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Goodbye al dollaro

di Chris Hedges*

L’inetta e corrotta presidenza Trump ha dato involontariamente il colpo fatale all’Impero Americano con l’abbandono del dollaro come principale valuta di riserva del mondo. Sempre più nazioni in tutto il pianeta, specialmente in Europa, hanno perso la fiducia che gli Stati Uniti possano agire in maniera razionale e che, anche meno, possano fungere da guida nelle problematiche che riguardano la finanza internazionale, il commercio, la diplomazia e la guerra. Queste nazioni stanno silenziosamente smantellando un’alleanza con gli Stati Uniti vecchia di settant’anni e stanno mettendo a punto sistemi alternativi per gli scambi bilaterali. Questa riconfigurazione del sistema finanziario mondiale sarà fatale all’Impero Americano, come affermano da molto tempo lo storico Alfred McCoy e l’economista Michael Hudson. Attiverà una spirale di morte economica, con un’inflazione alle stelle che causerà una massiccia contrazione della presenza militare d’oltreoceano e farà precipitare gli Stati Uniti in una depressione prolungata. Trump, invece di rendere nuovamente grande l’America, si è involontariamente dimostrato il più spietato becchino dell’impero.

L’amministrazione Trump ha capricciosamente sabotato le istituzioni globali, fra cui la NATO, l’Unione Europea, le Nazioni Unite, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, che forniscono copertura e legittimità all’imperialismo americano e alla sua egemonia economica planetaria. L’Impero Americano, come fa notare McCoy, è sempre stato un ibrido degli imperi del passato. Aveva sviluppato, scrive,

“una forma distintiva di governance globale che incorporava diverse caratteristiche degli imperi antecedenti, antichi e moderni. Questo unico genere di imperium americano era ateniese nella sua capacità di creare coalizioni fra alleati, romano nella sua dipendenza dalle legioni dislocate in basi militari nella gran parte del mondo conosciuto e britannico nella sua aspirazione a fondere cultura, commercio ed alleanze in un sistema omnicomprensivo che coprisse il mondo intero.”

Quando George W. Bush aveva unilateralmente invaso l’Iraq, sfidando la legge internazionale con la sua dottrina della guerra preventiva e ignorando le proteste degli alleati tradizionali, era iniziata la frattura. Ma Trump ha approfondito le crepe. Il ritiro da parte dell’amministrazione Trump dall’accordo nucleare iraniano del 2015, nonostante l’Iran avesse rispettato l’accordo, e la richiesta alle nazioni europee di ritirarsi [anch’esse dall’accordo] o subire le sanzioni degli Stati Uniti ha visto le stesse nazioni europee disertare e mettere a punto un sistema di scambi monetari alternativo che esclude gli Stati Uniti. L’Iran, sui mercati internazionali, non accetta più per il petrolio il pagamento in dollari e li ha sostituiti con l’euro, un particolare di non scarsa importanza nella profonda ostilità di Washington nei confronti di Teheran. Anche la Turchia sta abbandonando il dollaro. La richiesta degli Stati Uniti affinchè la Germania ed altri stati europei blocchino le importazioni di gas russo ha visto, allo stesso modo, gli Europei ignorare Washington. Cina e Russia, tradizionalmente antagoniste, stanno ora lavorando in tandem per liberarsi dal dollaro. Mosca ha convertito 100 miliardi di dollari delle proprie riserve in yuan cinesi, yen giapponesi ed euro. E, cosa altrettanto infausta, dal 2004 i governi stranieri non tengono più in deposito negli Stati Uniti le loro riserve auree o, come la Germania, le rimuovono dalla Federal Reserve. La Germania ha riportato a casa le sue 300 tonnellate di lingotti d’oro. I Paesi Bassi hanno rimpatriato le loro 100 tonnellate.

L’intervento degli Stati Uniti in Venezuela, la potenziale guerra commerciale con la Cina, il ritiro dagli accordi internazionali sul clima e dal Trattato sulle Forze Nucleari a Medio Raggio (INF), la paralisi a Washington, la distruttiva chiusura del governo e l’aumento delle ostilità con l’Iran non promettono nulla di buono per l’America. La politica estera e finanziaria americana è tenuta in ostaggio dai capricci bizzarri di ideologi ritardati, come Mike Pompeo, John Bolton e Elliott Abrams. Questo garantisce sempre più caos a livello mondiale e un maggiore impegno da parte delle nazioni di tutto il mondo per liberarsi dalla stretta economica che gli Stati Uniti avevano, a tutti gli effetti, imposto dopo la Seconda Guerra Mondiale. È solo una questione di quando, non se, il dollaro verrà accantonato. Il fatto che sia Trump, insieme ai suoi compari ideologi dell’estrema destra, a distruggere le strutture internazionali istituite dai capitalisti globali, piuttosto che i socialisti, per il cui annientamento questi capitalisti avevano investito enormi risorse, è di una ironia veramente triste.

Lo storico Ronald Robinson ha affermato che il dominio imperiale britannico era venuto meno “quando i governanti delle colonie non avevano più trovato collaboratori indigeni.” Il risultato, ha osservato, era stato che “la trasformazione della collaborazione in non-cooperazione aveva segnato, nella maggior parte dei casi, l’inizio della decolonizzazione.” Questo processo di alienazione degli alleati e dei fiduciari tradizionali degli Stati Uniti avrà lo stesso effetto. Come sottolinea McCoy,

“tutti gli imperi moderni hanno fatto affidamento su surrogati affidabili per il trasferimento a livello locale del loro potere globale e, per la maggior parte di essi, il momento in cui quelle stesse élite avevano iniziato ad agitarsi, a rispondere a tono e a perseguire programmi autonomi era stato anche il momento in cui si era capito che il collasso imperiale era nell’aria.”

Il dollaro, a causa dell’astronomico debito statale, attualmente a 21 trilioni di dollari, debito che verrà aumentato dai tagli fiscali di Trump, che costeranno al Tesoro degli Stati Uniti 1.5 trilioni di dollari nel prossimo decennio, sta diventando sempre meno affidabile. Il rapporto debito/PIL è ora superiore al 100%, un campanello d’allarme per gli economisti. Il nostro massiccio deficit commerciale dipende dalla vendita dei buoni del tesoro sui mercati esteri. Una volta che le obbligazioni avranno perso il loro valore e non saranno più considerate un investimento stabile, il dollaro subirà un’enorme svalutazione. Ci sono segnali che fanno capire come questo processo sia già in corso. Le banche centrali, che dovrebbero fungere da riserva, detengono sempre meno dollari rispetto al 2004. Ci sono meno pagamenti in dollari tramite lo SWIFT (il sistema di scambio per i trasferimenti interbancari) rispetto al 2015. La metà del commercio internazionale è fatturata in dollari, sebbene la quota degli Stati Uniti sul totale del commercio internazionale sia solo del 10%.

“Alla fine avremo valute di riserva diverse dal dollaro USA,” ha dichiarato il mese scorso il Governatore della Banca d’Inghilterra, Mark Carney.

Il 61% delle riserve in valuta estera sono in dollari. Visto che queste riserve in dollari vengono sostituite da valute diverse, la ritirata dal dollaro è destinata ad accelerare. La sconsideratezza delle politiche finanziarie americane servirà solo ad esacerbare la crisi. “Se il prestito illimitato, finanziato con la stampa di denaro, fosse una strada che porta alla prosperità,” ha dichiarato recentemente Irwin M. Stelzer dell’Istituto Hudson, “allora il Venezuela e lo Zimbabwe sarebbero ai vertici delle statistiche di crescita.”

McCoy spiega che aspetto avrebbe un ordine finanziario mondiale indipendente dal dollaro:

Per la maggior parte degli Americani, gli anni ‘20 di questo secolo saranno probabilmente ricordati come un demoralizzante decennio di prezzi in aumento, salari stagnanti e scomparsa della capacità di competere a livello internazionale. Dopo anni di enormi deficit alimentati da continue guerre in terre lontane, nel 2030, il dollaro USA perde alla fine il suo status speciale di valuta di riserva mondiale.

Improvvisamente, si verificano aumenti punitivi nei prezzi delle importazioni americane, dall’abbigliamento ai computer. Nello stesso tempo aumentano anche i costi per tutte le attività all’estero, rendendo proibitivi i viaggi turistici e i trasferimenti di truppe. Incapace di far fronte ai costi di un deficit enorme con la vendita sui mercati esteri di buoni del tesoro svalutati, Washington è finalmente costretta a tagliare il suo ipertrofico bilancio militare. Sotto pressione in patria e all’estero, le sue forze militari cominciano a ritirarsi dalle centinaia di basi d’oltremare all’interno del proprio perimetro continentale. Una mossa disperata, che arriva comunque troppo tardi.

Di fronte ad una superpotenza in via di estinzione, incapace di far fronte ai propri debiti, Cina, India, Iran, Russia ed altre potenze sfidano in modo provocatorio il dominio degli Stati Uniti sugli oceani, nello spazio e nel cyberspazio.

Il crollo del dollaro significherà, scrive McCoy, “prezzi in rialzo, disoccupazione alle stelle e un continuo calo dei salari reali per tutti gli anni ‘20, le divisioni interne si trasformeranno in scontri violenti e in dibattiti disgreganti, spesso su questioni simboliche ed inconsistenti.” La profonda disillusione e la rabbia diffusa daranno l’opportunità a Trump, o ad un demagogo come lui, per incolpare, forse incitando alla violenza, dei capri espiatori, in patria e all’estero. Ma, a quel punto, l’impero statunitense sarà talmente caduto in basso che le sue minacce saranno, almeno per quelli al di fuori dei suoi confini, largamente prive di significato.

È impossibile prevedere quando si verificherà questa fuga dal dollaro. Nella seconda metà del 19° secolo, l’economia americana aveva superato la Gran Bretagna, ma solo a metà del 20° secolo il dollaro aveva sostituito la sterlina inglese ed era diventato la valuta dominante nel commercio internazionale. La quota della sterlina nelle riserve valutarie delle banche centrali internazionali è passata dal 60% dei primi anni ’50 a meno del 5% negli anni ’70. Il suo valore è diminuito da oltre 4 dollari per sterlina alla fine della Seconda Guerra Mondiale alla quasi parità attuale con il dollaro. L’economia britannica è andata in caduta libera. E quella scossa economica aveva segnato per gli Inglesi, come per noi, la fine di un impero.


https://it.wikipedia.org/wiki/Chris_Hedges

Fonte: truthdig.com

Link: https://www.truthdig.com/articles/goodbye-to-the-dollar/

Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

Comments

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marco saba
Sunday, 17 February 2019 11:57
“Se il prestito illimitato, finanziato con la stampa di denaro, fosse una strada che porta alla prosperità,” ha dichiarato recentemente Irwin M. Stelzer dell’Istituto Hudson, “allora il Venezuela e lo Zimbabwe sarebbero ai vertici delle statistiche di crescita.” - Ma questo ci è o ci fa ? Non capisce che i due paesi sono in crisi per il boicottaggio internazionale ? Il Giappone, che non lo subisce e ha un debito oltre il 200% del PIL, se la gode alla faccia di questi ipocriti.
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