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operaicontro

A Detroit si ricomincia a ballare

di E. A.

49 mila operai della General Motors sono in sciopero da domenica 15 settembre alle ore 23.59. 31 fabbriche e 22 magazzini di distribuzione dei pezzi sono bloccate

I picchetti sono stati organizzati dappertutto e i turni esposti nelle sedi sindacali territoriali. Il contratto collettivo di gruppo scadeva a mezzanotte di domenica, le trattative non hanno condotto a nessun risultato, non è stato possibile rinnovarlo ed allora sciopero. La UAW, il sindacato che gestisce la lotta non ha avuto altra scelta che ricorrere alla mobilitazione, il suo vicepresidente ha riconosciuto di aver difeso la GM per non farla fallire “ il sindacato ha fatto importanti concessioni per tenerla a galla” ma oggi non può non schierarsi con gli operai che vogliono aumenti salariali, migliori condizioni normative e soprattutto sono insofferenti di fronte alla ventilata ed in parte già attuata chiusura di quattro stabilimenti negli USA. 200 capi sindacali avevano votato all’unanimità la decisione di colpire la GM se per la sera di domenica non si fosse trovato nessun accordo, e così è stato. L’ultimo grande sciopero, che durò solo 2 giorni si svolse nel 2017. La direzione della GM ha fatto circolare in questi giorni le sue offerte per parare il colpo, la possibilità di 5400 nuove assunzioni, 7 miliardi di investimenti, un una tantum di 8000 dollari per ciascun lavoratore ed infine la possibilità di salvare dalla chiusura due dei quattro siti, mettendo in produzione un nuovo camioncino elettrico in una fabbrica a Hamtramck, che dovrebbe chiudere l’anno prossimo, e installando una fabbrica di batterie elettriche a Lordstown in cambio di una grande fabbrica di automobili chiusa di recente.

In Italia i sindacalisti della FCA avrebbero accettato soddisfatti, avrebbero cantato vittoria, in nome della nuova occupazione ed investimenti si sarebbero messi in ginocchio ad osannare i manager della casa automobilistica. Si sono fatti chiudere interi stabilimenti con promesse fantasiose di reindustrializzazioni risolte in anni di cassa integrazione, vedi Termini Imerese. 50mila operai della GM hanno invece respinto le proposte dell’azienda e iniziato un braccio di ferro duro: la GM ha scorte di veicoli per 77 giorni, il sindacato ha un fondo per lo sciopero che supera i 750 milioni di dollari, lo stipendio di sciopero è stato aumentato da 250 a 275 dollari alla settimana. I picchetti sono compatti e ben organizzati. Lo sciopero ad oltranza è partito e non si sa quanto durerà.

Da quello che scrivono i giornali locali le principali aree di contrasto si possono così riassumere. La GM ha fatto alti profitti, nel solo 2018 circa 8 miliardi di dollari. Il sindacato vuole aumenti salariali garantiti mentre la società vuole pagare somme forfettarie annuali. Il sindacato si oppone alla chiusura delle quattro fabbriche e la società risponde di avere una capacità produttiva eccessiva. Poi vengono le richieste di GM, vuol colmare il divario fra le sue paghe e quelle delle case concorrenti stimato attorno ai 13 dollari (una riduzione da 63 a 50 dollari) , vuol ridurre i costi per l’assicurazione sanitaria. I dirigenti della UAW per ora reggono, sono prigionieri di una massa di operai che ha iniziato a fare i conti nelle tasche di manager ed azionisti ed oltretutto sono indeboliti da una inchiesta che li vede incriminati per aver usato i soldi del sindacato per le loro spese pazze. Corruzione. Non portare a termine questa lotta con risultati soddisfacenti per gli operai gli farebbe perdere l’appoggio dei propri iscritti e li esporrebbe senza coperture alla giustizia federale che usa la corruzione dei capi per attaccare il sindacato nel suo insieme. Comunque sia, a Detroit si ricomincia a ballare e proprio sulle questioni essenziali: i salari e i licenziamenti. Sia su un fronte che sull’altro, nell’FCA in Italia i sindacalisti collaborazionisti hanno fallito, quattro briciole e tanta cassa integrazione. Ma il vento dello sciopero può varcare gli oceani …

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