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Francia: la prima “assemblea delle assemblee” dei Gilets Jaunes

di Giacomo Marchetti

Sabato 26 gennaio a Commercy si è svolta la prima “assemblea delle assemblee” del movimento dei Gilets Jaunes. Questa prima tappa di confronto e di coordinamento nazionale ha visto discutere circa 75 realtà territoriali che hanno espresso una delegazione (un uomo ed una donna).

Chi ha introdotto l’assemblea ha ricordato la natura “processuale” data a questa esperienza, che è un vero e proprio laboratorio di educazione politica, come ha detto un GJ intervenuto: “la democrazia non è facile, bisogna impararla”.

La sala che ha ospitato l’incontro era stipata, oltre i portavoce erano presenti osservatori e operatori dell’informazione anche a livello internazionale, che hanno potuto partecipare al meeting e filmare solo nella prima delle tre fasi dell’incontro, a differenze degli organi d’informazione dei GJ.

Questa prima giornata, dopo l’accoglienza mattutina e il pranzo, ha visto prendere voce realtà dei GJ di tutto l’Esagono, che hanno relazionato sull’attività svolta facendo una breve storia delle mobilitazioni locali, affrontando poi i punti previsti dall’ordine del giorno e che saranno maggiormente sviscerati nei differenti gruppi tematici la domenica.

Più interventi hanno stigmatizzato negativamente il “Grand Dèbat” proposto da Macron: “abbiamo deciso di fare un Grand Dèbat, ma di farlo nelle strade”, ha sottolineato un GJ durante un intervento.

Erano presenti differenti realtà della regione parigina, che hanno dato uno spaccato di come questo movimento si stia sviluppando all’interno della realtà metropolitana – nella regione dell’Ile de France dove vive circa un quarto dell’intera popolazione d’oltralpe – incentrata sui temi specifici riguardando il corpo sociale urbano: la questione abitativa, la situazione dei senza fissa dimora, la condizione migrante e tutte le forme di vulnerabilità sociale che sono il “lato oscuro” della capitale e della sua area circostante.

Le realtà parigine sono diventate dei vettori per le mobilitazioni della capitale, proponendo dei pre-concentramenti “periferici” in grado di facilitare la confluenza nelle manifestazioni nel centro cittadino.

Interessante è stato anche il contributo dei gruppi specifici, come delle donne Gilets Jaunes di l’Ile de France e il gruppo d’insegnanti, il primo ha posto l’attenzione sulla condizione specifica femminile (tra cui la violenza di genere) – “siamo le prime ad essere colpite dall’austerity”, ha giustamente affermato ribadendo le ragioni di coniugare mobilitazioni specifiche a quelle più generali, come ribadito da altre GJ nel corso dei loro interventi – e il secondo sulle riforme che questo governo ha intrapreso e sulla condizione degli istituti scolastici più periferici e delle zone rurali.

Un altro importante contributo è venuto dal gruppo di Rugis, una “piccola famiglia” costituitasi attorno ai blocchi avvenuti a dicembre al più grande deposito agro-alimentare europeo, su proposta dei VTC de France, che recentemente hanno sostenuto gli operai di Geodis che lavorano in questo importante polo logistico della periferia parigina.

Il movimento nato con i presidi sulle rotatorie, ha visto queste esperienze essere oggetto di sgombero e di distruzione delle rudimentali costruzioni edificate, e spesso la rioccupazione dei terreni e la riedificazione delle cabanes più volte nello stesso punto, o l’occupazione di terreni limitrofi concessi dai proprietari.

È emersa da più parti sia la necessità di non abbandonare questo retroterra organizzativo – le rond-points – così come di trovare altri luoghi più stabili che siano punti di riferimento.

Saint-Nazaire ha descritto e proposto la costituzione di “maison du peuple” (case del popolo), avendo occupato un edificio sfitto con questa funzione.

Il ritmo della mobilitazione è stato scandito dai vari atti i sabati successivi al 17 novembre, così come le azioni locali: operazioni pedaggi e parking gratuiti, blocchi di realtà economiche, ecc.

Quasi tutte realtà hanno riportato di assemblee generali locali che si svolgono settimanalmente, la strutturazione in vari gruppi di lavoro, e il contatto con le realtà lavorative locali.

Il tema dello sciopero generale, proclamato dalla CGT del 5 febbraio, e della sua adesione da parte del movimento dei GJ è stato al centro di numerosi interventi, così come la necessità di dare una risposta alla repressione che colpisce il movimento, tra cui la legge “anti-casseurs” che sarà in discussione le prossime settimane.

Emerge con forza lo sforzo comunicativo intrapreso dalle varie realtà, con volantinaggi costanti nei mercati, negli ospedali, alle fermate della metro nelle realtà cittadine, e la raccolta nei cahier de dolèance delle richieste della popolazione in una sorta di inchiesta di massa in grado di mappare i bisogni popolari e contrastare le deformazioni mediatiche proposte al grande pubblico.

Il governo si è dimostrato sordo alle richieste dei GJ a cui ha “concesso” solo delle briciole (“miettes”), ma come dichiara un intervento con un felice slogan che ha caratterizzato le mobilitazioni: “non vogliamo le briciole, ma tutto il panificio!”, ribadendo la volontà di una messa in discussione organica.

Oltre alle richieste “sociali” emerge una volontà di maggiore capacità decisionale di cui la rivendicazione del RIC (referendum di iniziativa cittadina) è ripresa in più interventi.

Realtà metropolitane come quella parigina, si sono alternati a quelli di realtà della “Francia profonda” con qualche migliaio d’abitante – spesso abbandonata a sé stessa – così come di città importanti: Bordeaux, Strasburgo, Rennes, Montpellier, Digione, ….

In generale è emerso la volontà di coordinarsi all’interno della propria regione, un obiettivo che è venuto fuori da diversi interventi e che si sta concretizzando in differenti dipartimenti anche grazie allo scambio avviato e della pratica delle “mobilitazioni a rotazione” di sabato in cui a turni i gilets jaunes di una intera regione convergono su un centro cittadino ogni volta diverso.

In generale il dato della partecipazione massiccia anche nelle realtà più piccole è stato messo in evidenza, numeri importanti che si sono consolidati anche negli ultimi atti e che di fatto sbugiardano le cifre fornite dal governo.

Allo stesso tempo le realtà che vivono un territorio di confine hanno messo in evidenza la convergenza e lo scambio con le realtà GJ fuori della Francia.

La discussione dopo una panoramica di tutte le situazioni che hanno espresso dei delegati ha affrontato il primo punto.

L’AG di Commercy ha recensito e sinterizzato le varie rivendicazioni giunte prime dell’appuntamento, richieste alle varie realtà territoriali compiendo un censimento che a detta di tutti è una ottima base di lavoro da ripresentare – dopo l’elaborazione dei vari gruppi di lavoro – alle varie assemblee locali per poi essere rielaborato in un appuntamento successivo.

Sono emerse chiaramente due esigenze che hanno trovato una conciliazione sostenuta con due votazioni dei delegati (entrambe senza alcun voto contrario) sull’elaborazione di un nuovo appello finale che inviti alla partecipazione diretta e che sintetizzi i temi consensuali emersi nelle rivendicazioni recensite.

Da un lato la necessità di mantenere un processo decisionale il più possibile orizzontale e partecipato, l’altro bisogno è quello di essere in grado di comunicare il prodotto dell’incontro che sia il più possibile comprensibile e che ponga con forza alcuni aspetti principali che “impone” la fase che va aprendosi: la condanna della repressione e l’opposizione alla legge “anti-casseurs” che verrà discussa dalla prossima settimana, l’adesione allo sciopero generale del 5 febbraio, il contrasto alle riforme dell’istruzione.

In generale la discussione ha registrato una certa difficoltà dettata probabilmente dalla necessità di coniugare delle forme di democrazia diretta che non scavalchino le realtà locali e non by-passino la necessità di ulteriore sviluppo del confronto sia con coloro che già partecipano alle mobilitazione sia con una cerchia più ampia, che presuppone tempi più lunghi, e una necessità di intervenire tempestivamente in una situazione in cui la repressione governativa non da tregua: “non abbiamo tempo, non abbiamo tempo” ha ribadito un intervento.

In effetti la necessità di costruire una alternativa organizzativa alle mobilitazioni “dirette” dalle figure più in vista e mediatizzate senza che queste vengano effettivamente discusse, così come al tentativo di recupero politico attraverso auto-proclamate liste elettorali GJ (tra l’altro funzionali a LREM), necessità di un processo di auto-apprendimento che non può bruciare le tappe di un metodo il più possibile ispirato ai principi della democrazia diretta, della presa di decisioni consensuali e della partecipazione il più possibile ampia e capillare al processo complessivo, tenuto conto del generale clima di sfiducia e di delegittimazione del quadro politico.

Da Commercy non traspare alcun segnale di riflusso ed emerge la volontà di dare strumenti organizzativi adeguati ad un movimento che è un gigantesco processo di politicizzazione di massa che tutti i partecipanti ribadiscono voler essere antirazzista, anti-sessista e solidale: un immagine del futuro…

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