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Il super-Stato europeo si adegua alla sfida della guerra commerciale

di Giacomo Marchetti

Nel linguaggio legislativo di Bruxelles si chiama “meccanismo per scoraggiare e contrastare le azioni coercitive dei paesi terzi”, e potrebbe essere uno degli strumenti più incisivi della UE per intervenire nella guerra commerciale.

Come si può leggere nella descrizione che ne viene fatta ufficialmente, tale iniziativa “mira a creare un meccanismo per consentire alla UE di contrastare pratiche di paesi terzi ad esercitare pressioni sulla UE o sugli Stati membri affinché adottino o ritirino determinate misure politiche”.

L’obiettivo” continua la sintesi ufficiale “è scoraggiare o neutralizzare tali azioni coercitive, in linea con il diritto internazionale”.

Nel nuovo arsenale della UE le misure economiche adottabili vanno dalle misure commerciali alla restrizione per gli investimenti, nonché alle sanzioni sulla violazione dei diritti rispetto alla proprietà intellettuale.

È quello che nell’attuale linguaggio politico anglo-sassone viene definito game changer, cioè un fattore che cambia le sorti della partita che si sta giocando.

Un martello commerciale che mancava della cassetta degli attrezzi dell’Unione, che – se venisse licenziato in Commissione questo giovedì – avrà la sua fase finale di approvazione successiva nella negoziazione con il Parlamento ed il Consiglio: una procedura formale che non potrà apportare alcuna modifica sostanziale, vista la convergenza pregressa.

Tale strumento nasce su una proposta caldamente sostenuta anche da Dombrovskis, nell’autunno dell’anno scorso, che voleva una Europa più “assertiva” con i partner commerciali. Il vice-presidente esecutivo della Commisione Europea così si esprimeva allora: “l’Europa deve diventare più assertiva”, facendo eco al messaggio che Hogan – il suo predecessore irlandese dimessosi per ragioni legate alla violazione di restrizione per il Covid-19 in patria – aveva dato agli eurodeputati durante la sua audizione dell’anno prima.

Già nella Lettera di Intenti relativa allo Stato dell’Unione, del 16 settembre, la Von der Leyen aveva annunciato la proposta di tale strumento legislativo, ed appena un mese dopo la Commissione pubblicava la road map dei lavori per l’anno successivo.

Commissione, Consiglio e Parlamento convergevano con una dichiarazione comune e pubblicavano un testo il febbraio di quest’anno sul Giornale Ufficiale.

Da allora il processo di consultazioni, con eventuali critiche ed osservazioni, ed ora è in dirittura d’arrivo.

Vengono in mente subito come destinatari di questi possibili provvedimenti (indirizzabili a persone fisiche o giuridiche) sia Russia, che la Cina, la Turchia ma anche gli stessi Stati Uniti, che anche con l’amministrazione Biden – in continuità con quella Trump – si stanno dimostrando feroci competitor dell’Unione.

Si pensi ai dazi statunitensi su acciaio ed alluminio europei, tariffe adottate dagli USA in chiave protezionistica con la motivazione che i metalli prodotti in Europa “ponevano una minaccia alla sicurezza nazionale” americana, come riporta l’articolo d’apertura di “Politico” questo martedì.

E proprio la versione europea di “Politico” aveva reso pubblica in parte la copia confidenziale della bozza finale del dispositivo che verrà adottato questo giovedì dopo l’iter di un anno, riprendendo poi con tono piuttosto preoccupato l’argomento nell’articolo di punta di questo martedì, e citando le sanzioni sui metalli di parte statunitense e l’irritante politica nord-americana di sganciamento unilaterale rispetto all’accordo sul nucleare iraniano che – aggiungiamo noi – non ha fatto progressi con la nuova amministrazione nord-americana

Allo stesso tempo” – riporta la rivista nel sovra-citato articolo, dal significativo titolo L’UE flette i muscoli geopolitici con una nuova arma commerciale – “alcuni funzionari europei hanno argomentato che è parte della funzione dello strumento di anti-coercizione dovrebbe essere dare uno stop agli USA nel dettare la politica estera della UE“.

Un ulteriore segno della lungimiranza delle oligarchie europee nel comprendere quale sia la posta in gioco.

Una misura per così dire complementare a quelle che saranno in via d’approvazione il marzo prossimo sullo strumento di difesa europeo – 5 mila uomini con compiti di combattimento che potrebbero iniziare ad addestrarsi congiuntamente nel 2023 – e il recente pacchetto di investimento Global Gateway della UE, di cui metà probabilmente è indirizzata all’Africa in funzione apertamente anti-cinese.

Bernd Lange, euro-parlamentare di lungo corso della SPD tedesca, a capo della Commissione sul Commercio del Parlamento Europeo (INTA) dal 2014 che svolge insieme ad altri incarichi, guiderà la posizione della Camera per l’adozione di questo strumento da lui da tempo caldeggiato.

Uno strumento che, se approvato, darà piena autonomia decisionale alla UE, rafforzerà il processo di “esecutivizzazione” al suo interno, e farà agire come e vero e proprio ministro degli esteri del super-Stato in fieri il dipartimento del commercio della UE – The Commission’s Directorate General for Trade – che assumerà un maggiore ruolo politico.

Darà direttamente alla Commissione UE il potere di adottare sanzioni economiche a paesi terzi, aggirando il meccanismo finora vigente, che prevede l’unanimità dei suoi membri.

Certamente è previsto un iter di consultazioni preventive tra “esperti designati da ogni Stato membro in accordo con i principi stabiliti da l’Interinstitutional Agreement on Better Law-Making del 13 aprile 2016”, ma sarà la Commissione che di fatto detterà legge, e potranno essere tolte solo da un voto negativo della maggioranza dei 27 Paesi Membri negli ambiti decisionali UE.

In sintesi è la Commissione che decide previa consultazione, ma senza una opposizione sufficiente – che implicherebbe una vera e propria spaccatura politica tra gli Stati Membri, non il semplice disaccordo di alcuni di essi – tali provvedimenti rimarranno intatti.

Come riporta “Politico” nell’articolo del 6 dicembre, in cui pubblicava gli ampli stralci della bozza ottenuta da “Playbook”: “Se la proposta passa il processo legislativo – e l’ipotesi con è peregrina dato il forte sostegno, incluso quello di Francia e Germania che hanno sfornato l’idea – sarà il maggior guadagno della UE nei termini dei suoi poteri in politica estera

Un salto di qualità non di poco conto che, insieme agli strumenti di cui sta accelerando l’adozione, le permetteranno di affacciarsi alla competizione globale con un profilo più “adeguato”.

Ne abbiamo parlato, in maniera piuttosto esaustiva, nel forum del 20-21 novembre a Bologna: “Unione Europea da polo a superstato imperialista?”, di cui saranno presto disponibili gli interventi nel numero cartaceo della rivista.

Anche alla luce di questi nuovi strumenti in via d’approvazione, è chiaro che le oligarchie continentali nate dalle frazioni delle borghesie nazionali più forti, e per questo anche “lungimiranti”, ormai da un trentennio hanno una proiezione globale che ha fatto tesoro della strategia di “divide ed impera” adottata di propri competitor e stanno ponendovi rimedio.

Un meccanismo che, così come sembra proteggere i singoli Stati, ne ingabbia le decisioni in fatto di relazioni economiche internazionali, agisce un ulteriore “cessioni di sovranità” nei confronti di un livello decisionale non elettivo – la Commissione – e consolida la gerarchia degli Stati della UE al suo interno.

Questo è il terreno su cui si gioca la partita, ostinarsi a non comprenderlo è un miope arcaismo.

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