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Il punto sulla Brexit: chi, dove, quando e perché

di Guido Salerno Aletta

 

La strategia della premier Theresa May

Non intende rinunciare al suo schema di Accordo, e chiede di farlo votare per una terza volta mercoledì 20 marzo, nonostante sia già stato bocciato a larga maggioranza: vuole mantenere la pressione su Westminster, evitando ad ogni costo che la iniziativa politica le sfugga di mano. Se verrà finalmente approvato, la Brexit sarà differita di tre mesi, per completare l’approvazione delle normative necessarie a sostituire le fonti comunitarie. Se venisse ancora bocciato, si chiederà un lungo rinvio della Brexit per nuove trattative, dall’esito imprevedibile.

 

I conservatori

Sostengono il governo insieme ad una pattuglia di Unionisti nordirlandesi, ma sono divisi al loro interno, tra una maggioranza di Brexiter ed una minoranza di sostenitori del Remain, particolarmente forte nell’ambito del Gabinetto. Dodici parlamentari hanno votato, insieme all’opposizione, un emendamento che mercoledì ha stravolto la mozione governativa sulla Brexit, escludendo in ogni caso l’ipotesi di una Brexit senza Accordo.

 

I laburisti

Pur votando contro il testo dell’Accordo raggiunto da Theresa May, sono favorevoli alla prospettiva di rimanere nell’Unione doganale e, comunque allo svolgimento di un secondo referendum popolare.

 

La commissione europea

Ha giocato di sponda per favorire l’approvazione dell’Accordo da parte di Westminster, ma inutilmente: i tre documenti che sono stati concordati tra Theresa May ed il Presidente Jean Claude Junker, e che avrebbero dovuto rassicurare Westminster rispetto al rischio di rimanere invischiati in una trattativa senza esito sulla questione della frontiera irlandese, da cui non ci si può ritirare unilateralmente dovendo invece ricorrere ad un complicato arbitrato internazionale, sono stati giudicati insufficienti dall’Avvocato generale del Regno Unito, Geoffrey Cox, che ha reso il suo parere ufficiale a Westminster. Dover dimostrare che la Unione europea non si comporterebbe in buona nel corso delle trattative è un onere improbo.

 

I fautori del remain

Vogliono tenere comunque la Gran Bretagna legata ad una estenuante trattativa con l’Unione europea, in attesa che il vento anti-europeista si plachi. Usano strumentalmente la questione della frontiera irlandese, che rimane aperta per via del backstop. Un secondo referendum, o una nuova maggioranza, ribalterebbero il gioco a loro favore

 

Nuovo referendum

La speranza di un secondo referendum a breve è svanita. Westminster ha bocciato, con 334 voti contrari e 85 favorevoli, l’emendamento presentato da Sarah Wollaston, iscritta all’Indipenden Group di nuovissima costituzione, che chiedeva il rinvio della Brexit in attesa dello svolgimento della nuova consultazione popolare.

 

La Germania e la Francia

Berlino non si espone, nonostante il suo attivo commerciale stratosferico: lascia a Parigi il compito di pressare Londra, affinché rimanga comunque nella Unione doganale: per entrambi, l’obiettivo è di tenerla legata dal punto di vista commerciale, mentre si rafforza l’asse egemonico.

 

Il presidente americano Trump

Ha ribaltato la posizione del suo predecessore Barak Obama, che aveva minacciato la Gran Bretagna di escluderla dal TIIP, il Trattato trans Atlantico sulla protezione degli investimenti e la liberalizzazione dei commerci, che aveva messo in cantiere: l’Unione europea, secondo Trump, non solo non rispetta gli impegni della Nato in tema di partecipazione agli oneri di bilancio, ma approfitta della maggiore apertura del mercato statunitense per collezionare attivi commerciali esorbitanti.

 

Il termine per la brexit

Scade il 29 marzo. Può slittare, su richiesta della Gran Bretagna. In questo caso, occorre che il Consiglio europeo, composto dai Capi di Stato e di governo degli altri 27 Paesi membri dell’Unione, la approvi all’unanimità. Si prevede già uno slittamento tecnico, di tre mesi, nel caso che Westminster approvi l’Accordo di recesso.

Se invece l’Accordo di recesso venisse respinto, il rinvio sarebbe a lungo termine. In questo caso i cittadini inglesi manterrebbero il diritto di eleggere i propri rappresentanti nel Parlamento di Strasburgo, partecipando alla tornata già indetta per il 23-26 maggio. Questi rappresentanti decadrebbero successivamente, ma solo al momento della uscita effettiva della Gran Bretagna dall’Unione.

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