista e eccessivamente neoilluministica, giusnaturalistica. Ma ci sembra lo stesso di poter affermare che in base al fascismo idealtipico sternhelliano, Salvini non è assolutamente neofascista, come non lo sono Orban, Bolsonaro, Trump. Ben altro sono. Etnocrati e liberisti puri.

 

2) E’ uscito un libro, di Passarelli e Tuorto, per .............. E’ una ottima biografia genetica e ideologica della Lega di Salvini. Rimandiamo il Favilli alla lettura di questo preziosissimo volumetto. In base ai dati empirici e statistici, non è possibile stabilire nessun tipo di filiazione tra il vecchio elettorato del Movimento sociale almirantiano e la Lega nazionale salviniana. Il “meridionalismo” missino e, dunque, secondo la visione che ne fa Favilli, neofascista, aveva altra base sociale. Se l’enorme distanza tra la linea politica almirantiana e quella salviniana sia frutto di una diversa spinta della base sociale sulla classe dirigente politica, non interessa in questa sede.

Quel che qui importa è che possiamo dire che non esiste né connessione né continuità, almeno sul piano immediato empirico e statistico (che è ciò che sta più a cuore a Favilli ed a quelli che la vedono come lui), tra il Movimento sociale e Lega Salvini. Su quello ideologico, si può eventualmente fare uno studio specifico, ma diremmo egualmente, almeno a prima vista, di no.

 

3) Salvini scimmiotta Mussolini; va ora preso in considerazione il fatto che il dominio totalitario ordoliberista di BCE e UE ha creato, soprattutto tra le classi popolari più colpite dal genocidio sociale di impronta europeistica, un rimpianto non solo per la "prima repubblica", ma anche una certa nostalgia per la dittatura mussoliniana. Se la libertà sarebbe rappresentata dall’ordoliberismo che nega il lavoro ed i diritti sociali a chi ne ha bisogno e ne è titolare, che distrugge metodicamente le piccole aziende italiane, è comprensibile che ci si volga alla speranza di “uomo forte” che riporti diritti sociali e rispetto per il lavoro italiano.

A questo si aggiunga la linea italianofoba sulla questione migratoria da parte della sinistra globalista e cosmopolita.

Salvini, dunque, se scimmiotta il duce del fascismo, lo fa per semplici motivi di astuzia politicante, non certo perché neofascista. Poiché, se fosse stato realmente neofascista, avrebbe già compiuto iniziative unilaterali e sottilmente tatticistiche per spaccare ancora di più le elites globali dominanti mettendole di fronte al fatto compiuto. Quali? Ad esempio, cancellando unilateralmente le sanzioni antirusse da parte italiana, che han provocato nel belpaese disastri sociali maggiori che in ogni altra nazione europea. O ancora, fornendo sostegno legale e giuridico a tutti coloro che sono perseguitati poiché impegnati nella difesa del Donbass dall’Imperialismo euroatlantico e britannico. O ancora: esasperando i punti caldi di conflittualità latente tra Federazione Russa, Gran Bretagna, Israele ed UE.

Salvini non ha fatto nulla di tutto questo. Anzi, ha demonizzato l’Hezbollah libanese e l’Iran, difesi su tutta la linea dal presidente russo in un nuovo asse antioccidentale. A dimostrazione del fatto che non è un sovversivo, sia pure nella declinazione piccoloborghese anticomunista mussoliniana. Inoltre notiamo altri due elementi per ben mostrare il non fascismo leghista: il primo è rappresentato dalla paura di sanzioni antitaliane che ha caratterizzato la prima fase dei rapporti tra il Governo gialloverde e l'UE, una paura che rende tuttora, oggettivamente, il salvinismo un esperimento zoppo a rimorchio del semimperialismo della UE; il secondo è il "regionalismo differenziato" neo-mitteleuropeo lombardo-veneto che il segretario della Lega ha definito addirittura, secondo quanto riporta il Corriere della Sera, "una ragione di vita per la Lega". L'antitesi netta dello Stato fascista quale "potenza politica morale e spirituale" (vedasi "Dottrina del fascismo"). Dunque: Salvini non è neofascista ma, sempre tenendo conto che le analogie vanno prese con le pinze, un conservatore liberista della scuola reaganiana ed einaudi-degasperiana.


NOTE
[1] A nostro parere, naturalmente, a differenza di Sternhell il Fascismo non fu un “socialismo nazionale”. La relazione con il Sindacalismo rivoluzionario è viceversa ben più controversa ma, come sappiamo, il Sindacalismo fu una originaria corrente del Socialismo italiano, già dal 1912 di fatto non più socialista.
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