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Abruzzo: Due scenari

di Carlo Bertani

Le elezioni in Abruzzo non hanno raccontato molto sulla politica nazionale, perché ci sono di mezzo antiche questioni clientelari, molte legate al terremoto dell’Aquila del 2009. Rispetto alle precedenti elezioni regionali del 2014, il M5S ha preso circa la stessa percentuale, intorno al 20%: la differenza è che il centro-destra, mediante il “traino” di Salvini, ha spodestato il precedente presidente di centro-sinistra. Capisco che, per chi segue ancora queste vittorie/sconfitte sempre nell’ambito della dicotomia destra/sinistra, possa interessare. Personalmente, non lo ritengo così importante, però un’analisi più approfondita è necessaria.

La vicenda elettorale toccherà probabilmente gli equilibri nella gestione degli appalti, che “vireranno” verso il centro destra. Il tandem Giorgetti-Berlusconi gioisce, anche se il Cavaliere non tocca nemmeno quota 10%, perché l’obiettivo dei due è far saltare l’alleanza “impuria” con i 5S e restaurare un bel governo di destra a livello nazionale. Per Salvini la questione è più seria poiché, senza quel 10% di Berlusconi, il governo di destra non si farà mai e, dunque, si ripiomberebbe in un dejà vu che vedrebbe la Lega appoggiare sì i grandi appalti – come una parte del suo elettorato desidera (tutti quelli di Berlusconi) – mentre sul fronte europeo l’Italia finirebbe sotto il tallone di Bruxelles. Il cavaliere, oggi, per Bruxelles è una garanzia. E Salvini, unito a Berlusconi, perderebbe senz’altro molti voti da parte delle persone che oggi lo voterebbero, ma senza l’ingombrante Cavaliere.

Facciamo notare che quel 10% che conta oggi Forza Italia corrisponde in pieno alla ripartizione della ricchezza – ossia il 10% che possiede il 50% della ricchezza nazionale – ed il Cavaliere è persona attenta a non deludere il suo elettorato: la flat tax, con quell’aliquota unica per tutti, è una bestemmia per qualsiasi governo che desideri spostare l’ago della bilancia verso i ceti meno abbienti.

E, qui, entra in gioco il M5S.

Quando vi furono le trattative per il contratto di governo, più volte si giunse quasi alla rottura definitiva: era normale che le cose stessero così, poiché erano troppi i punti di totale disaccordo: il M5S ha ceduto parecchio, sul fronte dell’immigrazione, sul decreto sicurezza ed altre leggi che interessavano il centro-destra. Ne è valsa la pena?

Il principale provvedimento economico – battezzato pomposamente “Reddito di Cittadinanza” – si è mostrato ben poca cosa: grazie ai mille “paletti” per concederlo – utilizzando furbescamente il tandem reddito/immobili – è stato ridicolamente depotenziato, al punto che Boeri ha chiarito che non saranno più di 2-3 milioni i beneficiati.

Ora vengono i nodi “pesanti”, in primis la TAV. Qui si gioca la partita definitiva, ogni compromesso sarà letto dal suo elettorato come una sconfitta: il M5S deve scegliere.

Messe come sono messe adesso le cose, il M5S sta lentamente dissanguandosi: il Paese aspettava un colpo di reni per sfuggire al ricatto dei Boiardi di Stato/Europa ed invece s’è visto presentare una melassa vischiosa, dove ad ogni decisione proposta viene presentata una pletora di “sì, però, ma, forse, dopo, si farà, non si può, siamo contrari, dopo le elezioni europee, ecc. ecc.” da parte della Lega.

Però, il M5S ha compiuto – nella (quasi) disperazione – una mossa giusta a metà: ha richiamato prepotentemente Alessandro di Battista dal suo esilio sudamericano. Forse, all’inizio, doveva essere un “tandem” con Di Maio per scansare i due mandati consecutivi, come fanno Putin e Medvevev. Ma le cose sono precipitate.

A metà perché la figura del battitore libero poteva starci prima, non oggi: per completare l’opera, il M5S deve nominarlo a capo (segretario, responsabile, come credono) del partito, separando le cariche di governo da quelle di partito, e riportando così il partito ad avere voce nelle scelte di governo.

Il M5S può giocare un paio di carte che, oggi, contano: da un lato i suoi voti reggono i 2/3 della coalizione, contro un solo terzo della Lega e, inoltre, la boria di Salvini terminerà nel momento stesso nel quale l’alleanza salterà, e si ritroverà magari ad essere primo ministro, ma sempre con il guinzaglio di Berlusconi al collo. In altre parole, i 5S stanno fornendo proprio loro la “benzina” per far correre la Lega: nel momento stesso che Salvini sarà alla mercé di Berlusconi il prezzo da pagare salirà, e questo Salvini lo sa benissimo.

La TAV, come sapete benissimo ed è chiarito nello studio di Toninelli, non serve a nulla: non ci sono i traffici e, volendo, potrebbero essere meglio utilizzata la ferrovia costiera, raddoppiando (finalmente!) il binario tra Finale Ligure e Ventimiglia. Lo scavo della TAV prevede una spesa (iniziale?) di 5 miliardi di euro da parte italiana, contro 800 milioni (?) da pagare per chiudere una questione inutile, che doveva servire solo ad acchiappare soldi dalle casse dello Stato e finanziamenti europei.

Il M5S non deve fare altro che presentare una legge in Parlamento con la chiusura totale della TAV e metterla ai voti: se passerà s’andrà avanti, se la Lega voterà (tutta, o in parte) contro salterà il governo. E sarà responsabilità della Lega, non del M5S. Ci saranno nuove elezioni? Benissimo. Un governo “tecnico” di transizione? Benissimo. Sono tutte alternative che, oggi, convengono al M5S nella sua prospettiva d’essere una forza di cambiamento profondo all’interno della società italiana. Perché, con la volatilità degli elettorati moderni, con l’astensione che la fa da padrone, anche i risultati inimmaginabili possono essere raggiunti.

Quali sono le due ipotesi?

1) L’attuale è un lento dissanguamento, che sta disperdendo la sua grande novità verso la Lega ed anche il PD. In buona sostanza, se le cose continuano così, il M5S è condannato, alle prossime elezioni, a diventare una forza secondaria, fatta da quelli che “avrebbero tanto voluto”, ma che non ci sono riusciti. Una condanna definitiva da parte dell’elettorato italiano. Dovuta anche, purtroppo, alla poca attenzione posta nella compilazione delle liste elettorali…ma si sa, l’inesperienza combina dei guai. Chi ha messo De Falco in lista?

2) Il governo cade, ed il M5S non è più disponibile ad appoggiare governi che abbiano nel loro “DNA” TAV e trivelle. Qualcuno lo farà, e sarà il solito disastro – che ovviamente si appellerà ai “disastri” fatti dai 5S in sei mesi di governo – e che, dopo le prime (tiepide) accoglienze iniziali, inizierà a perdere consensi mese dopo mese. Loro sono tanti e non avranno difficoltà a comprare qui e là chi gli serve: non penso che ne pescheranno molti nelle file del M5S. Ma le aree “di centro” sono un crocevia, dove un ex PD passa di là o di qua, secondo le esigenze. Come un Leghista od +Europeo. Ed il M5S si troverà nella comodissima posizione d’evidenziare tutte le magagne, riconquistando ed ampliando la sua platea di riferimento. Senza contare che Conte ha mostrato d’essere un politico di prim’ordine, e tanti oggi lo stimano.

Non sono sicuro che Salvini si sia prestato, cosciente, per un simile gioco: non ne ho le prove e, dunque, non lo sostengo. Però, le cose non cambiano: o il M5S dimostra che non è al governo per reggere gli interessi dei soliti ladroni di Stato, oppure perderà definitivamente le penne e la coda. Tertium non datur.

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