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rinascita

Recessione: facce di tolla galattiche ed ingenui colossali

di Mario Giambelli Gallotti

Riporto integralmente dall’edizione di venerdì 1° febbraio de “Il Dubbio”:

“…il rapporto Istat arrivato già nella serata di mercoledì, è di quelli che mettono paura. Secondo l’istituto di statistica, infatti, l’economia italiana è ufficialmente in recessione tecnica. Nel quarto trimestre del 2018 il Pil corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato è infatti diminuito dello 0,2% rispetto al trimestre precedente ed è aumentato dello 0,1% in termini tendenziali. Si tratta del secondo calo congiunturale consecutivo dopo il – 0,1% segnato nel terzo trimestre dell’anno scorso, primo segno negativo dal secondo trimestre 2014. E dopo la sentenza dell’Istat il premier Giuseppe Conte ha provato a gettare acqua sul fuoco: “I dati del Pil non ci preoccupano, a noi interessa concentrarci sul rilancio della nostra economia che avverrà nel 2019, in particolare nel secondo semestre”.

È una contrazione – aggiunge il premier – che era nell’aria, gli analisti l’avevano prevista ed è collegata a fattori transitori esterni alla nostra economia. C’è una guerra di dazi che si sta componendo e deve comporsi. Non abbiamo ragione di perdere fiducia, c’è molto entusiasmo”. Quanto alla possibilità di riferire in Parlamento come chiesto dalle minoranze, “sono sempre disponibile con le opposizioni quando c’è da chiarire qualcosa”, assicura il premier.

E in effetti la voce delle opposizioni si è fatta sentire eccome. A cominciare da Matteo Renzi: “Brutte, brutte, brutte notizie dall’economia italiana – dice l’ex premier – Era dal 2013 che non andavamo così male. Naturalmente Di Maio dà la colpa ai governi Pd, ai governi di prima, a me: è la tragedia disperata di un uomo ridicolo”. Per un altro dem, Dario Franceschini, la situazione è chiara “Abbiamo lasciato il paese nelle mani di due ragazzotti con danni da centinaia di miliardi di euro”.

Di Maio è il Ministro della recessione. Senza vergogna parlava di boom economico”, fa eco l’ex reggente delle segreteria del Pd, Maurizio Martina. Stessa linea per Maria Elena Boschi: “Caro Di Maio avevi annunciato il boom economico e ci hai portato al tonfo economico. L’unico boom è il suono delle tue bugie”.

Decisamente paternalista l’ex ministro Carlo Calenda: “Sono a disposizione di Di Maio per incontrarlo e cercare insieme soluzioni per riattivare la crescita”.

Toni altrettanto duri arrivano da Forza Italia il cui leader Berlusconi, proprio ieri, ha auspicato l’avvio di un nuovo governo formato da Lega, Fi e fuoriusciti 5Stelle. In attesa dell’evento annunciato dal Cav, Renato Brunetta commenta i dati del Pil: “E’ un risultato umiliante per il nostro Paese. Non ci sono scusanti. La responsabilità di questo disastro – afferma – è da attribuire al governo Lega- Cinque Stelle, che con la sua politica economica fallimentare e i suoi continui scontri con Ue e mercati ha portato l’Italia a questo risultato indegno di un Paese sviluppato. In politica chi prende scelte sbagliate deve lasciare. Per questo chiediamo all’esecutivo Conte di dimettersi immediatamente”.

Per quanto riguarda le associazioni di categoria, il primo allarme arriva dal leader di Confindustria, Vincenzo Boccia: “A gennaio avremo un rallentamento ancora superiore” rispetto al quarto trimestre, a seguito della frenata dell’economia globale e della Germania. Bisogna “reagire subito attivando investimenti pubblici e privati e riaprendo immediatamente i cantieri”. Anche i sindacati e le altre parti sociali hanno sollecitato interventi. “Sono dati molto preoccupanti con rischi per l’occupazione”, ha detto la leader della Cisl, Annamaria Furlan.

Il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, ha sottolineato che “bisogna cambiare le regole e rilanciare l’economia: servono investimenti pubblici e privati nelle infrastrutture, per il riassetto urbanistico delle città”. Sulla stessa linea la presidente di Confesercenti, Patrizia De Luise e Confcommercio, preoccupata di un possibile aumento dell’Iva.

* * * *

Orbene, il governo Conte ha ottenuto la fiducia il 6 giugno 2018. Pertanto, se i dati del terzo trimestre 2018 (diminuzione del PIL dello 0,1%) non potevano in alcun modo attribuirsi all’attuale governo, era necessaria una faccia di tolla galattica per imputare il meno 0,2% del quarto trimestre allo stesso esecutivo.

I piddini (categoria notoriamente “aperta”: nel caso di specie i PDini da una parte e i berluschini dall’altra) sono stati i principali sostenitori del governo il cui presidente del Consiglio ha candidamente “confessato” di aver architettato questa genialata.

Il nostro genio doveva riportare in attivo la bilancia dei pagamenti (che, guarda caso, registrava una sequenza di segni “meno” dal 2002) ed ha pensato bene di farlo da ordoliberista patologico, distruggendo la domanda interna (perché la domanda interna, rivolta, per effetto dell’euro, ai beni di importazione, comportava un aggravio del deficit estero) ed affidando la crescita alle sole esportazioni.

E come si distrugge una domanda interna? Semplice: con la deflazione salariale (la gente ha meno denaro e spende meno, o addirittura non spende), ottenuta precarizzando il lavoro e mantenendo un elevato tasso di disoccupazione.

Ma la genialata porta seco un problemino mica da ridere, perché se ti leghi mani e piedi all’export, penalizzando il mercato interno, al primo accenno di rallentamento dell’economia mondiale (USA, Cina, ecc.), vai a fondo come un uomo gettato a mare con le scarpe di cemento (grazie a Gilberto Trombetta, l’immagine rende perfettamente l’idea)

Si tratta di un concetto talmente elementare da risultare alla portata di un quoziente intellettivo appena superiore a 30 (considerato che 100 è il quoziente d’intelligenza medio). Quindi anche alla portata di un piddino medio (ecco perché ho parlato di “faccia di tolla galattica”).

Ed infatti persino l’istituto di ricerca Ref (che fa parte del panel di previsori su cui si basano le stime dell’Ufficio parlamentare di bilancio) nella sua ultima nota congiunturale, intitolata “Economia in stagnazione“, afferma che la frenata italiana è strettamente legata a quella dell’eurozona, che a sua volta va collegata all’avvio delle “guerre commerciali” da parte di Trump, alle situazioni di crisi di alcuni paesi emergenti – Argentina, Venezuela, Turchia – ed al rallentamento della Cina, un’incognita che pesa sulle prospettive globali.

Il fatto, tuttavia, che l’Italia sia il fanalino di coda lo si deve ad un differenziale di crescita, rispetto agli altri Paesi dell’area euro, che si posiziona da diversi anni intorno al punto percentuale, con oscillazioni che riflettono le caratteristiche di ciascuna fase ciclica .

Sul fronte interno, la nostra economia sta attraversando un percorso di aggiustamento caratterizzato dall’apertura di un differenziale d’inflazione rispetto alle altre economie dell’area euro. Sono le spinte deflazionistiche indotte dagli abbondanti spazi di capacità produttiva inutilizzata e dai livelli elevati della disoccupazione. La bassa dinamica salariale è tra i fattori che hanno portato negli ultimi tre anni a chiudere il divario di crescita rispetto ai maggiori partner europei in termini di export e attività industriale. Ma è anche parte della spiegazione della bassa crescita dei consumi. Siamo ancora vincolati a un percorso di crescita guidato dalle esportazioni, un canale di sbocco delle nostre produzioni per sua natura instabile. Quando le condizioni internazionali si fanno meno favorevoli la nostra economia si spegne.

Il focus arriva dunque all’ovvia conclusione che il gap non dipende tanto dagli scarsi investimenti, quanto da consumi interni che languono a causa dei bassi salari. I quali riducono la capacità di spesa delle famiglie. Cumulandosi nel tempo, spiega il rapporto, questo gap fa sì che il nostro Paese stia retrocedendo progressivamente nelle graduatorie in termini di livello del reddito pro-capite, distanziandoci dalle maggiori economie avanzate>>.

Alla stratosferica faccia di tolla dei piddini (ridicolo che il Bomba, lo spara balle cosmico della politica italiana, dia dell’uomo ridicolo ad un uomo che, se a volte appare ridicolo, non è certo per il suo commento al rapporto dell’Istat) si aggiunge la beata e colossale ingenuità (ma sarà poi tale veramente?) di tutti coloro che chiedono a gran voce di “cambiare le regole” e di attivare investimenti pubblici per incentivare la crescita.

Caspita: “investimenti pubblici” per rilanciare la crescita del Paese. C’è da commuoversi. Le “parti sociali” hanno scoperto “l’acqua calda”.

E’ quindi naturale chiedersi dove fossero lor signori negli ultimi 10 anni e quanti investimenti pubblici siano stati effettuati dai governi succedutisi in tale arco temporale.

La risposta è impietosa…

Si continua a non capire (o a non voler capire) che nell’impianto dell’Unione europea non circola “acqua calda”.

Bisogna tenere i conti in ordine” e nella UE lo si fa con l’acqua fredda: prezzi stabili, economia di mercato fortemente competitiva, diminuzione della spesa pubblica, aumento del gettito e rigore fiscale, vincoli di bilancio, preferibilmente da inserire nelle Costituzioni dei singoli Stati (come ha fatto il parlamento italiano nel 2012, approvando la Legge costituzionale n.1/2012 che ha modificato l’art. 81 Cost.), “per serrare ancora meglio i vincoli di bilancio”.

“Per serrare ancora meglio i vincoli di bilancio” (al minuto 29:30 del video qui linkato, osservate la mimica facciale e gestuale con la quale il nostro genio motiva la sua riforma “incostituzionale" e fate le vostre riflessioni: si sa mai che, nel pieno di una crisi, connaturata al modello turbo-liberista imperante, a qualcuno venisse in mente di attuare una politica anticiclica incrementando la spesa pubblica!).

Altro che investimenti pubblici. Siamo in un incubo che ha le sembianze dell’Unione europea. La UE è la casa dell’ordoliberismo. Una costruzione che non prevede ed è anzi refrattaria alla spesa pubblica ed all’intervento dello Stato nell’economia. Un progetto predatorio che infligge ai popoli disoccupazione e povertà per tenere “i conti in ordine” ed i prezzi stabili.

Una follia codificata nei trattati e ferocemente attuata senza alcuna esitazione.

Ma per i piddini/piueuropini è tutta colpa di Di Maio.

Se non ci fossero, bisognerebbe inventarli questi piddini. Ma non verrebbero così bene.

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