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Coronavirus e “guerre senza limiti”

di Federico Dezzani

La Cina è alle prese con l’emergenza Coronavirus, che ha obbligato le autorità ad adottare misure straordinarie per impedire il propagarsi dell’epidemia con epicentro a Wuhan. Benché la mortalità della malattia sia bassa, i suoi effetti collaterali sono ben più rilevanti: oltre a causare l’annullamento delle festività per il Capodanno cinese, una delle più importanti feste nazionali, il Coronavirus ha già indotto alcune delle principali aziende occidentali a bloccare le produzioni in loco e le compagnie aeree a sospendere i voli. La “quarantena” occidentale attorno alla Cina sta già assumendo connotati economici e persino politici. Inserendosi in un quadro di crescenti tensioni tra USA e Cina, il coronavirus può essere considerato un classico esempio di guerra asimmetrica o, per usare il titolo di una famosa opera cinese di strategia militare, di “guerra senza limiti”

Senza esclusione di colpi

Circa quattro anni fa pubblicavamo un bell’articolo, “Guerra senza limiti: breve compendio del conflitto non militare contro Russia e Cina”, oggi più attuale che mai. Partendo dalla traduzione in italiano dell’opera di Qiao Liang e Wang Xiangsui, due alti ufficiali politici delle forze armate cinesi, ci eravamo cimentati nell’impresa di tradurre nella realtà il libro, studiando come si svolgesse effettivamente “l’arte della guerra asimmetrica tra terrorismo e globalizzazione”. 

E così avevamo elencato tutti i vari attacchi non convenzionali sferrati dagli angloamericani contro Russa e Cina, dalla speculazione finanziaria alle rivoluzioni colorate, dalle sanzioni alle campagna mediatiche diffamatorie, dal terrorismo tradizionale a quello ecologico. Ci sia concesso di dire che il libro di Qiao Liang e Wang Xiangsui non è particolarmente originale (almeno per chi, come noi, si interessa da tempo dell’argomento), ma ha sicuramente il merito di esporre in maniera sintetica e organica le modalità della guerra asimmetrica, ossia quella combattuta dalle potenze marittime contro gli avversari giorno per giorno, quando cioè non scelgono la più costosa via del conflitto convenzionale. In fondo tutte le grandi opere sono tali non tanto per l’originalità, quanto per la loro capacità di esporre linearmente ciò che normalmente si avverte ma non si è ancora concettualizzato: “Guerra senza limiti” è quindi un libro che certamente ha fatto scuola.

Secondo i due autori la guerra ha assunto (ma, in realtà, non ha sempre avuto?) un carattere multiforme: alla guerra militare (convenzionale, atomica, biochimica, ecologica, spaziale, elettronica, di guerriglia, terroristica) si è affiancata una guerra trans-militare (diplomatica, di network, di intelligence, psicologica, tattica, di contrabbando, di droga, virtuale) ed una non-militare (finanziaria, commerciale, di risorse, di aiuto economico, normativa, di sanzioni, ideologica). La suprema arte della guerra consisterebbe nel sapere scegliere la giusta combinazione per raggiungere il consueto obiettivo che si pone ogni stratega: piegare, cioè, l’avversario alla propria volontà. La guerra dell’Iraq del 1991 (il libro è dato alle stampe nel 1999, presso la casa editrice dell’Esercito Popolare di Liberazione) è stata, ad esempio, un mix di guerra convenzionale + guerra diplomatica + guerra di sanzioni + guerra dei media + guerra psicologica + guerra di intelligence. Sono considerazioni, come si diceva, certamente non del tutto originali, ma che trovano però nel libro una sistematicità ed una chiara esposizione.

Al suddetto libro e all’articolo di quattro anni fa è andato subito il nostro pensiero quando, in queste settimane, è esplosa l’emergenza legata al Coronavirus: i sospetti che si trattasse di un ennesimo episodio di guerra ibrida sono aumentati in questi ultimi giorni, alla luce delle pesanti ricadute economiche e persino politiche prodotte dall’epidemia e, in particolare, del “cordone sanitario” che si sta costruendo attorno alla Cina. Non solo, infatti, il virus ha obbligato le autorità cinese a isolare la città di Wuhan, epicentro dell’epidemia, e a sospendere i festeggiamenti per il popolarissimo Capodanno cinese, ma ha anche già prodotto pesanti ripercussioni sulle relazioni commerciali di Pechino col mondo esterno: grandi aziende americane hanno fermato gli stabilimenti, i residenti occidentali sono stati invitati a lasciare il Paese, le compagnie aeree hanno sospeso i voli da e per la Cina. In queste ultimissime ore, infine, la vicenda sta assumendo connotati squisitamente politici/ideologici, come testimonia ad esempio l’intervista al quotidiano torinese La Stampa di Antonio Tajani, intervista in cui il presidente della Commissione Affari Costituzionali del Parlamento Europeo imputa al “regime cinese” nientemeno che “il diffondersi della malattia nel mondo”. I primi a sospettare che dietro il Coronavirus si nascondesse un attacco americano non convenzionale sono stati peraltro gli stessi cinesi, come testimoniano i tweet del direttore del Global Times, una testata molto vicina ai vertici politico-militari della Repubblica Popolare Cinese.

Hu

Se gli effetti politico-economici che sta avendo il Coronavirus sarebbero di per sé sufficienti a supporre una guerra ibrida, numerosi altri elementi corroborano la tesi, lasciando infine pochi dubbi sulla vera natura dell’epidemia. Cominciamo col virus: una malattia respiratoria piuttosto comune, già nota agli scienziati in altre varianti e già studiata in laboratorio. La sua mortalità è relativamente bassa, perché un virus letale sarebbe stato considerato da Pechino come un vero e proprio atto di guerra ed avrebbe causato ritorsioni politico-militari ben maggiori di quelle auspicate da Washington e Londra. C’è poi il precedente della SARS che colpì la Cina tra la fine del 2002 e l’inizio del 2003: secondo alcuni esperti si trattava già allora di un’arma biologica deliberatamente diffusa tra la popolazione, sospetto accresciuto dalla natura “artificiale” del virus1. Era il periodo in cui George W. Bush aveva numerosi dossier aperti con la Cina: l’aereo spia EP-3 catturato dai cinesi, i dazi sull’acciaio, l’imminente guerra in Iraq avversata da Pechino, etc. C’è, infine, un contesto politico di crescente tensione tra USA e Cina, contesto in cui si inserisce alla perfezione un attacco non convenzionale come l’epidemia del Coronavirus. La “misteriosa malattia” si manifesta infatti al culmine di una biennale guerra commerciale sino-americana, tutt’altro che conclusa; si manifesta sull’onda delle proteste di Hong Kong fomentata e manovrate delle ambasciate inglese ed americana; si manifesta in un quadro di crescente tensioni tra i liberali-secessionisti di Taiwan, spalleggiati dagli USA, ed il governo cinese continentale. Per usare la formula di di Qiao Liang e Wang Xiangsui, gli angloamericani sono dunque impegnati in una “guerra senza limiti” contro la Cina che può assumere la seguente formula: guerra commerciale + guerra diplomatica + guerra terroristica + guerra ideologica + guerra mediatica + guerra biologica.

Come ogni atto di guerra, anche l’attacco atlantico sarà seguito da un inevitabile contrattacco cinese. Ma sarà un contrattacco forte della millenaria astuzia e raffinatezza cinese. Il libro di Qiao Liang e Wang Xiangsui contiene anche diverse massime dei grandi strateghi cinesi del passato, tra cui questa del grande imperatore Tai Zong:

“Di solito effettuo mosse a sorpresa: il nemico se le aspetta.
Ma questa volta per attaccarlo mi muovo in maniera prevedibile.
Di solito effettuo mosse prevedibili: il nemico se le aspetta.
Ma allora questa volta per attaccarlo effettuo mosse a sorpresa”.


Note
1 https://www.abc.net.au/news/2003-04-11/sars-could-be-biological-weapon-experts/1835010

Comments

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Eros Barone
Tuesday, 04 February 2020 01:02
Federico Dezzani riassume con chiarezza il carattere "asimmetrico" della guerra contemporanea, notando che "gli angloamericani sono impegnati in una 'guerra senza limiti' contro la Cina che può assumere la seguente formula: guerra commerciale + guerra diplomatica + guerra terroristica + guerra ideologica + guerra mediatica + guerra biologica". In effetti, il paradigma contemporaneo assunto dalla 'forma-guerra' è, come hanno dimostrato Qiao Liang e Wang Xiangsui, quello della guerra nelle città o della guerra alla popolazione: un modello che sembra non avere alcun rapporto con il paradigma bellico-industriale novecentesco. Sennonché questo che cosa significa? Quale tipo di guerra si sta oggi combattendo? L’unico modello che si avvicina agli eventi bellici in corso sembra imparentato con il paradigma ottocentesco delle guerre coloniali. Ciò che le potenze imperialiste stanno attuando in gran parte del mondo, dall’Iraq all’Africa, dal Vicino Oriente all’Afghanistan, risulta infatti assai simile alla politica della “porta aperta” con la quale gli imperialismi cercarono di spartirsi la Cina a partire dalle Guerre dell'Oppio (1839–1842; 1856–1860).
In questo genere di guerre non si combatte contro un esercito, ma contro la popolazione, e il campo di battaglia è rappresentato dalla città o da alcune zone di essa. Inoltre, chi combatte per l’imperialismo sono o truppe di volontari o mercenari veri e propri. Ma a che cosa mira l’imperialismo, attuando questo tipo di guerra? Si può rispondere evocando il peculiare intreccio fra estrazione di plusvalore relativo e di plusvalore assoluto, che caratterizza l'attuale sviluppo dell'imperialismo (semplificando, tra classe operaia dei 'centri' metropolitani imperialisti e classe operaia e popoli oppressi delle 'periferie' assoggettate dagli imperialismi). Grazie a tale intreccio l'asimmetria viene giocata, non solo dal punto di vista militare ma anche dal punto di vista economico, esercitando uno sfruttamento delle masse in condizioni non distanti dal lavoro servile e coatto, ponendole, cioè, alle dirette dipendenze delle imprese multinazionali e degli Stati che queste controllano. Il "doppio mulinello" tra plusvalore relativo e plusvalore assoluto si inscrive perciò in un modello che prima viene sperimentato fuori dai confini metropolitani e poi viene reimportato e imposto in determinati comparti produttivi dei "centri" imperialisti (logistica, 'gig economy', edilizia, ortofrutta ecc.). Se, come afferma Marx, “l'anatomia dell'uomo è una chiave per l'anatomia della scimmia", è allora seguendo le tracce della estrazione delle differenti forme di plusvalore e della sua ripartizione a partire dalle metropoli per arrivare alle periferie e da qui tornare alle metropoli, che diviene possibile comprendere in che tipo di modello politico e sociale siamo precipitati.
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