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mauro poggi

Andarono per isolare e tornarono isolati

di Alan McLeod

Propongo il riassunto di un articolo sul Venezuela scritto da Alan McLeod, professore alla Glasgow University, collaboratore del sito Fairness & Accuracy in Reporting e autore del libro Bad News from Venezuela: Twenty years of fake news and misreporting.

Enfasi e note fra parentesi quadre sono mie.

* * * *

Non è un segreto per nessuno che gli USA tramano un cambio di regime in Venezuela da ormai molti anni. Il Presidente Trump non nasconde la tentazione di usare l’opzione militare. Recentemente ha dichiarato che “i giorni del socialismo e del comunismo in Venezuela sono contati“, aggiungendo minacciosamente che “molto presto vedremo cosa farà la gente a Caracas“.

Il Vicepresidente Mike Pence ha definito Nicolas Maduro un “dittatore” e ripetuto che l’auto-proclamato presidente Guaidò gode “dell’incrollabile appoggio” del popolo americano [ma Bernie Sanders ha dichiarato di non riconoscerlo e sostenuto la legittimità di Maduro “che non è un dittatore“]

Le arbitrarie sanzioni americane vengono sempre più inasprite, nel tentativo di distruggere l’economia venezuelana e forzare Maduro alle dimissioni.

Le pesanti pressioni sugli altri paesi perché vi si adeguino, così da isolare il Venezuela politicamente ed economicamente, ha condotto un certo numero di nazioni europee e latino-americane a “convincersi” che la versione dei fatti propagandata dagli USA sia quella corretta.

Tuttavia, nonostante gli sforzi dei media internazionali – straordinariamente compiacenti – di descrivere il Venezuela come nazione isolata e sull’orlo del collasso, il piano USA sta malamente fallendo. La comunità internazionale ha sostanzialmente rifiutato il candidato degli americani, l’auto-proclamato presidente Juan Guaidò, con il 75% dei paesi schierati a favore di Maduro.

Nel completo silenzio degli organi d’informazione, il Consiglio ONU per i diritti umani, UNHRC, ha condannato le sanzioni, che come sempre colpiscono i più poveri e i più vulnerabili della popolazione. L’UNHCR ha esortato gli stati membri a interromperle, ed è stata persino evocata la possibilità di riparazioni che gli Stati Uniti dovrebbe pagare al Venezuela.

L’avvocato e studioso Alfred de Zayas, esperto di diritti umani ed ex funzionario ONU, ha paragonato le sanzioni ad un assedio medioevale, e accusato gli USA di crimini contro l’umanità.

L’ONU e la Croce Rossa si sono rifiutati di partecipare alla carnevalata degli “aiuti umanitari” americani, sostenendo che non soddisfacevano i minimi requisiti per essere considerati aiuti, mentre il governo Maduro cooperava felicemente con queste istituzioni per ricevere un’assistenza più genuina. [È stato calcolato che il valore degli “aiuti” americani era di circa 20 milioni di dollari, mentre l’ammontare dei capitali venezuelani congelati all’estero per effetto delle sanzioni, e quindi indisponibili per l’acquisto di farmaci e derrate alimentari, è di circa 7 miliardi].

Tutte queste notizie, nonostante abbiano avuto eco internazionale, sono state ignorate dalla stampa occidentale e in particolare da quella statunitense.

La strategia trumpiana di regime change ha dimostrato una comica incompetenza.

I continui appelli di Marco Rubio all’esercito venezuelano per la diserzione sono caduti nel vuoto, e i militari continuano a restare fedeli a Maduro.

Il tentativo degli Stati Uniti di forzare il confine con i pretesi convogli umanitari e provocare un bagno di sangue è fallito; a dare alle fiamme i convogli sono stati gli stessi pretesi militari disertori che appoggiavano Guaidò.

Nel frattempo, anche il concerto live al confine colombiano, organizzato dal celebre miliardario Richard Branson per sostenere Guaidò, si è risolto in un fiasco propagandistico. [Il bassista e cofondatore dei PinkFloyd, Roger Waters, ha pubblicato un video in cui accusa Branson di essere al servizio degli interessi degli Stati Uniti, che “vogliono fare del Venezuela il prossimo Iraq“, sostenendo che il concerto non aveva nulla a che fare con «i bisogni del popolo venezuelano, con la democrazia, con la libertà o con gli aiuti umanitari].

A differenza del più brillante gruppo dell’amministrazione Obama, quello dell’amministrazione Trump è molto più grossolano e tende più facilmente a lasciar cadere la maschera della retorica umanitaria.

La nomina di Elliot Abrams, famigerato in America Latina per il suo ruolo attivo nei tanti cambi di regime accompagnati da genocidi, è stata una mossa che ha reso del tutto inattendibile e grottesco, se ce ne fosse stato il bisogno, ogni asserito obiettivo democratico-umanitario.

Il consigliere speciale John Bolton si è lasciato sfuggire il segreto di pulcinella quando ha dichiarato che vedeva nel Venezuela “una grossa opportunità per la imprese americane“, aggiungendo che “farebbe una sostanziale differenza per gli USA se le imprese americane prendessero il controllo della produzione petrolifera di quel paese”.

Bolton ha anche rivelato che fra le opzioni esaminate vi era anche quella di spedire il Presidente Maduro a Guantanamo.

Intanto Marco Rubio scioccava il mondo intero twittando la foto di un Gheddafi massacrato accanto a quella di Maduro, tanto per non lasciare dubbi su quali erano le intenzioni.

Un altro imbarazzante incidente è accaduto poco dopo la nomina di Elliot Abrams, che nel suo palmarès può anche vantare il contrabbando di armi in Nicaragua sotto copertura di aiuti umanitari. Il McClatchy DC Bureau [agenzia specializzata in notizie politiche da Washington DC] ha rivelato che un aereo americano era stato sorpreso a contrabbandare armi e munizioni verso il Venezuela. L’aereo aveva già fatto più di 40 viaggi solo quest’anno.

Ovviamente, niente di tutto ciò depone a favore delle buone intenzioni del governo americano.

Da parte sua, Guaidò non è stato capace di dissimulare la propria sociopatica e cruenta visione politica. Questo personaggio, di cui più dell’80% dei venezuelani non aveva sentito parlare fino a gennaio di quest’anno, ha inorridito il paese dichiarando cinicamente che le vittime degli scontri “non erano un costo” ma un “investimento nel futuro“.

L’evidente tentativo di colpo di stato è la prima ragione per cui Guaidò non è riuscito a conquistare l’opinione pubblica.

Le critiche agli Stati Uniti si fanno sempre più serrate.

In una recente seduta del Consiglio di Sicurezza sul Venezuela, gli USA sono stati accusati dal Sud Africa di “calpestare la legge e i diritti costituzionali del Venezuela” e di “privare i venezuelani del diritto fondamentale all’autodeterminazione”. La Bolivia ha accusato gli Stati Uniti di calpestare il principio di non ingerenza e di violare la sovranità nazionale del Venezuela. La Russia ha descritto Guaidò come un “impostore”.

Peggio ancora, persino la compattezza del Gruppo di Lima – l’organizzazione latino-americana dei paesi governati dalle destre, allestita dall’amministrazione Trump con l’obiettivo dichiarato di isolare il Venezuela – comincia a scricchiolare.

Il Presidente fascista Bolsonaro, che in precedenza aveva dichiarato che avrebbe fatto qualunque cosa per sbarazzarsi di Maduro, ha poi preso le distanze, dichiarando che il Brasile in nessuna circostanza avrebbe preso parte ad una invasione.

Analoghe dichiarazioni sono state espresse da altri membri chiave come Colombia, Cile e Perù.

In Europa, Spagna e Germania si sono categoricamente espresse contro l’opzione militare. Ad Haiti, la decisione del governo di accettare l’obiettivo USA di cambio regime in Venezuela ha provocato vasti disordini che minacciano di farlo cadere.

L’inedito isolamento degli Stati Uniti in questa avventura non significa necessariamente la fine del loro attacco alla sovranità venezuelana: lo status di prima superpotenza consente loro di agire unilateralmente. Ma se la loro battaglia contro il Venezuela continua, quella che combattono per conquistare l’opinione pubblica è persa.

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