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Cattivissimi pensieri

di Sebastiano Isaia

Sono intorno a noi, in mezzo a noi, in molti casi siamo noi (Frankie HI-NRG MC).

Oggi è difficile concepire una forma di bestialità o di follia, di oppressione o di improvvisa devastazione che non possa essere credibile, che non possa rapidamente trovar posto nella realtà dei fatti. Moralmente e psicologicamente è terribile essere così poco inclini allo stupore. Inevitabilmente il nuovo realismo cospira con tutto ciò che è o dovrebbe essere meno accettabile nella realtà. Eppure, al tempo stesso, il nostro progresso materiale è immenso, evidentissimo. I miracoli della tecnica, della medicina e della ricerca scientifica sono appunto tali. Ma la realtà si ritorce contro di noi, si fa gioco di noi. Le conquiste della tecnica, grandiose in sé, si realizzano dialetticamente e parallelamente come male, come rottura degli equilibri non ricostituibili tra società e natura, come distruzione dei sistemi viventi primari e degli ecosistemi. Oggi possiamo concepire un’utopia tecnocratica e igienica operante in un vuoto di possibilità umane (G. Steiner, Nel castello di Barbablù, 1971).

Un infettivologo consulente del Governo: «Il virus lo veicoliamo noi, le misure di distanziamento sociale nei prossimi mesi saranno di aiuto per la salute di tutti noi e per gli anziani e fragili. Purtroppo ancora niente baci e abbracci, manifestazioni di affetto in famiglia. La curva epidemica dipende da noi».

Un sindaco: «Adesso però tutto dipende da noi e dai nostri comportamenti ed occorre quindi tenere alta la tensione e l’attenzione».

Questo maledetto e odioso mantra del “Tutto dipende da noi” ci perseguita ormai da due mesi. Personalmente non ne posso più! Quando un funzionario al servizio di questa escrementizia società, di questa società che ci sta esponendo tutti i giorni al rischio della malattia e della morte, di questa società che sta rendendo ancora più difficile e precaria la nostra condizione sociale/esistenziale; ebbene quando un simile odioso personaggio ci dice che «tutto dipende da noi», dai nostri comportamenti, mi viene l’irrefrenabile voglia di bastonarlo a sangue. E forse tutto sommato questo scatto d’ira non è poi un cattivo segnale, almeno per me. Forse uscirò persino migliorato da questa crisi. Una volta tanto voglio essere ottimista!

Non solo questa società ci rende difficile la vita anche nelle attività più elementari, ma i suoi funzionari (politici, esperti, intellettuali, artisti, ecc.) ci vogliono inoculare il virus del senso di colpa: «Stai a casa, non mettere a rischio la vita dei bambini e degli anziani. Segui comportamenti responsabili, perché la curva epidemica dipende da te». Dipende da me? Ma io afferro un bastone! Metaforico, signori tutori dell’ordine, metaforico.

Un deputato del PD ha detto l’altro ieri alla Camera che la famiglia italiana è stata eroica, perché ha dimostrato una responsabilità, una pazienza e una resilienza [sic!] che nessuno prima della crisi sanitaria immaginava possibile. Naturalmente per il deputato piddino eroi sono stati e sono soprattutto i medici e gli infermieri che hanno rischiato e che continuano a rischiare la vita tutti i giorni pur di salvare i cittadini contagiati. «Dobbiamo andar fieri di questo Paese!». Di merda! Mi è scappato e mi scuso! Ma dopo 153 medici morti, 34 infermieri, 18 operatori sociosanitari e 13 farmacisti morti…. E gli oltre 27mila morti per Coronavirus vanno messi tutti sulla “coscienza” di questa società, uno dopo l’altro. Ho detto società, non sul conto di questo o quel governo, di questa o quella regione, di questo o quel Paese (la Cina, ad esempio), ma della società capitalistica complessivamente e globalmente considerata.

Questa pandemia è stata ampiamente prevista e annunciata, ma prevenirla avrebbe avuto costi incompatibili con la società che fa del calcolo economico la sua ossessione. Nella società capitalistica deve necessariamente dominare il calcolo economico, al quale è tutto subordinato, a iniziare dall’uomo. Oggi in tutto il mondo deve dominare la “sacra legge del profitto”, non la legge dell’uomo: qualcuno lo faccia sapere anche a Sua Santità (e agli altri progressisti laici che lo venerano), le cui prediche “antiliberiste” diventano di giorno in giorno sempre più stucchevoli e infantili.

Massimo Cacciari: «Non c’è dubbio che la crisi del Coronavirus abbia portato alle estreme conseguenze tendenze già in atto da tempo. Si è rivelata come un formidabile acceleratore della trasformazione del lavoro e della sostituzione delle attività umane più “meccaniche” con la tecnologia. È come nella Grande Crisi del 1929, solo che stavolta stiamo assistendo a un cambiamento profondo dei rapporti di forza all’interno del capitalismo e tra Capitale e Lavoro. Ci sono settori distrutti e altri, come il sistema dei Big Data e l’e-commerce, che stanno realizzando guadagni strepitosi. Il gioco prevede vincitori e vinti» (La Stampa). Di certo da questa ennesima rivoluzione capitalistica il «Lavoro» (salariato, cioè sfruttato) uscirà con le ossa ancora più rotte. «Stiamo assistendo in corpore vivi a un esperimento di scomposizione totale dell’organizzazione del lavoro», continua il noto filosofo prestato alla politica – o viceversa. Soluzioni? «La politica deve mettersi gli stivaloni magici del gatto e dobbiamo tutti sperare che si metta a correre davvero. Perché, se non ce la fa, sarebbe l’infarto delle democrazie liberali e già si vedono i modelli che riscuotono più consenso: la Cina e la Russia sono davanti a noi. La sfanghiamo se tutti i leader europei diventano consapevoli del rischio». Contrapporre al modello autoritario-totalitario russo-cinese il modello democratico-liberale europeo: una prospettiva davvero affascinante e piena di promesse per l’umanità. Si scherza per non brandire il metaforico bastone. Quando le classi subalterne metteranno «gli stivaloni magici (leggi: rivoluzionari) del gatto»? Lo scopriremo solo vivendo? Mah! Anche perché nei tempi lunghi…

Mancano i più elementari presidi igienico-sanitari (personalmente solo da pochi giorni sono riuscito a trovare in farmacia due mascherine, che ho acquistato al modico prezzo di 8 euro!), e ci dicono che «tutto dipende da noi»! Negli anni hanno ridotto la spesa sanitaria, e ci vengono a dire che «tutto dipende da noi»! Ci sequestrano in casa perché non sanno che fare («State a casa e lavatevi spesso le mani»: e fin qui ci arrivavo pure io!), e ci dicono che «tutto dipende da noi!» Hanno trasformato ospedali e case di riposo in incubatori del Coronavirus, e ci dicono che «tutto dipende da noi»! Questa Società-Mondo ha distrutto gli ecosistemi scatenando contro gli animali e contro gli umani una vera e propria guerra batteriologica, e ci dicono che «tutto dipende da noi»! Ma i servitori di questo regime a chi vogliono prendere in giro? Come diceva il Sommo Artista, ogni limite ha una pazienza…

E qui arriviamo al vero punto dolente – e tragico – della questione. Il problema, almeno per come la vedo io, non è che i funzionari al servizio del Moloch provino, più o meno “oggettivamente”, a prenderci in giro con repellenti discorsi demagogici, ma che noi, noi come insieme di individui maltrattati dal “sistema” (capitalistico), ci lasciamo prendere in giro, siamo incapaci di opporre al discorso del Dominio una efficace e produttiva (cioè feconda di un nuovo mondo, di nuove e più umane possibilità) resistenza. Quel discorso penetra nelle nostre coscienze come una lama d’acciaio nel burro. Per quanto tempo ancora?

Ferruccio De Bortoli: «Al governo rimprovero la mancanza di chiarezza e l’eccessiva enfasi sulla responsabilità dei cittadini italiani, che in questi mesi sono stati bravissimi. Dobbiamo trattarli come persone adulte, non come adolescenti». Siamo stati «bravissimi»: ecco, appunto! Per quanto tempo ancora? Tutte le decisioni che riguardano fin nei minimi dettagli la nostra vita, sono prese da altri ed esse passano completamente sopra la nostra testa e alle nostre spalle. Abbiamo solo il “potere” della pazienza, della “responsabilità” e della “resilienza”, ossia dell’obbedienza. Ci trattano non «come persone adulte» ma «come adolescenti», ed è esattamente questo che siamo dal punto di vista sociale. Anche quando nell’ultimo post ho parlato di “gregge”, non si è trattato di un giudizio di valore astrattamente etico inteso a offendere la massa degli individui atomizzati, ma piuttosto di una critica politica a un dato di fatto, a un oggettivo comportamento sociale visto da una prospettiva che non lascia agli uomini la sola falsa alternativa tra il meno peggio e il peggio. È su questo terreno che si radica l’etica della responsabilità come la concepisco io: socialmente responsabile è accettare il rischio della rivoluzione anticapitalistica per farla finita con una società che ci espone a ogni pericolo e che fa degli individui e della natura risorse economicamente “sensibili”.

«Ho voluto rappresentare un uomo in ginocchiato perché credo che, mai come ora, ci sentiamo impotenti di fronte a quello che sta accadendo», confessa a Repubblica l’artista Sergio Furnari, autore di «una statua genuflessa nel cuore di Times Square con le mani rivolte al cielo, diventata il simbolo della lotta alla pandemia». Ma non sarebbe ora di alzarsi e di camminare, come Lazzaro, verso una nuova vita?

Enzo Soresi, chirurgo specializzato in oncologia polmonare e autore del bestseller Il cervello anarchico (Utet, 2005): «Se l’isolamento durasse troppo a lungo pagheremmo danni neurobiologici importanti per la mancanza di relazioni, per l’impossibilità di abbracciarci, di toccarci, di scambiare informazioni: noi viviamo di emozioni, sostenute da una serie di algoritmi nel cervello, che vanno rispettati e, se le perdiamo, siamo penalizzati a livello biologico». E questo potevo dirlo perfino io, che di «algoritmi nel cervello» ne conto davvero poco. «Nell’uomo c’è una capacità di adattamento affascinante, come racconta Sacks in Un antropologo su Marte, a proposito di quel cieco che, dopo che la moglie gli ha fatto fare tanti interventi per riacquistare la vista, alla fine diventa un disadattato…» (Il Giornale). E se fosse proprio questa poco affascinante capacità di adattamento a fregarci? Vallo a sapere! In ogni caso la metafora proposta dal dottor Soresi ben si presta a evocare la tragedia dei nostri tempi, ossia la cecità che colpisce gli uomini proprio nel momento in cui essi sono – “oggettivamente” – a un passo dalla liberazione. «Le situazioni di dolore del corpo sono spesso legate a conflitti emotivi non liberati. Le sofferenze possono aumentare in un momento come quello che stiamo vivendo ed è per questo che dobbiamo fare attività fisica, per liberarci». Va bene, per adesso accontentiamoci di questa liberazione, bisogna essere realisti – diciamo così.

Ultimo pensiero cattivissimo. Dice il poeta: Scintilla, scintilla delle mie brame, dai fuoco a tutto il reame! Anche perché così uccidiamo una volta per sempre il maledetto Virus: altro che la calura estiva!

Comments

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Enrico Calandrelli
Tuesday, 05 May 2020 16:43
Mi scusi, il suo articolo è preceduto da quello di Leopoldo Salmaso "Sei miti su Covid-19". Dia un'occhiata ai numeri che riporta Salmaso per quanto riguarda le vittime tra gli operatori sanitari e li confronti con i suoi. Non so chi di voi due ha ragione ma converrà con me che francamente è imbarazzante leggere cifre tanto distanti le une dalle altre. Ma come si fa? Naturalmente faro' notare la cosa anche a Salmaso. Nel caso , sarebbe gradito un chiarimento, anche se dubito che arriverà......
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