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ilsimplicissimus

Haiti in rivolta con il Venezuela

di ilsimplicissimus

Giungono rare e sfocate le immagini di Haiti in rivolta, perché è come se questo lembo di terra caraibica fosse ancora ai confini del mondo conosciuto, immerso in un crepuscolo perenne che viene illuminato solo dalla tragedia. Ma c’è un’altra ragione per la quale si parla pochissimo di questa sollevazione popolare che dura ormai da settimane: essa è infatti direttamente collegata al Venezuela e alle sanzioni decretate contro Caracas le quali come effetto collaterale hanno affamato il paese togliendogli il petrolio a buon mercato. Anzi si potrebbe dire che Haiti non è per nulla un danno accessorio e non voluto, una vittima del fuoco amico, ma si trova a scontare sia il fatto di avere firmato il patto Petrocaribe, sia le immense ruberie, pari a 4 miliardi di dollari operate dai due ultimi presidenti, Michel Martelly e il suo successore di fiducia, Jovenel Moise.

Questa banda di conservatori eletti a furor di dollari provenienti da Washington ha rubato tutto il denaro del fondo Petrocaribe che doveva servire per le scuole, gli ospedali i servizi e per continuare la rapina hanno riconfermato – tradendo i loro sponsor americani – gli accordi con il Venezuela per la fornitura di gas e petrolio a prezzo scontato e con pagamenti differiti nel tempo. Poi quando questo denaro sottratto alla popolazione ha inciso anche sui bilanci dello stato, è intervento l’Fmi, ossia la Cia finanziaria per imporre un aumento dei carburanti.

Già nello scorso luglio era divampata una rivolta sedata a mala pena, ma il clima è sempre rimasto incandescente ed è arrivato al calor bianco quando il presidente, nonostante si fosse arricchito col petrolio venezuelano, presso l’Organizzazione degli Stati americani, ha votato a favore di una mozione sostenuta da Washington per dichiarare “illegittimo” Nicolas Maduro, mentre questi aveva ottenuto più di due terzi dei voti nelle elezioni del maggio 2018. Lo scopo di questo secondo tradimento era quello di trovare una scusa per evitare il pagamento al Venezuela della bolletta petrolifera arretrata, visto che i soldi erano già stati razziati. Gli haitiani erano già furiosi per l’onnipresente corruzione, affamati a causa dell’inflazione galoppante e della disoccupazione, frustrati da anni di false promesse, violenze e umiliazioni militari straniere. Ma questo tradimento spettacolare da parte di Jovenel ed i suoi amici, è stata la goccia che ha fatto per traboccare il vaso.

Paralizzata dalla mancanza di prospettive e dalle sue guerre intestine, Washington è ora l’orripilante spettatrice del prevedibile crollo del putrido edificio politico ed economico che ha costruito ad Haiti negli ultimi 28 anni cioè dal primo colpo di stato contro Aristide nel 1991 fino all’ultimo “golpe elettorale” che ha portato al potere di Jovenel nel 2017. Anzi a dirla tutta è stata proprio la vicinanza al Venezuela che ha rimandato di un decennio l’uragano politico che sta scuotendo Haiti, non solo per il petrolio scontato, ma anche per un comune sentimento di affrancamento e di libertà dal padrone. D’altronde è proprio questo il tema principale: gli Usa di certo vogliono mettere le mani sul petrolio venezuelano, ma la loro guerra alla rivoluzione bolivariana, ma il loro obiettivo primario è quello di impedire che i popoli dell’america latina, ovvero quella che essi considerano l’atrio di proprietà, si ribellino mettendo a rischio l’ordine costituito e imperiale. Il Venezuela diventa così intollerabile perché ai progressi raggiunti sul piano della distribuzione del reddito unisce anche le 25 tornate elettorali riconosciute da osservatori internazionali in 20 anni: diventa così una sintesi creativa tra vecchie strutture statali, una più equa ridistribuzione delle entrate petrolifere e una democrazia più fine, più partecipativa e meno grossolana di quanto non accada normalmente in latino america. Perciò è anche una centrale di “infezione” per il neoliberismo e per le mire nordamericane da debellare ad ogni costo. L’oscena campagna di menzogne e l’arrivo di truppe yankee in Colombia e in altri siti caraibici per accerchiare il Venezuela con il degradante consenso dell’Europa e delle sue elite in via di marcescenza, sta però avendo anche effetti indesiderati come dimostra Haiti. E questo è parecchio singolare perché fa riecheggiare molte analogie con l’inizio del XIX° secolo, quando l’oligarchia realista di Bogotà e la Santa Alleanza europea combatterono l’unità delle rivoluzioni venezuelana e haitiana: Fu il periodo in cui i giacobini neri delle Antille salvarono Simon Bolivar e anche il tempo in cui il presidente Monroe sostenne che il diritto di intervento spettava solo agli Usa. La situazione in questa cupa cattività coloniale, intrisa di sangue, è rimasta così congelata, che le vecchie speranze rinascono con i medesimi legami.

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