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ilsimplicissimus

L’Italia di Caporetto

di Anna Pulizzi

Torna l’Italia di Cadorna. O forse non se n’è mai andata, a giudicare dall’atteggiamento delle sue classi dirigenti di fronte a quella che ci si arrabatta ogni giorno per far passare come un’emergenza epocale. Piace molto all’attuale narrazione tratteggiare l’odissea covid con i caratteri di una guerra, il cui fronte non è riproducibile su una carta geografica e le cui trincee sono ovunque, cosa che chiama i governi a scelte strategiche riguardanti in questo caso la profilassi. Abbiamo notato come da due anni a questa parte il governo reciti un duplice copione in cui mentre interpreta la parte dello scalmanato pusher di sieri soprannominati vaccini, induce la popolazione ad auto-colpevolizzarsi in maniera illogica e immotivata. Anche la finalità è doppia, perché da un lato l’esecutivo vuole mostrarsi ligio alle aspettative di profitto del gran mondo finanziario che ha trovato una nuova gallina dalle uova d’oro nell’industria farmaceutica, mentre dall’altro intende assicurarsi che l’inefficacia delle misure adottate sia imputabile solo al popolo, così come gli inutili e sanguinosi assalti in stile Cadorna servivano per coprire l’incompetenza dei comandi accusando la truppa di codardia di fronte al nemico.

Poco è cambiato, bisogna dire. Se qualcosa non va è perché la gente non è abbastanza aderente agli ordini ricevuti e non si puntura mai abbastanza, mentre possiamo star sicuri che se apparirà una quarta dose essa sarà spacciata per necessità assoluta prima che tutti abbiano fatto la terza, poiché se nonostante l’obbedienza le cose non funzionano allora diviene pericolosamente evidente che lassù siedono, nella migliore delle ipotesi, dei cretini. Ma la migliore delle ipotesi è insufficiente a spiegare tutte le nefandezze del comando supremo anti-virus e si farebbe torto alla sua perversa intelligenza giustificandola con le sole tinte dell’ottusità. Intanto l’intero Parlamento s’è arruolato sua sponte e marcia unito nella scia del Capo, che è tale proprio perché nessuno l’ha eletto, esattamente come i titolari di tutti i governi nell’ultimo decennio. Le differenze programmatiche tra le antiche fazioni si sono sciolte come neve al sole dei doveri della Patria in pericolo, laddove il pericolo non è l’epidemia ma la disobbedienza. E infatti l’informazione, già così indegna di tal nome da divenire all’istante e senza traumi un distributore automatico di cifre attendibili quanto lo è un bollettino di guerra, è investita anche del compito di incriminare ogni voce scettica o contraria.

Siamo carne da siringa perché obbligati e perché la resistenza civile, benché diffusa, è priva di un soggetto politico o sociale che le fornisca una bandiera e un’anima. I grandi sindacati hanno aggiunto una nuova pagina nel loro ricco album collaborazionista, mentre i partiti sono grani indistinguibili di una zuppa monocroma e insapore. Non va meglio fuori dal parlamento. A destra per un po’ si cavalca maldestramente la protesta, finché l’istinto non la conduce all’intrallazzo con gli sbirri e alle bravate utilissime al sistema. A sinistra invece si sogna di regalare i sieri all’Africa, non importa se utili o dannosi, per l’innato bisogno di sfoggiare bontà ed esportarla, così come ai tempi del re sciaboletta si pretendeva di esportare laggiù la civiltà, visto che si desidera sempre esportare ciò che non si ha. Infine è venuto giù dal piedistallo anche quell’emblema di integrità morale che era il Medico, almeno in tempi più lieti, prima dell’era dei guadagni extra e delle crociere offerti dalle case farmaceutiche e prima che nascesse la specializzazione in virologia televisiva. Di sicuro prima che la categoria si facesse reclutare in massa nei tribunali di guerra per negare pervicacemente imbarazzanti relazioni tra il siero e complicazioni cardiache, eventi trombotici, caduti sul campo della disciplina.

Dal fronte intanto poche le notizie buone, ma è perché non sono ancora stati sacrificati abbastanza bambini e perché fuori dagli alti comandi c’è chi crede che le loro vite valgano più di una fiala da venti dollari, che è la medaglia al valore di tempi infami. Tranquilli, perché la sconfitta non è contemplata mentre la vittoria è rimandata solo quanto serve alle tasche di chi ha costruito il nemico e ce lo ha fatto temere. Non c’è dubbio che sarà per esclusivo merito dei condottieri se ne usciremo con le fanfare, un po’ più poveri perché privi di un servizio sanitario e privati d’ogni servizio pubblico, con un apparato produttivo nel frattempo esportato o svenduto, contratti di lavoro in stile Belle Époque e l’idea introiettata che uscire di casa non è un diritto ma una benevola concessione dell’autorità. Ogni generazione ha la sua guerra e la nostra ha preferito perderla anziché combatterla.

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